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Lo strateggismo pubblicitario

"E' bellissimo!"


C'era una volta lo spot trash .
Nacque qualche anno dopo l'arrivo delle prime tv private a diffusione regionale, che presentavano pubblicità ben diverse da quelle dei canali RAI (allora gli unici esistenti su suolo nazionale), date le ristrettezze di budget e la povertà dei prodotti che presentavano. C'erano scenette con sfondi miseri, recitazioni approssimate, slogan urlacchiati. Tutto contribuiva a suscitare l'ilarità degli spettatori televisivi "normali" (Tu l'hai vista la TV X? Ah ah, certe risate! Ma come gli vengono così squallide!) Infatti dopo un po' di tempo circolarono i primi spot dichiaratamente ispirati al modello "basso", come questo, praticamente introvabile, per l'album Uccelli d'Italia del gruppo demenzial-volgare degli Squallor:





Oggi non c'è più una separazione netta fra pubblicità "alta" e "bassa", così si possono incontrare esempi di spot incredibilmente squallidi che però una volta fagocitati dalla Rete sono diventati il successo del momento. Il nome di Alfonso Luigi Marra è sulla bocca di tutti, come neanche Moccia ed Alberoni con sua moglie sono riusciti a fare in anni ed anni di onesto lavoro nel campo dei media:





Quello che non si riesce a capire è se Il labirinto femminile sia veramente uno spot orribile, opure se sia stato creato appositamente così, come i due scalcinati impresari di Broadway in The Producers di Mel Brooks (2005) mettevano in scena un musical inneggiante al nazismo per fare fiasco e intascare i soldi.

Comunque, di spot dal contenuto veramente trash è piena la televisione. ad esempio, tutti quelli dei profumi pour homme , i quali trasudano imbarazzo per quello che devono reclamizzare, e così squadernano zaffate di comunicazione "alta" per rendere nobile l'attività del profumarsi per un uomo, che però diventa fatalmente "bassa" quando incombe l'esigenza di vendere il prodotto nelle profumerie per Natale. Ad esempio, abbiamo in D&G The One Gentleman Matthew McConaughey che fa il gentiluomo e copre le gambe della fanciulla assopita sul divano il giorno dopo.





Lo spot è in bianco e nero, segno di classe e distinzione da Woody Allen in poi, ma è l'espressione da panino imbottito di McConaughey che fa precipitare il tutto. La scena finale in cui contempla le onde, poi, è il massimo: quando si vuole dare un'aura di finezza intellettuale a qualcuno, lo si manda in riva al mare, possibilmente d'inverno.
Ma è nella trasgressione più selvaggia che la pubblicità diventa veramente trash senza averne l'intenzione.
"Ehi, ho una splendida idea per la campagna italiana 2010 della Renault Twingo Miss Sixty! Avete presente quella serie che va tanto, quella tanto trasgressiva, pensate che alla Rai non l'hanno voluta, quella con le lesbiche, come si chiama? Ecco, facciamo una situazione così. Festa, lei guarda lei, ammicca, la invita in camera, si spoglia, l'altra la benda e..."
"...E?"
"E poi le prende il vestito lasciandola bendata sul letto, corre verso l'auto e si accorge che è dello stesso colore del vestito che ha appena rubato! Fichissima questa! E pure un po' porca!"
E fu così che, dopo sei anni buoni, anche l'Italia si accorse della serie The L Word. (Fra dieci anni aspettiamoci pubblicità in stile Mad Men).
Il problema è: lo spot reclamizza l'auto o il vestitino rubato?





Comunque neanche gli altri paesi sono immuni dal trash, e qui nel Regno Unito al posto di Amalia con gli Uccelli d'Italia abbiamo il commentatore sportivo Tim Lovejoy (un nome che è tutto un programma) che con la scusa di aver bruciato l'arrosto cerca di rimorchiare la sultry vicina di casa italiana con i tortellini Giovanni Rana. Naturalmente c'è il compendio di tutti i luoghi comuni oltremanica sulle donne italiane (Sophia!), ma non è questo il punto. Il sublime, ancora una volta, è dato dall'espressione estasiata dell'uomo, qui di Lovejoy - per la vicina o per i tortellini?- che fa dello spot , con la sua fotografia sui toni dorati e seppia, una sorta di versione aggiornata di Camera con vista di James Ivory (1985). Un esempio di trash simpatico.





