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Fatti non foste per viver come Ruby




Tre monologhi:



Nicole Minetti



F***!

Io quella là se la vedo la gonfio. No, ditemi voi se è mai possibile che una, dopo essersi fatta un mazzo tanto prima in televisione, poi in mezzo ai denti per tre anni, poi a che fare con gente come Formigoni in Regione poi a contattare gemelle e a fargli vedere pure gli appartamenti (pure l'agente immobiliare devo fare adesso?) poi a briffare a tutte quello che devono fare nelle feste dovevo distribuire pure il testo di Meno male che Silvio c'è e farglielo imparare a memoria, poi litigare con Fede che arriva alle due del mattino e non fa arrivare le sue in orario, poi verificare se quella grandissima *#@=&^% non se ne va a filmare e fotografare tutto e poi venderlo al miglior offerente, poi ci sono quelle che non gli piace l'appartamento e lo vogliono dare alla cugina fuorisede - l'ho vista, è un cesso e non la si può utilizzare - , poi controllare che ci sia tutto, farfalline Swarowki e Cd di Apicella compresi, poi ritirare i costumi da infermiera poliziotta e Oba-Oba (e manca sempre qualche pezzo e a me mi tocca controllare), poi fare la conta delle buste disposte da Spin per la serata, poi mettere le autoreggenti bianche e travestirmi da infermiera del Drive In e DOPO tutto questo rimettermi il maglioncino color crema (l'ho visto addosso a Mara, il mio idolo) e presentarmi in Regione alle sette in punto. E alla Fico, no, dico, alla Fico quella terrona che ha fatto solo il Grande Fratello lui gli ha regalato la casa? Ma scherziamo? Cosa ha fatto la Raffaella - b****y - f****ing - Fico (sono madrelingua inglese, gliele ha cantate lui da Lerner) di così speciale? Io faccio quel che faccio, ne vedo di ogni, me ne sbatto +° @#*++ ma la Fico no! Piuttosto torno a rilevare le placche batteriche!





Karima El Mahroug



Che ci faccio qui?


Mi hanno fatto stare in macchina per un'ora dentro un garage, per poi entrare da una porta secondaria. Poi sono stata in un salottino con tutti i fotografi tenuti a distanza (ma io pensavo che quando ero famosa mi fotografavano tutti). Io non sapevo che fare, mi gridavano delle cose dalla pista, ma mi hanno detto di stare ferma e sorridere, che fra un po' tutto sarà finito. I soldi li hanno dati anticipati, di questo sono sicura (me l'ha detto Denis) e anche in contanti, come mi aveva detto di fare Corona (e Belén non ci deve mettere becco!). Lui, lui lui mi ha detto anche di fare la pazza così che non si sarebbe capito più niente, e mi ha anche detto che mi avrebbe coperto d'oro, che mi avrebbe dato cinque milioni però non dovevo dire niente a nessuno. Io voglio diventare famosa, diventare cristiana, non mi va di avere il nome macchiato per questa storia, ma quando mi fotografano? Mi ha detto quel signore pelato della televisione di raccontare di quando volevo inventarmi una vita parallela dpo che mio padre mi aveva picchiata. Sono la nipote di Mubarak? Io vengo dal Marocco, ma può anche darsi, chissà. Ma quando finisce questa serata, non ne posso più. Ecco, mi hanno detto puttana dalla pista, non è vero, ci sono solo andata alla villa, ho detto a sedici anni che ne avevo ventiquattro e lui non mi ha affatto toccata. Va bene, ho rubato ma è stato un momento, poi i soldi li avrei restituiti. Io devo uscire bene da tutte queste situazioni, me lo ha detto pure lui,Gesù, sono stanca, portatemi a casa mia dov'è Luca, mi aveva detto che mi avrebbe chiamata, e queste scarpe mi fanno male...





Lui



Emiliooooo!

