The Day I Met Mr. Jarvis Cocker

Il Festival del Cinema di Roma si è concluso il 23 ottobre, e il 18 ottobre ho potuto godere di un pomeriggio di gloria.
Ho visto George Clooney? No.
I Volturi di New Moon, il seguito di Twilight? No.
Meryl Streep? No.

Ehm, Terry Gilliam? No.
Jarvis Cocker? Sì. (Aaaah...)

(Ma chi è?)

Tutto è iniziato con la visione casuale del programma del Festival: una delle sezioni, Occhio sul mondo, dedicata all'ambiente e al cambiamento climatico, presentava tra l'altro lamostra Art and Climate change della fondazione inglese Cape Farewell, il cui scopo è quello di far meditare, tramite l'incontro creativo di artisti e scienziati, sui problemi dovuti al cambiamento climatico.


Il programma per domenica 18 ottobre 2009 recitava così:

18 ottobre domenica
ore 16 - Ingresso gratuito
Sala Sinopoli
Evento Cape Farewell “Disko Bay”
David Buckland, artista inglese e fondatore di
Cape Farewell, incontra la rockstar inglese Jarvis
Cocker per presentare estratti del film “Disko
Bay” e testimoniare che la creatività, la musica e
l’impegno ambientalista sono una possibile risposta
alla minaccia del Cambiamento Climatico.


Per poco non cado dalla sedia (l'altro mio piede ha rischiato grosso quel giorno!). Jarvis a Roma! Non mi risulta che "la rockstar inglese" sia mai venuta da queste parti - forse come turista - , così decido di far visita all'Auditorium per saperne di più. La linea 910, che parte dalla stazione Termini e attraversa la zona Pinciano-Parioli per costeggiare le tre Casse Armoniche del Parco della Musica, mi porta ad una Festa del Cinema ancora in fase di costruzione. Stranamente ricorda un set cinematografico abbandonato, di quelli con le finte case con le facciate tenute su da grosse travi, la cui visione fa sempre meditare sulla finzione della realtà. Mi dirigo, dopo vari giri alla biglietteria per chiedere quanto tempo prima dell'ora stabilita devo essere davanti alla sala Sinopoli. "Oh, una mezz'ora".

La sera prima dell' Evento Cape Farewell immaginavo già una piccola folla fremente davanti all'ingresso della sala, quindi decido di partire da casa UN' ORA E MEZZA prima (non si sa mai, è domenica, l'autobus chissà a che ora passa, hai voglia ad essere ecologicamente ad Impatto Zero se i mezzi ti tradiscono!). Una volta alla Stazione Termini, dò un'occhiata alla palina del 910: passa tra cinque minuti. Ghigno scuotendo la testa.

Il 910 arriva in cinque minuti.

Comincio a preoccuparmi: se è successo questo, può succedere di tutto. La mia impressione viene confermata mentre l'autobus sfreccia - è domenica pomeriggio presto, non c'è nessuno per strada - per il quartiere Pinciano-Parioli raccogliendo distinte signorine con i tacchi bassi e lo zainetto (la sera raccoglie distinti domestici extra/intracomunitari) . Scendo davanti all'ingresso posteriore dell'Auditorium, e cerco affannata l'ingresso della sala. Sono le 15:30. Dopo aver attraversato il corridoio
























a passi timorosi - chissà perchè quando vado a una qualsiasi manifestazione penso sempre che arrivi qualcuno a contestare la mia presenza - arrivo davanti alla sala, per trovarla così:

Tre persone in tutto. Panico. Ho sbagliato giorno. E' stato annullato tutto. Qualcuno ha attaccato la "suina" a Jarvis. C'è stato un terremoto, una tremenda inondazione,le cavallette (li vedete, gli effetti del cambiamento climatico?)!
Calma.
Con il mio programma in mano vado da un addetto all'apertura della sala. Ho la conferma che non ci saranno ritardi nè cancellazioni. Altre due persone si aggiungono. L'atrio della sala è enorme, io ricordavo gli atrii dei teatri che raramente ho frequentato, ed erano tutti molto più angusti e pieni di persone, profumi cipriati e salatini. Mi guardo intorno: da che parte potrebbe arrivare (neanche fosse un taxi)? Si aggiungono alla fila altre cinque-sei persone, alcune delle quali con regolamentare borsa in iuta eco-grezza che sbatte sulla coscia (come fanno a raggiungere gli oggetti dentro se sono all'altezza del ginocchio?). La "grezza" la faccio io stavolta perchè le batterie della mia macchinetta digitale tirano le cuoia. Nessuna possibilità di fotografare l'evento. In quel mentre i cordoni dell'atrio vengono abbassati e circa ventitrè persone salgono le scale della sala Sinopoli.

Una volta dentro, vedo a sinistra del palco quattro sedie illuminate e sento uno strano brontolìo, come se qualcuno stesse regolando le frequenze basse dell'impianto audio. Mi giro per vedere da dove viene il suono.