Il trash, come la mondezza in generale, tracima nelle nostre vite e nei nostri pensieri, e non è più trattato in modo "ironico" - che testimonierebbe distacco, quindi l'esistenza di un qualcosa non pattumesco -, ma ormai è impastato con la parte "alta" del nostro modo di sentire. Ed è la parte "alta" ormai quella che deve fare in continuazione i conti.
Amalia?

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The Day After Christmas


Vengo da Orte!!!


Santo Stefano è il santo più sfigato dell'anno.
Tanto per cominciare, lo hanno messo il giorno dopo Natale perché è il primo martire (il Protomartire) della cristianità. Quindi, dato che viene dopo Natale, non ha una festa nazionale a lui dedicata il 26 dicembre, ma una la prima domenica di settembre a Milazzo. Poi, dato che morì lapidato e quindi è un esperto in pietre, si rivolgono a lui tutti quelli che soffrono di calcoli renali e mal di testa, oltre a spaccapietre e muratori. Inoltre non viene neanche riconosciuto come Santo Stefano Protomartire nei paesi del Commonwealth, ma Boxing Day, detto così perchè vi era l'abitudine di regalare qualcosa ai dipendenti o ai poveri il 26 dicembre. Così dalle pietre si è passati alle scatole.
Il 26 dicembre è il giorno più triste dell'anno.
L' atmosfera è simile a quella di una domenica a cui è stata appiccicata dietro un'altra domenica. Una domenica di seconda scelta. Uscendo per strada, si ha a che fare con individui che hanno delle strane cose addosso: a una seconda occhiata, ci si accorge che indossano i regali del 25. Altri portano invece scatole squarciate e nastri penzolanti in mano, pronti per essere buttati.
Il 26 si fanno principalmente due cose: si entra in macchina con uno o più parenti venuti per l'occasione, faticando a trovare il posto nell'auto gelata e piena di gente imbottita di piumini cappotti e regali indossati; oppure si aspetta l'autobus.
Gli autobus o tram il 26 non passano allo stesso modo in cui non passano nei giorni festivi. Ci si pone al centro della strada semideserta, e la desolazione è superiore a quella del Natale che porta con sè almeno un po' di aspettative in più. Il 26 non c'è più il Pranzo di Natale, ma - il più delle volte - gli Avanzi del Pranzo di Natale, mentre i regali sono stati scartati e le partite a carte o tombola consumate. Si dovrebbe dedicare questo giorno a mettere la testa fuori di casa, solo che tutta la polvere dorata del 25 si è ormai posata, e anche l'attendere un mezzo per andare in centro ha perso quel po' di fascino che aveva il giorno prima, e tu ti ritrovi a fare la stalagmite (stalattite se ti spenzoli da un albero) accanto alla palina.
Poi arriva.
Gli autobus del 26 gracchiano e sbuffano come poche cose al mondo, in compenso sono pieni di persone "che per questa volta hanno preso il mezzo pubblico così vedono il centro il 26". Gli autisti degli autobus del 26 hanno la stessa espressione dei cavalli delle carrozzelle.
Il viaggio si presenta periglioso, perché i neofiti dei mezzi non capiscono quando si arriva ad una curva, e puntualmente quelli che fra loro sono in piedi vanno a sbattere da qualche parte. I più buontemponi sono i gruppi di famiglie del Nord Italia, non trovano mai i corrimani e a ogni curva si chiamano l'un l'altro come se fossero su un aereo e avessero appena passato una turbolenza.
Dopo varie curve pericolose - dovute al traffico minore su strada - si giunge pigiati uno sopra l'altro al fatidico Centro quasi del tutto chiuso e attraversato da crocchi di stalagmiti che hanno preferito andare a piedi. Ogni tanto s'incontra una gelateria artigianale, e io tutte le volte mi chiedo "perché?" Perché questi buchetti freddi con l'illuminazione tipo tavolo operatorio che vendono cose fredde il 26 quando fa un freddo cane? Dopo le gelaterie mortuarie arrivano i pub catacombali. A parte le lucine natalizie e i cartelli "Caipiroska/Mojito/Sex on the Beach € 5.00, un litro € 15,00", lo scopo di un pub è di essere il più buio possibile, in modo da dare una vera atmosfera "inglese". Infatti i camerieri si muovono al bancone come i pipistrelli. Si vedono tavolini con turisti che mangiano -solo loro, dato che sono le sei del pomeriggio - e una giapponese addenta il frutto proibito: gli spaghetti affogati nel pomodoro. Non ho grande esperienza di cucina, ma riconosco sempre il sugo da ristorante turistico: funzionale, oleoso, semiliquido, deve lubrificare e condire allo stesso tempo.
In realtà il 26 dicembre non si sa cosa fare esattamente: i regali li abbiamo già scelti, i negozi sono chiusi e così non possiamo cambiare quelli che hanno fatto a noi, già incominciano a fioccare i CosafaiperCapodanno? che mettono ancor di più in agitazione - e verrebbe da rispondere Aspetta che trovo il liquido per sghiacciare le ali dell'aereo, e poi vedi. Ci si ritrova a girare in tondo per poi riprendere senza accorgersene la strada di casa, questa volta dentro un bus in compagnia di un signore di Orte, vengo da Orte (L'ha detto lui, e gli altri passeggeri annuiscono gravemente) in apnea, tre giovani del Bangladesh con gli ombrelli invenduti e una madre col figlio pesanti un quintale circa cadauno (A mà, voglio la pizza cò le patate!) e altre ottanta persone imbottite nel piumino scuro. Quando al capolinea scendono tutti, la madre e il figlio che voleva la pizza con le patate si avviano dondolando in mezzo ai tappetini degli extracomunitari che vendono bambole tipo "Che fine ha fatto Baby Jane?"
e palline di plastica che vengono spiaccicate al suolo e riprendono la loro forma originaria dopo qualche secondo, come nella scena finale de La morte ti fa bella. Anche il Natale è così: il 24 dicembre si lancia la festa, il 25 finisce per terra e alla fine del 26, dopo un po' di immobilità la vita torna ad essere quella di prima.