Dov'è il catalogo? Devo sceglierne altre, che queste stanno diventando rancide, rancorose, non ci si può più fidare, e poi mi sono rotto il ***** di fare sempre la sceneggiata in televisione, ormai Masi mi chiama direttamente per sapere se posso intervenire nei programmi con meno share, per tirarli su, accidenti a quella checca, questa è una delle sue idee, io me ne volevo andare per sempre ad Antigua, ho faticato tanto per comprarla, mi tocca rimanere qua, ma sai quanto sono meglio le negrette di laggiù, pelle fresca e soda, te la cavi con un regalino e sono tutte tue, se hanno sedici anni non gliene frega niente a nessuno, Emiliooooo! Dove sei, ho finito il Cialis! Ecco, stanno provando le luci nella tavernetta, Piersilvio dice che fanno truzzo, ma a me piace, mi ricordano le crociere e il Drive In, ah, Carmen, Tinì Cansino, Johara, Beppe Recchia, Has Fidanken, dove siete? Ora verranno qui da me L'Infermiera e la Poliziotta, la Brasileira e la Scolaretta, sì, tutte con me e Fede, vero Emilio che ci sarai anche tu? Emilioooooo!


Cribbio!



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Il magnetino supremo



In principio era il frigorifero.

Questo elettrodomestico ha salvato migliaia di cibi dalla marcescenza precoce, e permesso a centinaia - poi migliaia - di famiglie di mettere da parte i cibi, di non passare metà delle loro vite a fare la spesa e soprattutto di trovare sempre qualcosa da bere e da mangiare, specie negli orari non canonici (prima c'era, per le famiglie più abbienti, la ghiacciaia,
con la colonna di ghiaccio all'interno, ma non è la stessa cosa). Una pubblicità italiana dei primi anni '50 prometteva che il frigorifero avrebbe terminato quel "duello al sole" degli italiani contro il cibo andato a male.
Una volta assimilata la presenza del frigorifero e conseguentemente ridotta la sua sacralità come oggetto, - all'incirca da quando si è cominciato a chiamarlo frigo e si è smesso di sbirciare se si spegneva la luce interna una volta serrato lo sportello - arrivò un nuovo oggetto.Uno dei giochi "educativi" (non ancora educational) negli anni '70 erano le letterine di plastica magnetiche Quercetti. Erano in realtà delle formine in plastica colorata, cave all'interno, con un piccolo vano al centro contenente una minuscola calamita. Il dramma per me era quello di perdere la calamitina - nera, con una scanalatura al centro - e di smagnetizzare così la lettera. (Gli anni '70 sono stati il periodo d'oro dei giocattoli con i vani nascosti, come il micromangiadischi dentro la schiena della bambola Michela).
Qualcuno, forse qualche mamma, iniziò a far comporre parole con le letterine sulla superficie più magnetica della casa: quella del frigo.
Il ghiaccio era rotto.
La bombata superficie dell'elettrodomestico non faceva più parte di un'entità sacra posta in mezzo alla cucina. Si stava per trasformare in una sorta di tabula rasa candida e smaltata su cui attaccare quello che dovevamo ricordare (e che i nostri cervelli rifiutavano di trattenere). Questo, almeno, era lo scopo primario delle prime "calamite da frigo". In seguito aumentarono le funzioni secondarie dell'oggetto, trasformando il magnetino in un contenitore di messaggi. Come mai, ad esempio, vi sono in commercio tante miniature di prodotti industriali? Oltre che per motivi di promozione, la ragione segreta potrebbe essere
una ulteriore digestione della pop art (che già usava la "trivialità" della merce per il suo discorso artistico). Si appendono al frigo miniature di ogni tipo di merce come nell'epoca vittoriana si costruivano case di bambola nei minimi dettagli: per celebrare ciò in cui si crede di più. Questo legame fede-magnetini sarà sempre più sviluppato con la successiva ondata delle "placche" recanti ogni sorta di avvisi. E' interessante come il frigorifero, posto in cucina ossia nel luogo dove si passa una buona parte del tempo a consumare e preparare cose buone - a differenza del bagno, dove si passa invece il tempo ad espellere e lavare via altre cose, e infatti lì non viene appeso nessun magnetino - sia diventato
il ricettacolo delle nostre personalità, attirando messaggi come nessun muro di casa riesce più a fare. Naturalmente sono sorte ditte specializzate nella costruzione e assemblaggio di magnetini, come questa FunkyFridge americana che vanta più di 1500 articoli per tutti i gusti, compresa una riproduzione della copertina di una vecchia "guida all'amor coniugale".

