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Quando la TV non funziona

Il nostro signore e padrone

Lamento composto sull'immortale motivo di Quando finisce un amore di Riccardo Cocciante (1975) in occasione del mancato funzionamento del mio apparecchio televisivo:


Quando la TV non parte così come non parte la mia
senza una ragione nè un motivo,
non prende

e fai un nodo al cavo dell'antenna
e lo fai pure a quello della corrente
muovi l'antenna sul terrazzo
e non capisci niente
e non ti basta più il telecomando e nemmeno i comandi manuali

e non ti basta accendere dopo dieci minuti
e non ti basta ormai più niente
e in fondo pensi, " Ci sarà un circuito"
e cerchi a tutti i costi una scheda
eppure
non la trovi mai quella scheda
per cui la tele continua a non partire

e vorresti cambiarle posto, e vorresti cambiarle il cavo
e vorresti cambiarle scheda, e vorresti ridarla indietro
e vorresti la garanzia

ma sai perfettamente
che non ti servirebbe a niente
perchè c'è lei
perchè c'è lei
perchè c'è lei
perchè c'è lei

perchè c'è lei in camera da pranzo
perchè c'è lei sul mobile a rotelle
perchè c'è lei con il centrino sopra
e non potrai più riciclarla via

Nemmeno se cambiassi schede
e neanche il telecomando
nemmeno a spostare i canali
per poi fissarne la memoria
e continuare a non vedere niente

Però, se potessi ragionarci sopra
telefonerei all'uomo delle riparazioni
e si riaccenderebbe

E potrei vedere Bruno Vespa
e magari Santoro litigare
magari
se potessi ragionarci sopra
e se potessi ragionarci sopra
ma mi direbbe
che...

Non vale la pena ripararla...
E' meglio che se ne compri un'altra...
Le fanno al plasma piatte come modelle
anoressiche

E continui a spostare i cavi
e continui a spostare l'antenna
quella cinese da 9 euro e ottanta
e non succede niente

E non ti basta accendere dopo dieci minuti
e non ti basta ormai più niente

perchè la scheda si è tutta bruciata
e non risponde più a niente

E in fondo pensi di tirarla fuori
e a tutti i costi tu vuoi ripararla
eppure
non lo trovi un cacciavite
per cui la tele continua a non partire...



Per chi volesse cantarla, ecco la versione originale (i cacciaviti non sono inclusi)

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Lezioni d'inglese

Lesson One...


Mia nonna soleva dire di un uomo alto e distinto: sembra un inglese.
Volevo tanto sapere cosa dicessero i cantanti quando cantavano in inglese.
A volte però i cantanti inglesi o americani cantavano in italiano.
Da piccola andava di moda tradurre e far incidere versioni in italiano dei più famosi successi internazionali, specie quelli anglo-americani, con qualche punta francese. Gli stessi interpreti stranieri si prestavano a cantare in italiano, e l'idioma che usciva dalle loro bocche era qualcosa fra il buffo e il misterioso, un po' come le mille voci esotiche che si sentono nelle scene corali della Dolce Vita di Federico Fellini.
L'imprinting mi fu dato da un disco di Petula Clark del 1965, Ciao Ciao :


Il testo italiano di Pallavicini non aveva niente a che fare con quello originale: qui Petula cantava di un amore conosciuto al mare, poi sospirato nelle brume dell'inverno - il solito bagnino romagnolo? - poi incontrato di nuovo alla stazione, grande riunione, abbracci e lacrime.
Ciao Ciao era in realtà Downtown,


un vero e proprio inno alle gioie della modernità e della vivacità della vita cittadina, come se ne potevano scrivere solo agli inizi degli anni '60 (Nino Ferrer dieci anni dopo avrebbe cantato La civiltà è bella ma / Viva la campagna). In Italia il downtown potrebbe essere il centro storico, e qui già una traduzione letterale sarebbe andata a farsi friggere. Ve l'immaginate in Italia un inno a gola spiegata sulle belle cose che puoi trovare in città? Giorgio Gaber ha provato a farne uno su Com'è bella la città nel 1969, ma l'intento era tutt'altro che allegro. Quello che commuoveva nella versione italiana era l'interpretazione con un leggero accento inglese che si rafforza via via che la canzone va avanti - forse Petula perde nell'emozione del finale il controllo sulle doppie "r" e intona Mi vieni incontro corendo/ e stai soridendomi. (Mai quanto Cher che in Dovve l'amore - Dov'è l'amore - ulula appassionata: No c'è nesuno belo come te io ti aaaamo).
La perfezione nell'accento anglo-italiano si raggiunge con Shel Shapiro e i suoi Rokes, che intona Ma che colpa abbiamo noi,