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Una notte con...

La copertina originale di One Night with You

La Notte è ormai passata.

Quella di Natale, non quella di cui cantava Rod Stewart nel 1976 per convincere una bella fanciulla (all'epoca Britt Ekland) ad aprire le sue ali - ci siamo capiti -. Molte canzoni hanno nel titolo il tema della notte, abbinato a quello della persona con cui ci si vanta di averla passata, o con cui si spera di passarla. One Night With You appartiene alla seconda categoria. All'inizio questo pezzo - che nelle prime battute può ricordare un po' 'O Sole Mio - si chiamava One Night of Sin , ed era un tipico brano terzinato di matrice R'n'B, cantato nel 1957 da Smiley Lewis:





Ecco un'altra versione, da parte di Fats Domino:



Elvis Presley volle cantare anche lui questa canzone.
Il problema era il testo.
Quello di One Night of Sin diceva:

One night of sin
Is what I am payin' for
The things I did and I saw
Would make the earth stand still

Don't call my name
It makes me feel so ashamed
I lost my sweet helping hand
I got myself to blame

Always lived
very quiet life
Ain't never did no wrong
Now I know that very quiet life
Has cost me nothing but harm

One night of sin
Is what I am payin' for
The things I did and I saw
Would make the earth stand still



Questa è una traduzione (quasi) letterale:

Una notte nel peccato
E' quello che sto pagando
Le cose che ho visto e fatto
Farebbero spavento a chiunque


Non dire il mio nome
Mi fa vergognare così tanto
Ho perso quella dolce mano dal Cielo
La colpa è mia soltanto.

Ho sempre vissuto
una vita tranquilla
Non ho mai fatto del male a nessuno
Ora so
Che quella vita tranquilla
Mi ha portato nient'altro che dolore.