Comunque, il magnetino ha una sua forza culturale tale da impedirgli di diventare un oggetto vintage col passare del tempo (Ti ricordi quando andavano di moda i magnetini? Ah, che tempi quelli! ). Si andrà sempre in cerca del modello che ponga fine a tutti gli altri magnetini, appunto un magnetino supremo che una volta applicato alla porta del frigo ci metterà magari in contatto con le altre civiltà dell'universo:

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Siringhe 2 - "Synchronize" di Discodeine feat. Jarvis Cocker



Time that heals and destroys...



A proposito di siringhe, ecco un video che sembra mostrarne una, ma non è proprio così. Si tratta del video ufficiale di Synchronize (2010), brano ispirazione disco a cura dei Discodeine, duo elettronico-e-tante-altre-cose-ancora francese. Le liriche di Synchronize sono di Jarvis Cocker, che partecipa nel video ufficiale anche in veste di attore. Il pezzo è molto electrodance inizi anni '80, con la voce di Jarvis che si diverte a languideggiare tipo Amanda Lear (linea melodica "lenta" in contrasto con una ritmica veloce, con tanto di disco-archi, quelli per intenderci che stanno anche alla base dell'arrangiamento di Triangolo di Renato Zero).





Se il testo parla di come un colpo di fulmine in discoteca metta improvvisamente due persone in sincronia con tempo, spazio, luci stroboscopiche e batteria (del resto anche un certo Dante Alighieri parlava alla fine del Paradiso di un amor che move 'l sole e l'altre stelle , e non c'erano discoteche Lassù), il video, diretto dal francese JF Julian consiste in tre frammenti di vite in tre camere di un misterioso albergo che sembra quello di Barton Fink dei fratelli Coen. Un uomo e una donna si spogliano e preparano un qualcosa che sembra un'iniezione di eroina, invece è una seduta di tatuaggi. Una donna si fa una doccia ed esce dal bagno con l'accappatoio per sdraiarsi sul letto e accendersi umida una sigaretta sotto un crocifisso. Jarvis guarda la tv al buio, medita, e ad un certo punto inizia a danzare nella stanza come se fosse trascinato dal ricordo di qualcosa.
Cosa lega questi tre frammenti? Possono essere tre storie diverse, oppure il prima e il dopo di una storia d'amore (con Jarvis che rimembra), oppure ancora, la donna sola e Jarvis sono i due componenti della coppia della stanza 507 ripresi anni dopo, ormai scoppiati - lei ha un tatuaggio sul braccio, e lui gli occhiali - . Ogni ipotesi è possibile, e il video non ne scarta nessuna. Da notare l'uso reiterato del montaggio di tipo connotativo: noi non "vediamo" due persone che si bucano in una stanza d'albergo, ma una serie di dettagli che ci fanno anticipare mentalmente come la sequenza potrebbe concludersi : 1) Dettaglio di una mano che sfrega un braccio con un batuffolo:



2) Dettaglio di un liquido colorato che entra in un contenitore stretto e lungo:



3) Primissimo piano di Jarvis che si copre gli occhi con la mano, come a ricordare ciò che ha visto (e che vedremo noi fra poco):




4) Particolare dell'occhio della donna sola, visto da dietro la porta smerigliata del bagno (importante, perché ci fa immediatamente pensare che qualcosa di ciò che pensiamo accadrà sia successo anche a lei):



