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Una storia schifa

La prima copertina dell'edizione italiana del Giovane Holden, con un disegno di Ben Shahn




E così J.D. Salinger a 91 anni è andato finalmente a vedere dove vanno le anatre d'inverno. Lessi Il Giovane Holden per la prima volta a tredici anni, e la lettura devo dire mi sconvolse, tanto da scrivere su un quaderno - che era destinato ai commenti sulle "letture estive" assegnate a scuola- che Holden Caulfield, il protagonista del romanzo, era alla ricerca di "una sua verità". Noi ci troviamo a passare un fine settimana in compagnia di Holden, cacciato dal college in Pennsylvania, a New York fra incontri vari e il desiderio di rivedere la sua sorellina Phoebe prima di andarsene via per sempre. Alla fine però passerà il lunedì pomeriggio in compagnia di Phoebe allo zoo per cambiare idea e ritornare a casa. La storia è tutta qui. In realtà noi entriamo nella testa di Holden Caulfield, e i suoi andirivieni fra Manhattan
e il Greenwich Village in quei fatidici tre giorni sono il resoconto di un cambiamento impercettibile
dall'adolescenza a un'età più matura. Holden squaderna i suoi pensieri, non gli piace questo e non gli piace quello, a volte appare insopportabile come però appaiono insopportabili tutti coloro che non si "accontentano" di vivere la vita che gli è stata assegnata.
Da alcuni commenti in Rete i giudizi sul Giovane Holden sono contrastanti: da coloro che scrivono di aver trovato il libro della loro vita a quelli che lo trovano indicibilmente noioso. I commenti negativi sono molto interessanti: tutti quelli a cui non è piaciuto lamentano una mancanza totale di trama, oltre a tranciare giudizi morali sulla figura di Holden, e forse questo è in parte dovuto al diverso atteggiamento che si ha nei confronti della narrativa oggi. Ci vuole una trama, i personaggi devono essere ben riconoscibili, soprattutto ci deve essere un ben preciso "discorso morale" sulle finalità del romanzo. Cosa che Salinger non voleva fare, almeno apparentemente.
Un'altra critica che si riscontra nei vari forum è che Holden sarebbe afflitto da una traduzione vecchia e approssimativa. Sulla traduzione ci sarebbe da scivere un romanzo a parte: Adriana Motti , che rese i pensieri di Holden (romanzo del 1951) in italiano nel 1961 per Einaudi, s'inventò letteralmente un possibile linguaggio di un adolescente ribelle americano che potesse essere compreso anche dai lettori italiani agli inizi degli anni '60 (non dimentichiamo che in Italia il concetto stesso di "teenager" era ancora di là da venire, i giovani ribelli italiani erano gli Urlatori alla sbarra del film di Fulci ) Ecco l'incipit:

If you really want to hear about it, the first thing you'll probably want to know is where I was born, and what my lousy childhood was like, and how my parents were occupied and all before they had me, and all that David Copperfield kind of crap, but I don't feel like going into it. In the first place, that stuff bores me, and in the second place, my parents would have two haemorrages apiece if I told anything pretty personal about them. (The Catcher in the Rye, 1951, Penguin Books, 1958)

Questo incipit è una parodia voluta di quello di David Copperfield (quello di Dickens, non il mago) :

Whether I shall turn to be the hero of my own life, or whether that station will be held by anybody else, these pages must show. To begin my life with the beginning of my life, I record tha I was born (as I have been born and believe) on a Friday, at Twelve o'clock at night. It was remarked that the clock began to strike, and I began to cry, simultaneously. (David Copperfield, 1849-1850, London)

Dalle prime parole la lingua di Holden è secca, le frasi hanno interiezioni (And) che danno ritmo a tutto il periodo. Tuttavia il suo non è un linguaggio da semianalfabeta: il gusto per i termini sofisticati come haemorrages al posto di stroke e occupied invece di busy, che ci informa subito della classe sociale benestante e delle scuole frequentate - anche se ne è stato cacciato - dal nostro eroe. Adriana Motti sceglie un registro linguistico medio ma si inventa dei termini geniali, il primo dei quali è infanzia schifa per lousy childhood (letteralmente infanzia schifosa). Schifa sta alle traduzioni dei romanzi americani contemporanei come Lupo ululà / castello ululì di Frankenstein Jr. sta a quelle dei dialoghi cinematografici. Se l'aggettivo schifosa richiama più un adulto di un ragazzo, schifa ha tutto: la ribellione alla società e la voglia di essere superiore ai grandi inventando termini "nuovi" (cosa che i giovani non hanno mai cessato di fare nel corso degli anni). In più i continui At all che in Salinger punteggiano la partitura del discorso, non potendo rimanere tali in italiano, lingua che sopporta poco le ripetizioni, sono resi via via in varie maniere, da e compagnia bella a e quel che segue. La David Copperfield kind of crap (letteralmente stronzate alla D.C.) è sfumata in baggianate alla David Copperfield - le parolacce non facevano ancora parte dell'arredo quotidiano. Così l'incipit è diventato:

Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne. Primo, quella roba mi secca, e secondo, ai miei genitori gli verrebbero un paio di infarti per uno se dicessi qualcosa di troppo personale sul loro conto.

