I cinematografari





"Dopo la TV c'è il cinema, dopo il cinema la radio, e poi la morte..."



Vicino casa vedo spesso i caratteristici camion portattrezzi e furgoni con dentro le rastrelliere con i costumi appesi ognuno ad una gruccia, con il nome dell'attore/trice segnato a penna su un foglietto a quadretti preso da un bloc-notes. A volte i contenuti di questi furgoni escono dalle portiere e invadono gli spazi fra il marciapiede e la zona della strada preposta al parcheggio. Così si vedono ferri da stiro collegati a caldaie a vapore sopra assi da stiro a fiorellini e cavi, cavoni e cavetti collegati ad enormi prese dove non si riesce a distinguere il Maschio dalla Femmina.  

Attorno a questo armamentario fanno la guardia alcuni loschi figuri; si distinguono dai buoni villici del posto per l'atteggiamento che hanno nei confronti del territorio. Stanno seduti sulle seggiole o in piedi avvinghiati ai telefonini a sbracciarsi di qua e di là. Si vede che non hanno il senso dello spazio che possiedono coloro che vivono da tanto tempo in un posto. Stanno con gli occhiali da sole dalla montatura pesante (quelli che vogliono apparire cool) o con i giacconi e la barba di tre giorni. Se chiedi cosa stanno girando, il più delle volte ti rispondono stracchi: una fiction , o il titolo del film con l'aria di dire: che, non lo sai? Si rivolgono ai succitati buoni villici con lo stesso tono che si usa per farsi dare le cose, un misto di pazienza e persuasione coatta. Sembrano sempre in attesa di qualcosa, e in effetti girare una scena comporta al novanta per cento dei casi l'attendere qualcosa o qualcuno. Sono i lavoratori dell'immagine in movimento o, volgarmente (sempre secondo i buoni villici del posto), i cinematografari. Qualche volta hanno la barba di due giorni, a volte i capelli legati dietro con l'elastico, sempre col giaccone.
Un film recentissimo dedicato al mondo di questi operatori - tratto da una serie televisiva che però è andata in onda sul satellite, così l'hanno vista color che sanno - è Boris - Il Film .  La parabola dello sfigatissimo regista Renè Ferretti
che vorrebbe lasciare lo schifoso mondo della fiction a puntate per girare un film di denuncia sulla Casta ma che viene risucchiato dall'ancor più schifoso mondo del cinema e costretto a trasformare l'incendiario script in un cinepanettone pieno di volgarità non è nuovissima come idea .Ogni tanto infatti compare sullo schermo la storia di un regista che vorrebbe fare il film di alto livello ma le cui buone intenzioni sono stoppate dal crudele mondo del cinema commerciale che vorrebbe, appunto, realizzare cose commerciali. Il divertimento di questo tipo di soggetti sta nell'osservare fino a che punto il malcapitato cineasta è disposto a svendersi, e se il film così trasformato avrà successo o no. In Boris vengono descritti nelle loro aberrazioni tutti i componenti di un sistema chiuso che a volte fatica ad  arrivare al grosso pubblico:  il produttore televisivo che ha paura di trattare con le case produttrici "di nicchia", dato che teme di finire per indossare pelosi maglioni girocollo e occhialetti; la Grande Attrice afona-passiva-aggressiva; l'attrice "cagna maledetta" che trova un barlume di recitazione fissando su un foglietto il quesito 8 X 12 ; gli sceneggiatori che fanno scrivere i trattamenti al domestico filippino mentre loro giocano a tennis; il direttore della fotografia che sovraespone e basta e gli altri animali del serraglio del set possono essere goduti appieno solo se si hanno presente coloro ai quali si ispirano (sospetto che fra quelli che hanno visto con me Boris all' Arena di Piazza Vittorio parecchi fossero "del mestiere"). Renè non ha abbastanza - o non gli viene riconosciuto - talento per comandare su tutti, (a differenza di un Pallottole su Broadway dove il talento drammaturgico di un gangster, sia pure in extremis, viene premiato), cosicchè la sua sconfitta morale e artistica a un certo punto viene inconsciamente desiderata. Ed è infine, nel buio della sala fra le mille risate, Natale con la Casta, che mette d'accordo persino i produttori intransigenti col profilo affilato e il golfino blu. Qual è allora la morale della parabola? Che la Concorrenza in realtà si fa concorrenza da sola, purché uno chiuda gli occhi per un attimo? Che l'unico modo di descrivere la Casta è quello sbrindellato dei cinepanettoni?  E 'sti c...? Che il giovane Ratzinger deve correre sul prato al ralenti  con una colonna sonora "emozionante"? Che Gianfranco Fini deve comparire nel film a tutti i costi? Boris - Il Film non accusa nessuna delle fazioni in lotta, fa vedere il cinema italiano dall'interno della casa di Boris: che è un pesce.

2 commenti:

dona ha detto...

La tua descrizione degli "addetti ai lavori" mi fa rivivere l'invasione di massa della mia piccola e tranquilla isola da parte di interi branchi di questi curiosi individui. L'occasione è, naturalmente, l'annuale Mostra del Cinema: croce dei comuni residenti e delizia di albergatori e ristoratori.
Chi può, scappa e se ne va in vacanza. La reazione di chi è costretto a restare è un misto di insofferenza (per essere costretti a dividere il pochissimo spazio a disposizione con gente parecchio sregolata), curiosità (tipo quella davanti alle gabbie dello zoo), presunta superiorità padana convinta di osservare una transumanza di nullafacenti.

Tamcra ha detto...

Cara Dona,
Attualmente c'è un piccolo branco situato davanti al mercato di Piazza Vittorio che sta girando una fiction che si chiama Una famiglia italiana . Ho visto due donne farsi largo in mezzo alla piazza tra i residenti cinesi con una cinepresa sopra un carrello...