5) Dettaglio sfocato di una punta che sta per essere immersa in una ciotola piena di un liquido misterioso:



Durante tutta la sequenza il ritmo è sostenuto dai cinque stress di syn - chro - nize - to -night, e alla fine viene svelato il mistero: vediamo una misteriosa seduta rituale a base di tatuaggi (altro che bunga bunga!). Non è reso esplicito però il perchè di questi tatuaggi - droghe dissimulate? Dipendenze affettive? - Lo stesso Jarvis che viene preso a metà video dal demone della disco, ballando come un burattino a cui abbiano tolto momentaneamente i fili, alla fine conclude con un primo piano in cui tira una lunga boccata da una sigaretta. Molto francese. Per il videomondo di oggi, roba da codice penale.Non è la prima volta che il Nostro poi si fa riprendere sdraiato su un letto sfatto a meditare sui peccati del mondo: basti vedere il video di Do You Remember Your First Time? (1993), tratto dall'album His 'n Hers dei suoi Pulp:



E' curioso come lo stesso movimento basculante di macchina (che abbraccia sia Jarvis che tutti gli altri personaggi del video in una giostra senza fine) lo ritroviamo ne Le conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino (2004), la scena in cui - una volta a settimana - il protagonista si inietta l'eroina:




A questo punto sorge una domanda: Synchronize è forse Le conseguenze dell'amore rifatto nel 21° secolo, con Jarvis come Titta Di Girolamo ?

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Siringhe (" 'Sta mano può ésse féro... ")



Il vero uomo si riconosce non dalle intenzioni, ma dalle iniezioni.
Da piccolisimi ci portavano tutti all'ambulatorio per farci fare il vaccino Bivalente (Difterite e Tetano) che poi doveva essere ripetuto alcuni anni dopo: lo chiamavano il Richiamo della Bivalente. Il nome suonava un po' spaghetti western (Amico, è tornata la bivalente: hai chiuso un'altra volta! ), e mentre il Richiamo della Polio era più accettabile - consisteva in uno zuccherino intriso di vaccino - la perfida Bivalente era invece una vera iniezione. Il mio ricordo più antico di una siringa consiste in me che correvo intorno al lettino dell'ambulatorio (a quattro anni) inseguita da mia madre e dal dottore perchè non volevo farmi fare la puntura. Le siringhe indolori erano al di là da venire, e agli occhi di una quattrenne gli aghi apparivano grandi come i primi piani delle zanzare nei documentari sulla malaria.
Un'altro ricordo che avrebbe pesantemente condizionato la mia opinione sulle punture fu dato dalla scena di un film, Tornando a casa (Hal Ashby,1978) , in cui uno dei personaggi si ammazzava iniettandosi dell'aria in vena con una siringa. La scena, commentata da un'ossesiva White Rabbit dei Jefferson Airplane, era terrificante, e contribuì non poco alla mia naturale antipatia verso le iniezioni.
Senza scomodare la famosa sequenza dell'iniezione di adrenalina nel cuore di Uma Thurman in coma da overdose in Pulp Fiction (e adesso vado a casa a farmi venire un infarto),