Una notte nel peccato
E' quello che sto pagando
Le cose che ho visto e fatto
Farebbero spavento a chiunque



Evidentemente, per il 1957 quella della canzone era una situazione troppo ardita da proporre a un pubblico bianco (i testi degli artisti afro-americani erano da sempre sottoposti a censure quando dovevano superare la linea musicale del colore). C'era un uomo che aveva commesso un terribile peccato, probabilmente di natura sessuale, probabilmente con un'altra donna, roba da far "fermare la terra" - ed è curioso che il film Ultimatum alla Terra di Robert Wise (1951) si chiami nell'originale The Day The Earth Stood Still , ossia "Il giorno in cui la terra si fermò" -. Quando Elvis Presley scelse questo pezzo per rilanciare la sua carriera dopo il servizio militare in Germania (c'erano già i Beatles e il mondo della musica era in parte cambiato), dovettero cambiare il testo "peccaminoso", e ne uscì fuori questa versione:

One night with you
Is what I am praying for
The things that we two could plan
Would make my dreams come true

Just call my name
And I'll be right by your side
I want your sweet helping hand
My love's too strong to hide

Always lived
Very quiet life
I ain't never did no wrong
Now I know
that life without you
Has been too lonely too long

One night with you
Is what I am praying for
The things that we two could plan
Would make my dreams come true




Ed ecco la traduzione:


Una notte con te
E' quello per cui sto pregando
Le cose che potremmo fare insieme
Farebbero i miei sogni realtà

Chiamami una sola volta
Ed io sarò al tuo fianco
Voglio che la tua dolce mano mi aiuti
Il mio amore è troppo forte per nasconderlo

Ho vissuto
Una vita molto tranquilla
Non ho fatto mai del male a nessuno
Ma ora so
Che la vita senza te
E' stata troppo sola troppo a lungo


Una notte con te
E' quello per cui sto pregando
Le cose che potremmo fare insieme
Farebbero i miei sogni realtà



La tensione viene così spostata dal rimorso per il peccato commesso al desiderio di un qualcosa chesi vorrebbe commettere. In un certo senso la versione "addomesticata" è molto più "pericolosa" da un punto di vista strettamente morale rispetto all'altra; ha anche dei punti piuttosto controversi a sentirla bene: si parla di una "dolce mano" che viene in aiuto e di un amore "troppo grande da nascondere", ma questa è la grandezza del pop: può essere interpretato come meglio si crede. In seguito Elvis riprese la canzone con il testo originale nel 1983:



One Night of Sin venne interpretata da molti, incluso un presleyano Marc Almond con tanto di sax a fianco nella colonna sonora del film Mojo (1997),ambientato a Londra, nella Soho di fine anni '50 del secolo scorso (fa impressione scriverlo, eh?):



Una versione particolare è stata data l'anno scorso da Jarvis Cocker in occasione di un concerto a Londra tenuto nell'ottobre del 2010 che vedeva schierati sul palco il chitarrista Duane Eddy, noto per l'assolo alla chitarra nel Peter Gunn Theme di Henry Mancini - reso celebre anche da una famosa scena dei Blues Brothers (1980) -, Richard Hawley, e la cantautrice Ellie Goulding .
Qui Jarvis, dopo aver detto al pubblico che lui ed Elvis condividono tre lettere del nome, conclude dicendo che avrebbe provato a interpretare un suo brano. I cinque minuti seguenti lo vedono scatenarsi appunto in One Night With You come se fosse posseduto dallo spirito dell'Uomo di Tupelo, a metà strada fra l'omaggio e l'esibizione che potrebbe fare un qualche parente particolarmente brillo al vostro matrimonio.



Il video è di qualità pessima - ripreso con un cellulare, quasi un bootleg- ma JarvElvis c'è tutto.



Un altro video, questa volta professionale.



Il risultato è una cover di una cialtroneria sublime, simile a quella che Renzo Arbore fece di Are You Lonesome Tonight nel suo Pap'Occhio (1980)




 o, rimanendo sempre a Sud-Est dello Stivale, il primo Leone Di Lernia con Ce 'Nce Na Ma Sci (che non so cosa voglia dire, dato che è dialetto tranese):





Insomma, Cocker rimette il sin dentro One Night With You, rispedendo questo brano indietro nel 1957, fra fumosi locali e juke-box con dischi che non dovevano essere ascoltati dal pubblico bianco medio.

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Ultimi acquisti di Natale

Alcune idee all'ultimo minuto per farvi ricordare per sempre a Natale:



1) PANTOFOLE SIGMUND FREUD

Farete venire l'invidia del piede con queste pantofole! Anche i vostri calli libereranno il loro inconscio!




2) ZOMBIE DA GIARDINO


Basta con i soliti nanetti! Mettete anche voi tutta l'inquietudine del mondo moderno nel vostro giardino, e neanche il vicino di casa oserà fiatare!