Credo che la traduzione italiana del Giovane Holden ancora oggi continui a influenzare non poco chiunque voglia scrivere un romanzo con un giovane come protagonista.

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Memoria di giornata


Oggi, anno 2505, celebriamo la giornata della memoria, che, come dice la parola, celebra la memoria stessa. Questa giornata della memoria la facciamo tutti gli anni proprio in questo giorno,che è il venti sette. Il venti sette è anche un autobus, però non c'entra con la memoria. Proprio il venti sette di questo mese tanti secoli fa si sono aperte le porte di tutte le concessionarie, e Charlie Chaplin e il suo malvagio regime nazista è stato sconfitto dalla UN che ha denazificato i nazisti per sempre...

La memoria è una cosa molto strana: si alimenta non attraverso i fatti, ma attraverso la percezione che noi abbiamo di essi. George Orwell in 1984 presentava un futuro con un Ministero della Verità o Miniver, che era preposto a riscrivere la Storia a seconda di cosa convenisse di più alle alte gerarchie. Per questo ogni frammento di memoria va preservato al di là di quello che possa significare per noi e per gli altri. Nella commedia distopica Idiocracy (2006, regia di Mike Judge) Nel 2505 l'America - anzi, l'Uhmerica e il mondo sono in mano a una popolazione dal quoziente intellettivo precipitato verso il basso. In una delle scene finali al protagonista venuto dal passato - cioè dal nostro presente, con una classica Macchina del Tempo - tocca vedere uno sgarrupato museo "multimediale" che racconta la storia ormai a modo suo.
Ricostruiamo il percorso compiuto dagli sceneggiatori di Videocracy (Mike Judge e Ethan Coen, uno dei due Coen Bros. di Minneapolis) per questa scena:
1) Il punto di partenza è senza alcun dubbio il 1945 e la Seconda Guerra Mondiale.
2) Immaginiamo che nel 2505 quasi tutte le fonti storiche degli anni '40 del 20° secolo si siano estinte - magari non sono state conservate nei secoli a venire per colpa delle catastrofi e dello scarso quoziente intellettivo generale -, e siano rimasti in qualche anfratto telematico dei frammenti de Il Grande Dittatore di Chaplin (1940), semidistrutti e senza audio:


Il discorso alle folle di Tomania del Grande Dittatore Adenoide Hynkel

La domanda che Judge e Coen devono essersi posti sarà stata: cosa potrebbe capire uno storico semi-idiota da un frammento di un'immagine in movimento di cinquecento anni fa senza alcuna collocazione storica? Come minimo, che il protagonista - in realtà un personaggio fittizio che è una satira di un personaggio storico esistente e vivente all'epoca in cui fu girato il film - non solo sia esistito veramente, ma che porti il nome dell' attore che lo interpreta. Questa vertigine non è tanto inconsueta, basti pensare a quante volte ricordiamo gli attori unicamente coi nomi dei personaggi. Da qui lo squallido baraccone "storico":


La Time Masheen (anche la lingua inglese scritta nel 2505 era un'opinione) di Idiocracy (il video YouTube è in realtà una ripresa su videocamera di un DVD, da qui la visione un po' straniante)

La breve scena di Idiocracy è in fondo la satira di come oggi si tende a concepire la Storia, specie quella contemporanea: data l'enorme quantità di materiale visivo, questo ha sì il potere di rendere tutto più emozionante agli occhi degli spettatori, ma tende anche inevitabilmente, privilegiando l'emotività, a mettere tutto sullo stesso piano. Così un giorno Charlie Chaplin porebbe essere ricordato per sempre come Grande Dittatore, ma nel senso sbagliato.



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Il rabbino è occupato: A Serious Man dei fratelli Coen

When the truth is found to be lies / and all the joys within you dies.



