Il mio piede destro

Avevano ragione gli inventori del blues quando l'inizio di ogni disgrazia sulla terra lo facevano corrispondere al levare del sole (Wake up this mornin'...).


L'inizio delle mie disgrazie è coinciso da una parte con il brusco cambiamento di temperatura che ha portato ad acquazzoni assortiti e trombe d'aria, dall' altra, alla particolare conformazione di uno sgabello che ho in camera, e che adopero per metterci sopra varie fotocopie.

Dicesi: sgabello da disegnatore.
Lo sgabello da disegnatore non è uno sgabello design, quindi non è concepito per stare in mezzo ad una stanza normale, ma in un ufficio, davanti a un tavolo, appunto, da disegno. Ha una base composta da cinque raggi che terminano con altrettanti piedi di gomma. Ognuno di questi raggi è collegato a un poggiapiedi tramite una sbarra tubolare di 1 cm di diametro, lunga 10 cm. . Questo esile tubicino di acciaio cromato ha incontrato la biforcazione posta fra l'anulare e il mignolo del piede destro mentre aprivo l'anta dell'armadio.

Dovevo andare a ritirare un referto ad un ospedale che avrebbe aperto lo sportello per quel particolare tipo di richiesta solo dalle 10 alle 11. Tre giorni la settimana.

L'ospedale era lontano e mi dovevo sbrigare. Tutti questi particolari li aggiungo per dare un'idea dell'atmosfera di quella mattina; quando il raggio cromato ebbe finito di incontrare il mio piede destro mi esplose una castagnola nel cervello. Non ci feci caso e aprii l'armadio per vestirmi.

Mentre camminavo fuori dalla stanza notavo che il piede aveva iniziato a fare sciopero. Mentre chiamavo l'ascensore - al sesto piano - mi accorsi che qualcuno lo aveva lasciato aperto. Al pianterreno. questo significava far scendere il piede per sei piani di scale. Lo feci sperando che tutto si risolvesse allo stesso modo dei "passi falsi" : il dolore si sarebbe attenuato cammin facendo.

Una volta davanti alla fermata della metropolitana, capii che questa cosa non si sarebbe avverata.

Torno zoppicando dal medico di base, che mi dice di fare una radiografia al piede infortunato.

Al Pronto Soccorso prima di curare si divide. Si comincia con il dividere i pazienti dai relativi parenti - e a questo proposito c'è un apposito infermiere detto "cerbero" con la grinta necessaria per stoppare il parente e/o conoscente più esagitato dal proseguire all'interno del Pronto Soccorso. Sulla soglia si sentono frasi come T'aspetto fuori! nel senso di Se esci fuori ti gonfio, assieme ai lamenti di quelli che sono appena arrivati. Quindi, quando si arriva, una cortina di vetro scenderà sui vostri amici e parenti.

una volta dento, verrete chiamati dall'operatore al triage - uomo da cui dipendono i destini del Pronto Soccorso, in quanto è lui a stabilire l'importanza dei sinistri - a cui dovete raccontare il vostro incidente (Che c'ha?). Io, abituata a secoli di telefilm di ambiente ospedaliero, sparo subito: sospetta frattura al piede destro, fra l'anulare e il mignolo, zona metatarsale! Il dottore non sembra impressionato. (Come si chiama? A che ora se l'è fatto? Era in casa o per strada? ). Tutta l'atmosfera è molto simile a quella di un commissariato di polizia dei telefilm, con i poliziotti che stendono i rapporti e l'arrivo a folate di delinquenti in manette. Manca solo la retata con le passeggiatrici che starnazzano (Giù le zampe, tu! ).

Ma questa è solo l'anticamera.

Finito l'interrogatorio iniziale, gli infermieri vi accompagnano al reparto, e vi dicono di aspettare in corridoio. Qui avrete un'idea della mancanza di grandezza della vita umana. Sempre nei telefilm ogni paziente ha la sua storia; qui invece le storie ci sono, ma vengono raccontate tutte insieme:

Sono scivolata per terra

Siamo caduti dalla moto

E' una settimana che mi debbono operare alla spalla

Me s'è 'ncollata 'na vecchia ( quest'ultima da parte di un ragazzo di diciott'anni che il giorno dopo avrebbe dovuto fare il compito di matematica. Voleva dire che una persona di una certa età lo aveva tamponato con l'auto, producendo gravi danni alla sua moto.)
'A moto mia n' ce sta più, 'a vecchia c'ha 'r fanalino rotto. Me sò riempito de sangue 'a ferpa, mo' come 'o manno via 'r sangue?
A questa parola scattiamo - si fa per dire - all'unisono io e la signora con il braccio rotto: Acqua fredda e sapone! ; secoli di bucati per bue e sbuccioni infantili, più l'altro tipo di sporco "innominabile" (quello nominato da Carrie lo sguardo di Satana di Brian De Palma) ci hanno rese nemiche implacabili dei globuli rossi. Consigliamo al diciottenne di lavare la felpa in quel modo, dopodichè arriva un altro elemento delle sale d'attesa degli ospedali: le suonerie dei cellulari. Finiti i tempi delle mono e pluritono, ora intere orchestre di quaranta elementi partono improvvise dalle tasche dei giacconi, schitarrate heavy metal si trincerano dietro borsette per venire zittite dal paziente di turno : No, mamma, non è niente, lo hanno mandato in Chirurgia, ma è solo per un controllo, respira ancora... No, si muove, mi ha anche parlato... Io sono qui, rimango accanto a lui, non raggiungerci...
Squillo al ragazzo della vecchia: è il professore, vuole sapere se farà l'interrogazione domani. Anvedi questi...
Ringrazia il cielo che i professori si preoccupano di te e del tuo rendimento scolastico! Fa subito la donna dal braccio rotto. Il ragazzo appare poco convinto. Nel frattempo un urlo squarcia il corridoio: è arrivato finalmente l'Elemento Pericoloso.
Di lui (o lei, in questo caso) si sente prima la voce, fra singhiozzi penosi e urla belluine.
La sua voce fa tremare la porta a vetri della stanza di visita, seguita in contrappunto da quelle più concilianti dei Volontari della Croce Rossa:
Noiononvolevofarenientenonvolevofareniente NONVOLEVOFARENIENTE!!!!!!AAAAARRGGHHH!!!!!! - Buona, buona, adesso ti sistemano, non scendere dalla barella, stai giù, stai giù che ora arriva il dottore, O! tiella ferma! Graziegraziegrazie tu sei persona tanto buona la voce s'incrina e dall'urlo passa alla supplica mentre tutti nel corridoio si chiedono a chi appartenga. Alla fine compare la barella con il tessuto-non tessuto tutto sporco e ciancicato e una specie di fagotto umano sopra, attaccato a una borsa. Il fagotto si stacca per un attimo dalla borsa e tutti hanno un brivido, perchè pensano che possa fare qualcosa di indicibile. Invece scosta la cinghia della borsa dalla spalla. E basta. Ha una giacca di un tipo e i pantaloni di un altro, che le la vedesse qualche esperto di moda la metterebbe subito in copertina. Mentre medito con una scarpa in mano (non riesco più a infilarla sul piede) sull'effetto che può fare l'abbigliamento dentro o fuori da un ospedale, arriva finalmente una sedia a rotelle per me. E qui inizia il vero godimento, se così si può dire: l'esperienza umana vera che coincide con quella rappresentata; in altre parole, mentre l'infermiera vi scarrozza per i corridoi per portarvi in Sala Raggi sottoterra, la vostra prospettiva, il vostro occhio è uguale per qualche minuto ai movimenti di camera "in soggettiva" dei telefilm ospedalieri.



Il video di National Express di The Divine Comedy. Attenzione, non è un treno, ma lo NHS, il National Health Service, o Servizio Sanitario Nazionale britannico.

Una volta in Sala Raggi, l'atmosfera, se possibile, si fa ancora più cupa. I pazienti scompaiono dietro alle porte che vengono ermeticamente chiuse, e si accende la luce esterna per avvertire quello che si sta facendo: una radiografia! Anche i pazienti in attesa hanno assunto un'espressione più circospetta, come se temessero in qualche modo inconsciamente di essere inceneriti da quei raggi. Una ragazzina piange a dirotto, consolata da una mamma giovane e grassoccia inguainata in una tuta: il suo sederone si affaccenda intorno alla piccola, che si viene a sapere ha preso una porta in faccia mentre entrava in classe. Commento del ragazzo della vecchia: Stà a ffà la scena... Evidentemente è convinto di essere l'Uomo di Mondo della sala. Nessuno gli risponde, a parte la signora col braccio rotto che gli lancia un'occhiata assassina. Alla fine vengo chiamata anch'io a stendere il mio piede sul lettino, pronto per essere radiografato.
Il mio destino si compie in fretta: dopo essere stata riportata su ad Ortopedia, vengo di nuovo parcheggiata davanti alla porta dello studio ortopedico. E' comprensibile che un certo nervosismo prevalga, oltretutto avevo fame. Quando finalmente vengo trasportata dentro, i sanitari stanno vedendo il mio piede sullo schermo del computer: una novità dai tempi delle vecchie lastre attaccate davanti alle lavagne luminose con gesto nervoso!
Le mie ossa non si sono fratturate, e posso tornare a casa, sia pure mettendo il piede a riposo. Tutto questo detto in tre, contemporaneamente chiacchierando di tre argomenti diversi. Normalmente l'infermiere lo distinguete perchè si dispone a lato, sornione e dotato di braccialetto d'oro. (gli infermieri hanno i braccialetti e le catenine, i dottori no).
Il mio ritorno a casa si consuma nel pomeriggio, e mi rendo conto solo in quel momento che sono passate dall'entrata ben tre ore e mezzo. Il sole splende di nuovo (sono entrata che diluviava) e le strade scintillano al sole mentre suonano le campane e i piccioni
svolazzano per l'ultima volta prima di andare a dormire negli anfratti delle mura. Terminata questa piccola osservazione poetica (che non ho potuto fare a meno di sperimentare, dato che andavo a un centimetro l'ora) torno alla vita normale come dopo il passaggio dall'ora legale a quella solare: è la stessa, ma c'è uno scarto da colmare. E il piede ancora da guarire.

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