3) BAMBOLA URLO DI MUNCH



Urla sul serio quando la premete! Esprimete il vostro stato d'animo con questa icona del Novecento!





4) TENDA DELLA DOCCIA DI PSYCHO



Stupite i vostri amici quando vorrebbero farsi una doccia (o semplicemente andare a lavarsi le mani)! Sì, Norman è tornato in città!




5) TESTA DI CAVALLO MORTO

Ecco infine un classico che si porterà sempre! Questa testa-cuscino in peluche, citazione dalla famosa scena del Padrino , farà cambiare rapidamente idea a chi la deve cambiare! Per il vostro Natale, un'offerta che non potete rifiutare!





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La gente sono brutti


Ti manca la beissline...



Alla fiera del libro di Roma ho riso lungamente da sola e ho visto il futuro della musica davanti allo stand della Castelvecchi.
C'era un libro sull'opera dell'artista "di strada" Banksy e, a sinistra, una copertina con una ragazza che addenta un vinile. Sembra la copertina di un disco degli anni '80, ho pensato. Infatti la ragazza ha i capelli frisé, cosa che andava molto all'inizio di quel decennio.
Una volta entrati, cioè una volta aperta la prima pagina, ci si imbatte nel titolo del primo capitolo: La gente sono brutti. Non è un errore, ma la trasposizione libera del titolo della canzone dei Doors, People Are Strange . E la gente che l'autore incontra nel suo negozio di vinili a Torino sono veramente brutti.
Cos'è che rende la gente brutti? Il soggiacere a una passione sola, che fa scartare tutte le altre e fa vivere la vita al perenne inseguimento dell'istante supremo in cui si è certi di averla domata, questa passione. Cosa che non avverrà mai. In questo caso, il demone si materializza nel disco, o meglio, in tutto quello che il disco ha significato nel 20° secolo. Da qui partono i quesiti più strani che i clienti fanno ai due proprietari del negozio di dischi:

"Ce l'ha Amafun?"
"Cosa?"
"Amafun di quelli là, quelli del muro"
Panico.
"Vuoi dire The Wall dei Pink Floyd?"
"Sì però cercavo Amafun"
Panico 2.
"Forse The Dark Side of the Moon?"
"E, dai, quello lì".

"Comprate dischi di gente morta?"
"In che senso, morti i musicisti o morto chi lo vende?"
Ci pensa.
"Entrambi".

"Morricone era uno dei Camaleonti, vero?"

"Stavo cercando qualcosa do orientale-campionato"
"Tipo?"
"Ha presente Gazebo?"
"Altroché!"
"Ecco, faccia conto Gazebo, ma senza la voce e più orientale"
"Capito. Non abbiamo niente". (*)


La descrizione che Maurizio Blatto, l'autore-negoziante-demiurgo-psicanalista fa dei suoi clienti va oltre la sorridente bonomia che si riserva al mattocchio sgrammaticato cui capita d'imbattersi. Questa è gente tosta, provata dalla vita, che ha scelto nella propria esistenza di donarsi a uno o più generi musicali, venerando vinili di nascosto da fidanzate, mogli e figli.
Io ho sempre avuto paura dei negozi di dischi.
Quando ero più giovane spendevo parte del (mio) magro stipendio in LP (allora non c'erano i CD, e nemmeno Internet) da trasferire eventualmente su musicassette - era l'era dell'impianto stereo scuro scuro con giradischi col coperchio trasparente, radio, amplificatore e registratore a una piastra o due e due casse a lato, che se ti sbagliavi a premere un tasto passavi l'ora seguente a cercare di capire perché il disco non emettesse alcun suono - Ogni volta che entravo nel negozio di dischi era una lieve sofferenza, e non riuscivo a capire perché. Ora, dopo aver letto questo libro, capisco.
I negozi di dischi sono l'ultimo baluardo di una religione che si sta per estinguere. Io temevo inconsciamente, entrando e vedendo tutti quegli scaffali pieni di vinili, che se avessi tuffato le mani (che nel libro è indicato come "fare il castoro" ) nella sezione sbagliata sarei incorsa negli sguardi di compatimento del personale. Magari non era vero niente, ma l'idea di tirare fuori un disco e sentirmi inadeguata era troppo schiacciante. Preferivo poi non chiedere nulla al personale dietro il banco, temendo sonore risate. Mi documentavo prima e andavo a colpo sicuro, come si fa con gli assorbenti. Ne L'ultimo disco dei Mohicani c'è questo dialogo continuo fra il maniaco dei dischi (o "gabbia", nel senso che è scappato da un manicomio) e il venditore dei dischi stessi, che a volte cerca di sfuggire di fronte a delle manifestazioni di follia pura, a volte lenisce gli stati di disagio dei clienti mollandogli vinili "curativi" - il "secondo dei Black Rebel Motorcycle Club" ricorre spesso tra le pagine - , a volte invece si commuove e magari compra la misera collezione di un povero cameriere truffato e in bancarotta che voleva tanto comporre endecasillabi .