canzone beat "di protesta" con una tale nonchalance nelle vocali o e i da ritenere che sì, effettivamente loro non hanno nessuna colpa. Anche Mal dei Primitives ha la sua brava dose (involontaria) di colpa nel farmi perseguire gli studi d'inglese: in Yeeeeeeh


dopo aver detto abbacinato I tuoi occhei sono farri abalianti / io ci sono davantei - gl e gn in italiano sono le bestie nere degli anglofoni - raddizza la schiena e canta Ma io non deivo brucciormi / con una come TEI ! e in quel Tei (te) ravvisavo tutta la forza dell'impero britannico, su cui non sarebbe mai tramontato il sole. Con una lingua così, come ti puoi bruciore?

Comunque, i corsi BBC trasmessi dalla RAI negli anni '70 a cura della editrice Valmartina hanno lasciato il loro bravo segno. Walter and Connie, ricordate?
Era una coppia inglese al centro di varie avventure, mi ricordo quando dovevano cercare una casa per un povero vecchietto che la descriveva così "It has one door and two windows!" . Noi a casa ci facevamo delle matte e innocenti risate, oggi quella situazione sarebbe letta come tragico esempio di Morbo di Alzheimer. Il corso d'inglese prevedeva anche una serie fantascientifica dal titolo Slim John. Slim John era un robot , il Robot 5 per l'esattezza, inviato sulla Terra per sottomettere gli umani. Che ti va a fare invece? Fraternizza con una coppia di giovani inglesi, Richard e Stevie (è una ragazza nonostante il nome) e soprattutto adora quei panini dolci chiamati buns (Uno dei tormentoni della serie era infatti la frase Have you got any buns? detta da Slim John). Il cattivo Doctor Brain vuole distruggere il robot ribelle, anglofilo e ghiottone (altra frase storica: Catch Robot Five! Attack Robot Five! Destroy Robot Five! Robot Five is DANGEROUS!). Ne nasce una spietata caccia al robot, caccia che nel corso degli episodi ogni tanto s'interrompeva per spiegare i punti più salienti della grammatica e del lessico.
I cattivi avevano tutti un 26 stilizzato stampato sulle loro tutine aderenti - ah, le tutine dei distruttori del mondo! -, che era il giorno in cui avrebbero conquistato la Terra. Un giorno prima di ricevere la busta paga, a pensarci bene. Era una serie molto "pop", sulla scia di Diabolik o Doctor Who .
Eccezionale! Alcuni rari spezzoni di Slim John

Ora che continuo imperterrita a cercare di apprendere qualcosa di nuovo dall'inglese - non si finisce mai - mi chiedo quali possono essere le molle odierne, le mitologie per far imparare l'inglese ai ragazzi oggi.
Un' ultima cosa, che non c'entra ma c'entra, come direbbe Nanni (Moretti): l'introduzione al pianoforte di Downtown è molto simile a quella di Fox In The Snow dei Belle and Sebastian. Sentire per credere...

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Un ricordo di Antonio Pietrangeli

Il 19 gennaio 1919 nasce a Roma il regista Antonio Pietrangeli. Muore prematuramente a Gaeta nel 1968, ma fa in tempo a lasciarci dei capolavori (senza esagerazione) come:

Lo Scapolo (1955)
















Adua e le compagne (1960),























Fantasmi a Roma (1961),























La Parmigiana (1963),























La visita (1963),























Il magnifico cornuto (1964),

















e soprattutto Io la conoscevo bene (1965),
bellissimo ritratto di donna
desiderante e non desiderata sullo sfondo degli anni '60 e del mito di Cinecittà. Interpretato da una giovanissima Stefania Sandrelli -ma il ruolo sembra dovesse andare a Sandra Milo - il film è una ricostruzione della vita di una giovane, Adriana, che dalla provincia si trasferisce a Roma per cercare fortuna a Roma,nel mondo del cinema. Farà conoscenza con il sottobosco dello spettacolo, e purtroppo, finirà per togliersi la vita buttandosi dalla finestra del suo appartamento sul Lungotevere Portuense. Questa è la lunga scena che precede la resa dei conti finale: dopo un'ennesima notte di festa, la protagonista si avvia verso casa con la sua 500. Il giro per le strade di Roma ancora deserte, con la canzone Toi di Gilbert Bècaud per colonna sonora (attenzione all'uso della colonna sonora, sia all'esterno che all'interno del film, testimonianza e spia rivelatrice sia della mentalità di Adriana che dei suoi stati d'animo).


