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31 dicembre

Ore 18.00

Al supermercato c'è la fila davanti alle casse in uscita.
Bella forza, è San Silvestro e fra poco è Capodanno.
Le file di Capodanno si distinguono da quelle di Natale per la loro calma apparente. A Natale sono tutti un po' isterici, hanno comprato o DEVONO ANCORA COMPRARE i regali (capita spesso), i parenti sono venuti o stanno per piombare in casa, c'è la possibilità che non si disponga di liquidi sufficienti per regali e parenti ospiti, ecc. Questo dona alle file pre-24 dicembre una certa elettricità, che si manifesta in prodotti quasi sbattuti sopra il nastro trasportatore della cassa, file a Y davanti alla cassa stessa dove una coda di gente si aggiunge a sinistra della coda "ufficiale" (e viene ben presto smascherata dai codisti veri ), carrelli riempiti e fatti uscire nel gelo della sera dopo varie spiegazioni al personale del supermercato, gente che bara coi numerini davanti al banco gastronomia...
A San Silvestro si risparmiano le forze.
Se uno deve mangiare e preparare il cenone, ha già ordinato le derrate il giorno prima.
Alle sei di sera - mezz'ora prima della chiusura - si presentano gruppi di persone, specialmente stranieri dal primo mondo - con svariate bottiglie di vino, birra, whisky, wodka e bibite. Le cassiere richiedono l'un l'altra l'arnese per togliere il sigillo antitaccheggio ai superalcolici; altro personale viene dirottato verso gli scaffali con la vetrinetta dove giacciono le preziose bottiglie e dove altri assetati attendono. Tutti questi liquidi verranno miscelati e costituiranno il carburante di Capodanno. Comunque l'atmosfera è di calma forzata, tanto non c'è più l'obbligo religioso proprio del Natale: Capodanno è una festa semi-laica anche se è San Silvestro, si deve solo festeggiare l'anno nuovo.
L'ultimo blocco di aspiranti bevitori ha varcato la soglia della cassa, si è aperta la porta automatica e la povera cassiera ha per l'ennesima volta un brivido di freddo nonostante il maglione a collo alto e le unghie con la manicure panterata (la French non va più). Fuori c'è il vuoto che arriva circa quattro ore prima di mezzanotte.
Neanche uno sparo quest'anno.


Un classico di San Silvestro (non è lo zampone)

Ore 23.30

Sei rintanato/a a casa, e aspetti la mezzanotte per stappare lo spumante. Ti sintonizzi sui canali televisivi per avere l'ora esatta. Si sente che sta per suonare mezzanotte non perchè sta arrivando Mackie Messer ma perchè vedi sullo schermo una panoramica dall'alto di tutta la gente che canta e balla nello studio. Una delle donne - non riesci a capire chi è - intona un pezzo disco in memoria dei gloriosi anni '70, che a ogni anno che passa sono sempre più simili nella memoria alla Belle Epoque. Su un altro canale la stesa folla danzante e cantante è all'aperto, la temperatura è sottozero e ti trovi a pensare ai musicisti prigionieri nei campi di concentramento costretti a suonare per le persone mandate a morire nelle camere a gas, poi scacci questo pensiero politicamente scorretto. I minuti passano e il conduttore ha seri problemi di raucedine, sempre per via del freddo, chiama a raccolta un cantante, ma anche loro hanno un'età, non dovrebbero star fuori a quell'ora. Cambi canale e sei per alcuni minuti in compagnia di Dick Van Dyke e degli spazzacamini di Mary Poppins, ecco, forse la cosa migliore da fare a Capodanno sarebbe rivedere un film che ci ha fatto del bene durante la nostra infanzia, i minuti incalzano ma la gente non accenna a tirare fuori i fuochi artificiali. A quest'ora l'anno scorso le strade erano già in stato di guerra. Sempre più intirizzito - o forse corroborato da qualche bevanda calda e parecchio corretta - il conduttore ci informa che la mezzanotte sta per arrivare, e tu controlli immediatamente i tuoi orologi, compreso quello a cucù della zia, perchè da quando vedesti Fantozzi e il losco caporchestra mettere le lancette all'indietro perchè aveva un altro veglione da officiare non ti senti affatto tranquillo/a. Finalmente mezzanotte arriva, riesci a stappare lo spumante a tempo con l'orologio elettronico (23:59...00:00), e parte quello che paventi di più : Disco Samba dei Two Men Sound, nota anche come Peppè Peppè Peppè o Uuh Meu Amigu Sciarli Braun pronunciato con l'accento più brasiliano possibile - dopo avere ascoltato Diego Abatantuono nel Barbiere di Rio, si può fare -. Ora la videocamera sfarfalla qui e là a sottolineare la festa, in un rigurgito Nouvelle Vague anni '60 coglie attimi e facce degi astanti mentre fanno il trenino. Da una parte si vedono pure due Danzatrici del Carnevale di Rio, che svettano seminude sopra la folla semi-elegante dello studio, e sembrano quasi gli angeli di un presepe alla rovescia.