Nella descrizione surreale della vita da venditore di vinile (Nick Hornby nel suo Alta Fedeltà affronta un tema simile, ma lì un ammuffito negozio di dischi si fa metafora della vita di un uomo che non riesce a cambiare), Blatto afferma in modo irresistibile un concetto tristissimo: che l'uomo senza passioni non è nulla, ma che allo stesso modo le passioni sono proprio quelle che contribuiscono a ucciderlo. L'uomo, perché praticamente nessuna donna è raccontata mentre cerca o vende dei dischi - se si esclude un'esagitata signorina che prorompe in insulti pazzeschi quando le vengono rifiutati i suoi LP - le donne vengono messe sullo sfondo come mogli furenti e disperate dei collezionisti "con la scimmia del vinile", o conquiste non si sa quanto vere a suon di David Sylvian da parte di loschi figuri con

cravatta da agente immobiliare, con un nodo grosso come un pugno di Bud Spencer, basette stile tangenziale, con rientri e sfumature sulle due gote, ochiali da sole tirati sui capelli (in pieno febbraio) e mocassini da aperitivo in centro.(*)

Come mai non ci sono le donne? Blatto non si dà spiegazioni - e nemmeno Hornby - ma temo che una donna preferisca apprezzare la musica ascoltandola, piuttosto che stipare in una stanza centinaia di pezzi di plastica neri ciascuno dentro due buste (quella interna bianca viene chiamata "mutanda", non a caso). Molti uomini preferiscono invece affidare quel po' che rimane loro della vita accumulando oggetti, fra cui i dischi. O forse, più semplicemente, alle donne non viene concesso spendere per i padelloni (per le padelle, sì).
Ancora oggi, quando passo davanti a un negozio di dischi - quelli veri, non le catene che vendono gli stessi CD - provo un vago senso d'ansia. Mi manca la beissline, come dice uno dei racconti più belli, di cui esiste una lettura con sottofondo musicale a cura degli Offlaga Disco Pax:



I brani contrassegnati con (*) sono tratti da L'ultimo disco dei Mohicani, di Maurizio Blatto, ed Castelvecchi, 2010

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Alla Fiera del Libro



Considera l'aragosta: il manifesto di Più Libri Più Liberi 2010


La fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi si è conclusa da qualche giorno.
Io c'ero (come tutti gli anni, del resto). L'idea di scovare dei titoli che probabilmente non faranno mostra di sè da nessuna parte mi fa sopportare volentieri la scarrozzata di un'ora circa da dove abito fino all'EUR. Per chi non lo sapesse, sono quasi cinque chilometri. Una volta saliti sull'autobus e procedendo indomiti lungo la Cristoforo Colombo - l'arteria principale che conduce Roma ad Ostia e al litorale - , s'intuisce tre fermate prima dell'arrivo quelli che devono scendere per la fiera.
Hanno tutti la sportina di tela.
Ci deve essere un legame profondo fra le sportine di tela, dotate di manici lunghi che se solo le riempi per metà ti segano la spalla in due, e la Fiera del Libro. Non c'è nessuno che si porti appresso, che so, una borsa di Prada o una Louis Vuitton (taroccate o meno): molti hanno l'esigenza di portare queste scomodissime borse stampate in vari modi, dal negozio bio a Mafalda appena alzata che dice Oggi mordo! Seguendo le sportine, si arriva all'atrio del Palazzo dei Congressi, dove è stata allestita un'enorme biglietteria in cima alla scalinata. Qui si scatena la ridda degli aventi diritto con in mano biglietti di vario tipo: completamente gratis, con riduzioni varie, interi. Ai due lati della biglietteria spazzata dal vento freddo dell'EUR (la fiera è a dicembre) battono i denti i librai più sfigati dell'universo: i venditori africani di libri con storie africane dentro. Cercano di inseguire in mezzo al vento i partecipanti alla fiera con i loro volumi africani, confidando nel latente senso di colpa che alberga in tutti quelli che comprano i libri (e che non alberga affatto sulle spiagge fra i potenziali clienti dei venditori ambulanti di aquiloni e asciugamani). Dopo essere sfuggiti alla morsa del terzo mondo - perché il terzo mondo preferiamo godercelo al caldo dentro al Palazzo con un espositore possibilmente della nostra etnìa a spiegarci le cose - ci vengono schiaffati in mano dei volantini con uno sconto nel caso volessimo fiondarci a comprare un eBook , o lettore di libri elettronico. Con i volantini in mano varchiamo la soglia della Fiera, e ci accolgono i vari stand con le trasmissioni radio in diretta dall'evento, i vari salottini microfonati si accavallano fra di loro mentre tu cerchi di capire chi intervista chi. Fuori dai salottini in fila, il formicaio degli stand si stende davanti agli occhi: non è Francoforte o Torino, ma vista dall'alto la fiera fa una certa impressione.