Il proiettore del cinema fa un rumore che mi ricorda quello del Minicinex dei tempi andati (il Minicinex era un minuscolo proiettore giocattolo a cartucce della Harbert : si passava più tempo a cercare una parete libera dove proiettare i film che a divertirsi col film medesimo).
Appena si spengono le luci siamo trasportati nella Polonia del 19° secolo. No, non abbiamo sbagliato sala: la catena di disgrazie che si abbatte sul professore di fisica Larry Gopnik nel Midwest del 1967 inizia proprio da uno shtetl o villaggio ebraico nel bel mezzo di una tormenta. La moglie non gradisce l'ospite che gi ha portato il marito, lo crede un dybbuk, uno spirito posseduto, e arriva addirittura a pugnalarlo per dimostrare al consorte la verità. Il dybbuk tornerà?

Larry Gopnik ha, nell'ordine: una moglie che lo vuole lasciare per un serious man, quello del titolo: Sy Coleman, il vicino di casa. Un figlio che deve fare il Bar Mitzvah ma fuma l'erba e ascolta i Jefferson Airplane su una radiolina nascosta (poi sequestrata a scuola). Una figlia che passa il tempo a lavarsi i capelli e gli ruba i soldi per rifarsi il naso. Uno studente coreano che prima lo minaccia e poi lo corrompe per farsi dare un bel voto. Una bollente vicina di casa che prende il sole nuda in giardino. Un vicino gli vuole tagliare il prato della sua villetta a schiera a tutti i costi.Lettere anonime lo accusano al suo Dipartimento mentre il consiglio d'istituto dovrebbe nominarlo di ruolo. Viene sfrattato di casa e va a vivere in un motel col fratello matto e fissato col gioco d'azzardo. Larry è sempre stato un probo cittadino, un pilastro della sua comunità, non ha fatto mancare niente alla sua famiglia: cosa è andato storto? Qual è il senso della sua vita? Va a chiederlo a tre rabbini, ma i primi due sono troppo evasivi, e il terzo non risponde: sta pensando, gli intima la segretaria con voce maschia.


Trailer originale di A Serious Man ("We're gonna be fine...")




La versione italiana ("Ne usciremo alla grAnde" copre il labiale dell'originale "We're gonna be fIne", anche se dal punto di vista della traduzione "Andrà tutto bene" era forse meglio...)


La grandezza di A Serious Man sta nel fatto che anche lo spettatore non ci capisce niente del dramma di Larry, proprio come Larry stesso. Per tre quarti del film ci aggiriamo smarriti chiedendoci cosa abbiamo fatto per meritarci questo. La fotografia brillante, certe inquadraure ispirate ai quadri di Hopper ci confondono ancora di più le idee. A un certo punto - diciamo dall'ultimo quarto in poi - le cose, lentamente, sembrano prendere il verso giusto. L'amante della moglie che ha un incidente mortale, un voto cambiato in meglio per lo studente coreano, i soldi presi per pagare i debiti contratti con gli avvocati, la moglie che si rifà viva al Bar Mitzvah del figlio, il terzo rabbino - quello più anziano - che ascolta Somebody to Love dei Jefferson Airplane (e scopriamo che "ogni verità si rivela una bugia"), la promozione che finalmente dovrebbe arrivare. Solo che nel cielo splendente di Minneapolis si allunga nera l'ombra di un uragano che non ha l'aria di riportare la gente in Kansas come nel Mago di Oz...
I Coen fanno riferimento al Principio di Indeterminazione di Heisenberg e al mancato sacrificio di Isacco da parte di Abramo in Genesi, 15-35 (c'è anche una riproduzione del quadro di Caravaggio in una scena). Ogni indizio ci parla dell'impossibilità di trovare il famoso "senso della vita" , siamo sotto il segno dell'incertezza più assoluta, - infatti molti spettatori sono rimasti delusi se non in...ati da questo film, semplicemente perchè non ha un finale. Il terzo rabbino consegnerà la radiolina sequestrata al figlio di Larry,non a suo padre, ed è come se Dio in persona risparmiasse Isacco dall'essere sacrificato. La nitidezza delle immagini si contrappone alla confusione in cui si agita il protagonista, e non c'è bisogno di essere edotti sull'ebraismo per capire lo stato d'animo in cui si agita il prof. Gopnik. Come lo sceriffo in Non è un paese per vecchi, Drugo Lebowski o il barbiere de L'uomo che non c'era, Larry (interpretato da Michael Stuhlbarg)è un altro personaggio del bestiario coeniano che tenta di capire il mondo che gli sta intorno e perchè il mondo si rivolta contro di lui per poi ritornare indietro sui suoi passi senza causa apparente.

E poi ricomincia daccapo.

Un po' come la bobina del Minicinex.