La scena ha qualcosa di struggente, noi capiamo che non è un ritorno a casa come tutti gli altri. Sarà di sicura ispirazione per la gita in motorino del Nanni Moretti di Caro diario:



Un' altra scena da Io la conoscevo bene: Qui Adriana (Stefania Sandrelli) scopre di essere il personaggio principale del libro del suo amante-scrittore, Fausto (Joachim Fuchsberger), ma il ritratto che ne fa lui è tutt'altro che lusinghiero...

La colonna sonora, dicevo: In questa sequenza vediamo che Adriana non è del tutto impermeabile alle continue delusioni della sua vita. La canzone di Sergio Endrigo parla di "mani bucate", dello scialo che talvolta si fa dell'esistenza. Adriana è come sospesa sulla terrazza, cerca di darsi un contegno lucidando ossessivamente la maniglia della porta-alcuni ci hanno ravvisato un significato sessuale, ma non credo sia così-ed è pericolosamente attratta dal terrazzo, ma una telefonata la "salva". Per il momento.

Da notare come Pietrangeli riveli tutto ciò facendo semplicemente camminare la Sandrelli su e giù per l'appartamento, con il giradischi multiplo in funzione. Questo è cinema.

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I morti cammineranno sulla terra...Dopo la chiusura del pub


Compra il latte. Chiama mamma. Stai lontano dagli zombi.

E' l'inizio dell'anno nuovo e non sapete dove sbattere la testa? Dormite, mangiucchiate e andate in bagno senza sosta? Vi sembra che la vostra vita si svolga sempre sugli stessi insipidi binari? Ve lo rinfacciano pure?

Shaun of The Dead è il film che fa per voi.
No, non è Ricomincio da capo o Il favoloso mondo di Amélie, bensì una romantica commedia inglese, dove a un certo punto entra in scena l'imponderabile.
Gli zombi.

Shaun (Simon Pegg) è uno sfigato commesso di un negozio di elettrodomestici, che convive con Ed (Nick Frost), un nullafacente spacciatore di erba a tempo perso e con Pete (Peter Serafinowicz), un ragazzo quadrato che non sopporta più Ed per il suo costante fancazzismo. Liz (Kate Ashfield) invece non sopporta più il suo fidanzato Shaun e la sua mancanza di stimoli: lui la porta da anni allo stesso pub, il "Winchester", in compagnia di altri due amici: David (Dylan Moran), segretamente innamorato di Liz e la sua fidanzata Dianne (Lucy Davis). Gli eventi precipitano quando Shaun, finalmente autocovintosi di prendere il controllo della sua vita, si dimentica di prenotare il ristorante dove avrebbero per una volta cenato soli lui e la sua Liz. Lei lo pianta infuriata e lui va a consolarsi col suo amico Ed al solito "The Winchester". Nel frattempo alla televisione danno strane notizie di rivolte e morti viventi che circolano per il Regno Unito. Non ci fanno caso, e una volta a casa, suonano musica electro completamente sbronzi ad altissimo volume, svegliando Pete che li tratta in malo modo ed ha una strana ferita al polso, procurata, a suo dire, da una persona per strada che lo ha morso. Il mattino dopo Shaun ed Ed si svegliano e trovano una strana ragazza nel loro giardino: sembra ubriaca fradicia, ma in realtà è solo il primo dei mille zombi (il loro coinquilino Pete lo è già) che dovranno combattere lungo tutto l'arco del film, insieme a Liz, alla mamma e al patrigno di Shaun, Philip (Bill Nighy), che non ha mai avuto buoni rapporti con lui. L'intero gruppo si dirige al pub "The Winchester", l'unico luogo considerato sicuro, ma dure prove attendono Shaun, a partire dall'uccisione forzata della sua amatissima madre Barbara (Penelope Wilton), della zombificazione e abbandono - in auto con la sicura - del patrigno, della morte dell'amico posh David (Dianne scompare) e soprattutto del ferimento di Pete a opera degli zombi. Morirà quest'ultimo? C'è un colpo di scena finale che ci rivela come il mondo dei morti viventi non sia poi tanto diverso da quello dei vivi morenti...