Le case editrici piccole o medie trattano cose che voi umani non potreste (infatti molti degli operatori avevano un'espressione da replicante). Sono stata corteggiata a lungo da un signore che voleva vendere dei testi che avrebbero "cambiato il mondo", ho stretto la mano alla famosa traduttrice letteraria Susanna Basso, sono stata mandata da uno stand all'altro in cerca di una persona che conoscevo e che sapevo essere lì . Intorno le sportine danzano e ciascuno si riempie di primi capitoli di libri come se fossero figurine. Ne ho uno su un omicidio ambientato nella Londra vittoriana (luogo ideale per omicidi e perversioni, meglio di Stoccolma). Quello che mi affascina sono non le piccole, ma le piccolissime case editrici che danno gadget a tutti affinchè ci si ricordi di loro. Ho persino dei talloncini con le copertine dei loro libri - tra l'altro lo sforzo che fanno i grafici per le copertine è inversamente proporzionale alla grandezza della casa editrice - Qui un esempio di grafica minimal-anni '50 dalla 66thAnd2nd :




Oppure quest'altro, più tradizionale, dalla Hacca:



Un esempio del tipo di gente che si può trovare alla fiera lo si può trovare in questo piccolo slide show leggermente rielaborato da me in forma pittorica:




Uscendo dalla fiera sul far della sera si ripomba dal rosso dell'interno al buio dell'esterno, e si finisce per acquistare sulla scalinata anche il libro di ricette dell'Africa equatoriale che il venditore - buio anche lui - ti porge sapendo ormai che tutti quei libri hanno finito per aumentare i tuoi sensi di colpa nei confronti del mondo. Alla fermata dell'autobus direzione centro incontri crocicchi di persone che sono anche loro experienced come te, e stanno accasciate sulla semi-panchina anti-bivacco, un gluteo sì e uno no e il resto del corpo bilanciato dalla sportina i cui manici fanno sanguinare le mani.
Perché chi va alla fiera del Libro è, sotto sotto, un martire.

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Il suicidio indolore




Temo la pace più di ogni altra cosa...