Jarvis Cocker è a dieci passi da me. Le frequenze basse sono la sua voce. Mi abbranco con la mano destra al bracciolo della prima poltrona che trovo, facendo contemporaneamente finta di niente.

Cosa succede quando una persona che finora si è vista in fotografia e in qualche video appare live proprio davanti a te? Il problema se lo è posto Charles Schulz quando cerca di far incontrare Charlie Brown con il suo giocatore di baseball preferito, il mitico - e perdente - Joe Shlabotnik:












In questo caso NON si incontrano. Nel caso però in cui l'incontro avviene, l'occhio del fan verifica queste tre cose:

è sempre più BASSO/A di come ve lo/a immaginate. I fotografi fanno miracoli.
E' sempre un po' più grasso/a, magro/a, vecchio/a di come ve lo ricordate.
Ha una carnagione tendente al rosa con alcune sfumature di rosso.
Ha sempre l'aria di una cosa "posata in un angolo e dimenticata", per dirla con Ungaretti, in attesa che qualcuno "gli dia vita". In altre parole, una mezza delusione.


Nel mio caso, la delusione era data dal fatto che Jarvis risulta essere leggermente più basso (ho calcolato 1.85 cm.) e leggermente più bello rispetto all'immagine che mi ero proiettata nella mia mente. Una volta constatato che sembrava proprio una persona normale - parlava con gli altri ! Gli altri gli rispondevano a tono! - decido di fare una cosa che non ho mai fatto in quarantacinque anni di vita: gli chiedo di firmarmi il programma dellla rassegna che mi ero portata da casa. E qui sorge il vero problema: come posso attaccare discorso con uno sconosciuto, pure famoso? Charlie Brown riesce a farsi firmare la palla da baseball da Joe Shlabotnik:





























Certo, la mia non era una situazione simile, ma Schultz credo abbia colto perfettamente il rapporto di speranza e terrore che passa fra il fan e il suo oggetto del desiderio che si materializza davanti a lui dopo tanto tempo. Staccandomi a fatica dal bracciolo della poltrona, aspetto che Jarvis - qualche minuto prima della presentazione del film - smetta di parlottare con gli altri e sia solo un momento. Ecco, si è momentaneamente seduto su una delle poltrone.
Vado.


Quella che leggerete qui sotto è la cronaca fedele del nostro incontro (doppiata per l'occasione in italiano):

Io: Ehhh...Scusi...
Jarvis: ?
Io: Potrebbeesserecosìgentiledaaa...firmarmi...questo programma?
Jarvis: Certamente, qual è il suo nome?
Io: Ta-mara.
Jarvis: Scusi, si scrive esattamente?


A questo punto, per testimoniare la mia perfetta conoscenza della lingua inglese, avrei dovuto fare fare uno spelling corretto del mio nome, così: T - EI - EM - EI - AR - EI. Che non si dica che al Roma Film Fest siamo ignoranti! Invece dal profondo della laringe gracido un : T - A - EM - A - ER - A. Fortunatamente Jarvis non ha fatto due anni di militare a Cuneo come Totò ma è uomo di mondo lo stesso, e scrive il mio nome correttamente sul programma. A questo punto ho un milione di cose da chiedergli, e sarebbe tutto dannatamente più semplice se avessi quindici - vent'anni, ma alla mia età mi rendo conto di sembrare Kathy Bates quando faceva la casalinga innnamorata del grande cantante Victor Fox - Jonathan Pryce in Insieme per caso. Così le uniche parole che mi escono di bocca mentre lui scrive qualcos'altro sul programma, sono:

Io: Non riesco a respirare...

Non riesco a respirare. Mi si sono intrecciati i ditini! E' tutto quello che riesco a dire. Jarvis finisce di scrivere e mi porge il programma.

Io: Grazie, lei è molto gentile...
Jarvis: Per carità, per così poco...


Torno madida di sudore alla mia poltrona in seconda fila e dopo qualche secondo mi accorgo che seduta davanti a me c'è una donna - girlfriend? - , e che Jarvis soffia un bacio.
In direzione sua? Mia? I can't breathe...










Una versione acustica i "I Never Said I Was Deep" in una Sala Sinopoli semivuota...






Lo showcase che si è tenuto alle 18:30 con il musicista Max Eastley allo spazio Auditorium Arte (atmosfera un po' più vivace rispetto alla sala Sinopoli). "Avevo un'immagine molto ingenua di cosa sarebbe stato. Immaginavo me stesso a camminare al Polo - è molto importante che il vostro equipaggiamento stia ben attaccato addosso - , così potevo camminare...nel paesaggio artico... e suonare..."






Un' improvvisazione di Max Eastley e Jarvis Cocker su suoni "catturati" dall'Artico.



Slush (Poltiglia o Melassa) con l'apporto di suoni artici.



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