ho dovuto vivere, quasi per una sorta di contrappasso, le emozioni del preparare una siringa e fare un'iniezione. Intramuscolare. Con l'ago grosso. Una siringa da 5cc.
La prima difficoltà è quella di rompere la fiala con la soluzione da iniettare. Un tempo le fialette di vetro monodose con la strozzatura al centro erano fornite di un microseghetto atto a segare il vetro in due e ad aprire la fiala. Così prendo un coltello da cucina e sull'acquaio dò dei colpetti con la lama sul punto più sottile, sperando che ceda (segare il vetro col coltello è impossibile, e provare con le mani è come spaccare una noce tenendola in pugno: si rimane con niente in mano, con l'aggravante che i frammenti di vetro possono penetrare nella pelle). Quando uno meno se l'aspetta la parte superiore cede e piccoli frammenti luminosi si spargono sul
lavandino. Li cerco e li tolgo tutti nella malaugurata ipotesi che me li
possa trovare conficcati in mano. Apro la confezione protettiva e tiro fuori la siringa. Il tappo di sicurezza è la cosa più difficile da sfilare, infatti non si deve sfilare ma farlo ruotare e poi sfilarlo piano per non piegare l'ago in due (come ho saputo poi a mie spese).
Tolgo l'aria dall'ago una, due volte. Poi infilo l'ago nella fiala. Attenzione, non è una cosa facilissima risucchiare la soluzione nella siringa, dato che occorre tirare su lo stantuffo in modo lento ma continuo.
A questo punto la siringa - una volta accertato che non vi sono bolle d'aria - è pronta per l'uso, e qui avviene la seconda battaglia. Nei film la puntura si fa sempre nel gluteo (Sedadavo? Domanda Igor in Frankenstein Jr. con la Creatura in escandescenze). In realtà va fatta sopra, nella zona dorso-gluteale .


Massaggio la zona lungamente col disinfettante, dopodichè col cuore in gola cerco un posto abbastanza "carnoso" dove conficcare l'ago, e qui mi ricodo del pizzico di Mario Brega in Bianco, Rosso e Verdone (1981, Carlo Verdone). ('Sta mano può ésse féro e può ésse piuma. Oggi é stata 'na piuma.)


Pizzico la carne. Infilo l'ago. Mi aspetto l'urlo. L'urlo non arriva. Ho già fatto un morto? No, respira ancora. Spingo lo stantuffo e inietto lentamente il liquido. Mi sforzo di non pensare. Ecco, la parte finale dello stantuffo ha toccato l'ago. Ho finito!
Tiro fuori - o meglio, snudo fuori l'ago della siringa dalla carne che stringo fra le due dita. Esce tutto. Massaggio per cinque minuti buoni la zona sperando di aver messo la gamba nella posizione migliore. Mi sembra di aver fatto una complicatissima operazione chirurgica, vorrei che qualcuno mi detergesse il sudore dalla fronte come fanno nelle sale operatorie, ma mi accorgo di non avere nessuna fronte sudata. Sarei un pessimo chirurgo.
Infilo il cappuccio all'ago prima di gettare la siringa. Il batuffolo di ovatta giace strizzato e strapazzato senza pietà accanto ai frammentini della fiala. Le mie mani sanno inesorabilmente di disinfettante. Sembrava che il sedadavo lo avessero dato a me.

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47 morto/a che parla!





...E io pago!

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Miss Kodachrome e Mr. Bobby Farrell



Mama don't take my Kodachrome...




Ci sono cose che sembrano mettersi d'accordo nell'andarsene via insieme.
Alla fine del 2010, il 30 dicembre sono successe due cose.
La prima, è stato processato in America l'ultimo rullino Kodachrome, la pellicola fotografica a colori che dal 1935 ha messo il colore nei nostri ricordi. La pellicola era stata cantata persino da Paul Simon in questa Kodachrome del 1973.