Diretto dall'inglese Edgar Wright, che lo ha scritto e sceneggiato nel 2004 insieme a Simon Pegg nel ruolo del tenero protagonista, Shaun inizia come una commedia britannica suburbana: niente glamour londinese, ma la dura realtà della "common people" che vive fra lavori non esaltanti e bevute e videogiochi al pub (e in effetti il lungo piano-sequenza dei titoli di testa assomiglia molto al video di Common People dei Pulp).


(Nella prima scena Liz dice a Shaun di non poterne più della solita vita con lui. Shaun le promette di cambiare. Il giorno dopo Pete gli dice che il suo amico Ed se ne deve andare da casa. Inizia una dura giornata di lavoro per Shaun.)



Il video originale di Common People - Pulp (1995)

Da notare nche nella prima clip del film come ogni azione dei personaggi richiami e anticipi il Perturbante che arriverà solo dopo mezz'ora: in altre parole sono i piccoli slittamenti della quotidianità, al posto di ululati e scricchiolii, a insospettire Shaun, e noi con lui. Ora il momento in cui egli desidera veramente cambiare è anche il momento in cui tutte le forze negative - i morti viventi, non a caso degli esseri che NON cambiano mai comportamento (almeno Dracula si trasforma in pipistrello) - si scatenano in città. I morti viventi possono essere anche le varie classi impossibilitate ad evolversi, se vogliamo dare anche una lettura sociale al film. Shaun raduna le persone a lui più care per salvarle e per sconfiggere il mondo esterno, un po' come Frodo con la Compagnia dell'Anello. Per arrivare però alla meta, ossia tornare al pub "The Winchester", luogo simbolico e "inglese" per eccellenza da dove si deve ripartire per ricominciare daccapo e uccidere gli zombi che impestano la città, occorre uccidere il passato.
In questo caso il passato è rappresentato dal patrigno Philip, che confesserà in punto di morte di aver voluto esprimere meglio il suo amore per Shaun (e quindi si rende conto di essere già MORTO prima di diventare zombie); dalla madre che ha nascosto a Shaun il fatto di essere stata già contagiata "per non preoccuparlo" (e questo può essere letto come estremo gesto d'amore o come estremo tentativo di tenere il figlio legato a sè); e dal padrone del pub che verrà preso a badilate al ritmo di Don't Stop Me Now dei Queen ( la classe dirigente?). Anche la coppia di classe sociale superiore, David e Dianne, verrà sacrificata, David addirittura finirà sbranato dagli zombi (nulla si sa di Dianne, infatti è un "buco" di sceneggiatura che viene poi spiegato negli Extra del DVD).

Ucciso il passato, Shaun però avrebbe comunque la peggio se non fosse per il suo "inutile" amico Ed, che si sacrifica per far vivere lui e Liz (e qui scatta l'amicizia maschile adolescenziale, più forte di ogni cosa). Arriva l'esercito a impedire il massacro finale (altro "buco", stavolta non spiegato: come mai i soldati NON erano contagiati?), e il finale è tutt'altro che il classico "ritorno alla normalità" delle sceneggiature classiche: dopo sei mesi, gli zombi rimasti sono adoperati come...concorrenti per programmi tipo "Giochi senza Frontiere", e l'intera faccenda è stata abbondantemente digerita dai mass media. La stessa coppia Shaun e Liz,ormai sposi, sembra quasi "zombificata" dalle abitudini coniugali. C'è però un colpo di scena finale, che non rivelo, ma che ribalta tutta la visione costruita finora "zombi cattivi/vivi buoni". Shaun Of The Dead è insomma una commedia che usa i morti viventi sia come ostacolo interiore che come ostacolo a una società migliore. Shaun gira inoltre armato di una mazza da cricket, - un'arma "bianca" che richiama un po' la purezza del'adolescenza e dell' Inghilterra di un tempo, a cui tutti i registi britannici, anche quelli più "arrabbiati", inconsciamente anelano - . Solo alla fine combatterà...proprio con il Winchester del pub, appeso sopra il bancone (un'altra arma "leggendaria").
Un'ultima cosa: il titolo Shaun Of The Dead è un gioco di parole sul titolo originale di Zombi di George A. Romero, Dawn Of The Dead , letteralmente "L'alba dei morti". In Italia è stato rinominato L'alba dei morti dementi. E ci si stupisce che non l'abbia visto quasi nessuno...