Ore 00:30

Hanno finito di sparare. Mary Poppins è volata via. Ci sono i bicchieri da sciacquare e riporre nella credenza.

Il Capodanno che tutti/e vorremmo vivere: L'Appartamento di Billy Wilder (1960), con Jack Lemmon, Fred MacMurray e Shirley MacLaine. Questo è il finale dove Mrs. Kubelik (MacLaine) capisce di non essere stata ingannata dal collega d'ufficio C.C. Baxter (Lemmon), e molla il capufficio Mr. Sheldrake al veglione di Capodanno, per correre da lui.


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Il definitivo Canto di Natale

Se volete digerire i cibi natalizi e allo stesso tempo ripassare il vostro inglese, ecco un'occasione irripetibile: la più devastante canzone natalizia mai concepita,in perfetto italish (inglese che sembra tale ma che deriva dall'italiano, molto usato nelle istruzioni allegate alle caffettiere moka)
Qui sotto il testo:


Christmas With The YoursElio E Le Storie Tese (1994)

I am in the room waiting for Santa and for Claus
Suddenly by night they will arrive
Can't you feel the typical
Cling cling cling cling cling

Presents for the good
Coal for the bad
Proprio come diceva mia mamma.

Christmas with the yours
Easter what you want
Peace between Blur and Oasis (1)
Christmas with the yours
Easter what you want
Don't throw the atomic bombs
Because it's Christmas time.

Panettone is on the table
And everybody's drinking Moscato.
Go to buy a tree
But not a true tree
Because otherwise it would die die die die die.
Panettone is on the table
But it is another one
Infatti è quello senza canditi

Christmas with the yours
Easter what you want
Peace between Lino e Cecchetto.(2)
Christmas with the yours
Easter what you want
Don't drop the atomic bombs
At least at Christmas time.

Proprio come diceva mia mamma
Sai come diceva mia mamma

Christmas with the yours
Easter what you want
Peace between Lino e Cecchetto
Christmas with the yours
Easter what you want
leavin' the refreshing world of Christmas.

Da notare l'arrangiamento in perfetto stile We Are The World - Usa for Africa :

C'è una profezia contenuta nel primo ritornello: nel Natale 2008 la pace fra Blur e Oasis (1) è stata ufficialmente sancita!
Lino e Cecchetto, qui pronunciati all'americana Làino e Sescèto -Linus e Claudio Cecchetto - (2) sono due DJ che evidentemente avevano litigato nello stesso periodo.
Questo qui sotto è uno slide show sul testo della canzone. Preparate gli accendini!

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George Bailey e lo specchio della vita

Vorrei parlare del film di Natale.
No, non è il cinepanettone, ma qualcosa che nessuno di noi può eludere, che fa parte della cultura occidentale.
Vorrei parlare di La vita è meravigliosa di Frank Capra (1946).
Lo so, lo trasmettono tutti gli anni a Natale in TV, è come la messa di mezzanotte, è diventato proverbiale e dunque privo di significato. Sinonimo di film "sdolcinato" e poco attento alle tematiche del sociale.
La storia è diversa.
Tutti conoscono la trama: George Bailey è solo, su un ponte, con cattive intenzioni. Lui che ha rinunciato a tutto pur di mandare avanti l'attività del padre, morto prematuramente, ora si trova di fronte allo spettro del fallimento. Sarebbe stato meglio non esser mai nati, pensa lui. A quel punto scende giù dal cielo un angelo, Clarence, a mostrargli cosa sarebbe successo se lui non fosse mai nato.
E' considerato il film più ambizioso di Frank Capra, ma all'inizio non venne capito. Nella corsa agli Oscar 1947 vinse Willam Wyler con I migliori anni della nostra vita, robusto dramma sui reduci della II Guerra Mondiale appena conclusasi. La vita è meravigliosa non ebbe neanche tanto successo di pubblico, tant'è vero che Capra fece una cosa per cui si sarebbe probabilmente pentito negli anni a venire: cedette gratis i diritti di messa in onda del film alle televisioni americane. Dato che tanto non dovevano pagare nulla, i suddetti network trasmisero questo film tutti i Natali.
Avvenne un fatto strano: la gente nel corso degli anni si affezionò al film, al punto che questo divenne sempre più un classico universale. Ora TUTTI conoscono George Bailey, il bieco sig. Potter e l'angelo di seconda classe Clarence come Cappuccetto Rosso o Pinocchio.
La narrazione è di tipo dickensiano: tutta la prima parte del film è la descrizione della vita del protagonista, George Bailey (James Stewart) e di come il peso delle responsabilità - nei confronti della famiglia del prossimo e della sua città, Bedford Falls - gli abbia fatto rinunciare a tutte le sue ambizioni. Inoltre tiene con sè uno zio che oggi si potrebbe definire "con qualche problema mentale". Per sua fortuna George è sposato a una donna che lo capisce e lo sostiene ("Non potevo sposare nessun altro, George" gli dice dopo la mancata luna di miele -una delle più belle frasi d'amore di tutta la storia del cinema). Alla fine del primo tempo un ammanco nella sua piccola banca - causato da Potter - rischia di far fallire Bailey. La seconda parte è quella del rovesciamento di prospettiva: cosa sarebbe successo se George Bailey, ormai nell'abisso della disperazione ("Valgo più da morto che da vivo" dice all'angelo Clarence) non fosse mai nato. E qui, come i fantasmi dei natali passati presenti e futuri che si presentano a Scrooge nel Canto di Natale , le ipotesi prendono corpo nell'universo parallelo a Bedford Falls: Pottersville. A Pottersville, come dice il nome, ogni cosa appartiene al vecchio Potter, e il posto è una vera sentina del vizio, dove la moglie di George ("Non avrei potuto sposare nessun altro", ricordate?) è diventata l'icona della zitella senza speranza -fa addirittura la bibliotecaria- che urla di raccapriccio non appena vede Bailey che le si avvicina per parlarle. Ora noi sappiamo che nel travolgente finale