La canzone parlava di "colori scintillanti", di "tutti i tipi di verde dell'estate" e faceva pensare al mondo come un infinito "giorno di sole", mentre ogni cosa risulta "peggiore in bianco e nero" (l'aggettivo sarà cambiato da Simon molti anni più tardi in "migliore"). Nella coda della canzone Paul Simon raccomandava la mamma di non portare via la sua Kodachrome per nessun motivo. In effetti i colori Kodachrome apparivano brillanti anche a distanza di anni, tanto che qualcuno ha sospettato che il testo della canzone potesse parlare velatamente di sostanze psicotrope.
La seconda, è stato trovato morto Bobby Farrell. A San Pietroburgo.
Questo nome non dirà nulla oggigiorno, ma Farrell era la spina dorsale di uno di quei gruppi di euro-disco che hanno sedimentato migliaia di suggestioni a chi aveva dai dieci ai vent'anni negli anni '70.
Questo gruppo erano i Boney M , io li ricordo sempre come tre ragazze delle Indie Occidentali che cantavano i brani, più Bobby che ballava e recitava cantando. Il gruppo era in realtà una creazione dell'autore e produttore discografico tedesco Frank Farian , il quale "prestava" la voce a Bobby. I Boney M allargarono molto le nostre conoscenze culturali, allo stesso modo in cui la pellicola Kodachrome ci concesse - prima della Polaroid - di mostrare le nostre famiglie in vivaci colori.
Tanto per cominciare, con Daddy Cool noi intravvedemmo la possibilità che potessero esistere famiglie un po' meno convenzionali (oggi le chiamerebbero disfunzionali). Fondamentale per capire il testo la traduzione che a suo tempo fece il Sorrisi e Canzoni TV nella sua apposita rubrica - quella prima dei problemi d'amore a cura di Sigismondo - : Daddy Cool era tradotto come Paparino al gelo. Per non parlare della spiegazione successiva, dato che non lasciare un genitore senza almeno una coperta ci sembrava roba da codice penale: La canzone parla di una ragazza "matta come un cavallo", ma che in fondo vuole tanto bene al suo papà. Rincuorati da questa postilla ci mettevamo a ballare.



Grazie ai Boney M abbiamo saputo di personaggi storici tipo Ma Baker come non sono riusciti a fare centinaia di film di gangster . Era "La gatta più malvagia della vecchia Chicago" - sempre secondo la traduzione di Sorrisi e Canzoni TV - e l'intro con la voce temibile di Farrell-Farian , un "marchio di fabbrica" del gruppo, che dava al pezzo una certa aura di storicità.


E' però con Rasputin che Farian e i Boney M fanno il capolavoro (il successo seguente, Rivers of Babylon, col testo basato sul Salmo 137 della Bibbia di Re Giacomo, se vogliamo è più "melodico", ma meno incisivo). Dall'intro in stile Santa Esmeralda con tanto di balalaika fino al testo - con il quale abbiamo fatto conoscenza della leggenda del dissoluto monaco Rasputin alla corte dello zar Nicola II. Ed era curioso ballare un pezzo che parlava della "macchina dell'amore più potente della Russia" , che era " l'amante della regina russa", la quale, non lo considerava "un intrigante", ma soltanto "un santo guaritore che avrebbe salvato suo figlio". alla fine Rasputin fa una brutta fine, non riuscendo ad avvelenarlo "gli spararono fino a che non morì". La voce finale commenta: Oh, those Russians... Un perfetto Bignami storico da fare invidia a Franco Battiato con la sua Prospettiva Nevski, dove "per caso c'incontrò Igor Stravinski"



Oggi, in tempi di talent show e gare televisive di ballo all'ultimo sangue un gruppo strutturato come i Boney M, con tre donne quasi ferme davanti a un microfono e un uomo in tutine impaillettate che declama in playback e piroetta farebbe forse sorridere, ma alla fine degli anni '70 era il massimo dell'esotismo europeo in chiave disco - un gruppo delle Indie Occidentali, creati da un produttore tedesco, con un frontman delle Antille Olandesi - . Come le pellicole Kodachrome, erano brillanti e nonostante le accuse di "falsità" che allora fioccavano sulla musica disco, a rivederli adesso risultano molto più "autentici" di tanti fenomeni moderni. In questo video del 2010 Bobby Farrell interpreta se stesso: un performer che non nasconde i suoi anni - lo si vede indossare una parrucca e passare dal un completo gessato alla sua proverbiale tutina di lustrini - ma che è felice di fare quello che ha sempre fatto, fino all'ultimo. E' la miglior testimonianza che ci potesse lasciare.