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Stars on 45

The Stars on 45
is slow burnin' your eyes
if you can work it out
remember twist and shout
you still tell me why (?)
tell me why-y-y-y
(Jingle di ogni medley Stars On 45)

I 45 anni sono un brutto segnale.
Negli anni '70 Susanna Quatronella in arte Suzi Quatro affermava che il 48 crash is a silk sash bash, ossia il crollo dei 48 (anni) è come una bastonata fatta con una fusciacca di seta (gran verso).
Dei 45 però non si sa niente, teoricamente ti fanno entrare nel pieno della "crisi di mezza età" che ormai è diventata roba da professionisti (- Che cos'ha il ragioniere che gli sporge?

- Ma non lo sai? Ha la crisi di mezza età, per questo si è fatto il piercing al capezzolo sinistro )
A 45 anni potresti fare di tutto, ma lo devi fare sotto lo sguardo degli altri. Perchè il tuo raggio d'azione è in realtà molto delimitato! Non sei più giovane e non puoi più fare cose che ti possono essere perdonate senza problemi, puoi fare il/la garzoncello/a scherzoso/a ma è chiaro che ti costerà sempre più fatica, e tuttavia non sei ancora entrato/a nella terza età dove puoi finalmente dormire cinque ore per notte, (tanto non hai sonno), e trascorrere le ore rimaste - che in tempi andati passavi a dormire - chiuso/a nel bagno, con il resto della famiglia a bussare alla porta a vetri smerigliata. No.
Tu hai sonno, vuoi dormire nove ore come minimo. Mai hai 45 anni e sei ancora giovane, e ti tocca scendere dal letto col freddo che fa e guadagnarti il tuo misero stipendio.
Ti dicono di cominciare a tingerti i capelli, no, è meglio di no, vuoi mettere il look brizzolato? I consigli che i giornali specializzati ti danno hanno qualcosa della sindrome bipolare: non andare dal chirurgo; no, forse una puntura di qualcosa ci starebbe bene; Prenditi un nuovo partner; no, tienti qello che hai - questo per le donne, agli uomini consigliano di spassarsela e basta - ; manda al diavolo il capufficio, cambia lavoro e mettiti in proprio, è così semplice! Ehm, forse è meglio che ti tieni stretto/a il posto, devi pur mangiare! Ho visto sulle riviste di moda pagine e pagine di consigli su come ci si dovrebbe vestire dopo i 40, ed è tutto un osare ma non troppo, aggiungere una cosa e toglierne due, e soprattutto evitare i pantacollant (che dopo i 40 si mettono solo sotto i pantaloni per uscire di casa la mattina presto in pieno inverno). Questo per le donne; agli uomini viene richiesto di evitare di mostrare troppo la loro prorompente virilità (per non offenderli dicendo invece di evitare di girare in jeans a vita bassa giubbotti e tatuaggi, che gli verrà una colica).

Non c'è un disco o una canzone in particolare che celebri i 45 anni; l'unica cosa che mi viene in mente è quell 'infernale serie di megamix di origine olandese dal titolo Stars On 45 che andavano agli inizi degli anni '80. Qui ce n'è anche una versione anni '40, stile Andrews Sisters:

Le tre performers omologhe si facevano chiamare ovviamente Star Sisters: il loro era un medley di tutte le canzoni più famose del celebre trio swing americano. Mia madre, memore dei suoi tempi, aveva acquistato il disco, e così le tre olandesi finte americane sono in mezzo al mio scaffale dei dischi in vinile. Qui sotto una loro apparizione televisiva francese del 1983:


Comunque, la vera ragione per cui sto girando intorno al numero 45, è che ieri ho compiuto 45 anni! Qui c'è uno slide show -con annessa colonna sonora- della mia giornata:





Auguri dunque a tutti i quarantacinquenni o a coloro che stanno per diventarlo!