La morte di Mario Monicelli echeggia altre morti "misteriose" come quella dello scrittore Franco Lucentini o anni addietro di Primo Levi. Il suicidio è già una cosa che i superstiti, quelli che rimangono a guardare dall'altra parte del davanzale o in cima alla tromba delle scale "non si sanno spiegare". Tutti si scervellano e cercano indietro nel tempo "il punto in cui", la svolta che avrebbe innescato decenni più tardi la bomba del suicidio. Intere genealogie familiari vengono scartabellate e sconvolte, battaglioni di amici parenti e infermieri vengono interpellati, e ognuno ripete che, sì, era un po' provato/a, ma aveva scherzato e parlato con loro fino alla sera precedente (è sempre la sera precedente). Era in una botte di ferro, aveva ripianato tutti i suoi debiti, che aveva veva una famiglia, aveva chiuso con il suo passato, aveva il futuro davanti a sè...
Immagino sempre la persona distesa sopra il pavimento,o sul selciato, o nella sua stanza con la polizia intorno a fare i rilievi, che sente al'improvviso tutto questo alveare di commenti su di sè, e non so mai se gli/le viene da ridere o se gli/le viene rabbia per non essere stato ascoltato/a prima. In M*A*S*H di Robert Altman (1973) c'è una canzone che ha fatto storia: si chiama Suicide Is Painless e fu composta per il film da Johnny Mandel per la musica e dal figlio di Robert Altman, Mike,di appena 14 anni. La cantano in una celebre scena l'unità di medici chirurghi a un loro collega, il dentista capitano Waldowski detto Painless Pole (doppio senso fra "il polacco indolore" e "il palo anestetico") per meriti di dotazione - Cassiodoro nella versione italiana del film - , che era caduto in depressione dopo una cilecca con un'infermiera (Sarò mica gay ?) e aveva manifestato l'intenzione di suicidarsi. Per fargliela passare, i dottori, disposti come nell' Ultima Cena, inscenano il suicidio di Cassiodoro dandogli una capsula di cianuro che in realtà è un sonnifero e facendogli trovare nella "bara" al suo risveglio l'infermiera "Midnight" . La "cura" funzionerà perfettamente.




Through early morning fog I see / visions of the things to be


Questo è il testo della canzone:

Through early morning fog I see
Visions of the things to be
The pains that are withheld for me
I realize and I can see

That suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

I try to find a way to make
All our little joys relate
Without that ever-present hate
But now I know that it's too late,

and suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

The game of life is hard to play
I'm going to lose it anyway
The losing card I'll someday lay
And this is all I have to say,

that suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

The only way to win is cheat
And lay it down before I'm beat
And to another give a seat
For that's the only painless feat,

'cause suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

The sword of time will pierce our skins
It doesn't hurt when it begins
But as it works its way on in
The pain grows stronger - watch it grin

Suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

A brave man once requested me
To answer questions that are key
Is it to be or not to be?
And I replied, "Oh why ask me?",

'cause suicide is painless
It brings on many changes
And I can take or leave it if I please.

And you can do the same thing if you please.


Questa, invece, la mia versione italiana:


UCCIDERSI E’ INDOLORE


All’alba io intravedo già
Quello che succederà
Le angosce riservate a me
Ora capisco e mi è chiaro che…

(Chorus)

Uccidersi è indolore
E cambia tante cose
Posso restare o andare se mi va.

Cercando un modo di salvar
I nostri bei momenti da
l’odio che dappertutto sta
Ma ormai più niente c’è da far…

(Chorus)

La vita è un gioco duro assai
Comunque vada, perderai
L’ultima carta lascerai
Altro da dire non avrai

(Chorus)

Non resta che imbrogliare tutti
Scopare prima di esser disfatti
E a un altro poi passare gli atti
La cosa più indolore, infatti

(Chorus)

E il tempo col fioretto sventra
Non fa mai male quando entra
Ma quando poi più a fondo va
Ridi al dolor che cresce, ma…

(Chorus)

Ci fu una volta un uomo che
Deciso volle saper da me
“Devo esser io, oppure no?”
Ed io risposi “Lo chiedi a me?”

Uccidersi è indolore
E cambia tante cose
Posso restare o andare se mi va.

Puoi far la stessa cosa se ci stai


Questa riflessione sulla vita ha anche alcuni riferimenti alla guerra, come nel primo verso, dove la early morning fog è in realtà la polvere sollevata dagli elicotteri che all'alba portavano i feriti del fronte al campo medico per essere operati, mentre il brave man è il soldato ferito che chiede shakespearianamente se bisogna essere o non essere (It is to be, or not to be?). La chiave di tutto il testo sta in quel I can take or leave it if I please: il suicidio può essere solo una delle opzioni, la scelta è riservata soltanto a noi. Il fatto poi che questo testo commenti nel film una situazione apparentemente "goliardica" (il finto funerale) non fa che mettere in mostra vita e morte in vivace contrapposizione.
Una famosa versione di Suicide is painless è stata resa da Bill Evans nel 1977:




Se invece le opzioni non fanno per voi, ecco un video che può veramente aiutare a compiere il Grande Passo (senza scherzi).






Attenti a quest'uomo, vi potrebbe comparire in sogno!