George toccherà una seconda volta la disperazione, si risveglierà e troverà tutta la città disposta ad aiutarlo (e Clarence avrà le sue ali). E questo è bastato a bollare La vita è meravigliosa come "film edificante e irreale". In realtà la pellicola ha un sapore zen: per tutto il primo tempo non facciamo altro che vedere un uomo buono e virtuoso perdere in continuazione le occasioni della sua vita, proprio per colpa della (o grazie alla) sua rettitudine. Alla fine del primo tempo veniamo convinti che non è giusto amare il prossimo, se i risultati sono questi. Nel secondo tempo si prende questa stessa affermazione e la si rivolta come un pedalino: benissimo, la nostra vita non vale nulla, vediamo se è vero. Iniziamo così ad assaporare la dimostrazione logica del mondo "senza" George (o senza di noi). La visione apocalittica di Pottersville ci serve per affermare un concetto tramite il suo esatto contrario. Dopo essere entrato e uscito dallo specchio Bedford Falls/Pottersville George Bailey capirà il suo ruolo nel mondo, e nulla gli farà più paura. Lo stesso celebre piano-sequenza della sua corsa a perdifiato sotto la neve di Bedford


è la rappresentazione visiva del "possesso" della sua nuova identità. Nell'apoteosi finale, si badi bene, Potter è sempre lì, non è stato sconfitto. Gli stessi amici di cui parla la battuta finale (Caro George, ricorda che nessun uomo è un fallito se ha degli amici) sono anche la sua forza interiore.
Oggi La vita è meravigliosa è tenuto nuovamente in considerazione come guida per i tempi grami che stiamo vivendo, come una voce contro i tanti sig. Potter di questa Terra.
Questo trailer rimontato mostra il lato oscuro di George Bailey, a riprova che non è un personaggio fatto di zucchero filato:


Molti registi hanno ripreso l'impianto di La vita è meravigliosa, con risultati inquietanti in Ritorno al futuro - Parte Seconda (1989) di Robert Zemeckis, con Michael J. Fox e Christopher Lloyd. Qui la realtà alternativa è derivata dal furto di un almanacco sportivo che ha permesso al cattivo Biff Tannen di arricchirsi ed impossessarsi di tutta la città (e di minacciare la stirpe dell'eroe Marty McFly). In questa scena Marty ha il suo primo impatto con l'altra realtà:


Un altro film che deve molto all'opera di Capra è senza dubbio Elizabethtown (2005) diretto da Cameron Crowe, con Orlando Bloom e Kirsten Dunst. Qui invece George Bailey è un designer di scarpe sportive che viene licenziato in tronco per aver fallito un progetto. Inoltre gli viene comunicato che suo padre è morto e che deve occuparsi del suo funerale laggiù nel Kentucky.
Non potrebbe andare peggio, lui medita il suicidio ma sulla strada incontra un angelo in classe economica: la hostess Claire (dice niente il nome?) che lo farà ritornare alla vita e all'amore.
Qui invece Bedford Falls è l'intera America, percorsa nel bellissimo finale dal protagonista - con accanto le ceneri di suo padre - nel lungo viaggio di ritorno. Questo è il trailer originale (dalle stalle alle stelle):


Un'ultima considerazione: il titolo originale, It's a Wonderful Life ,allude semplicemente alla vita del protagonista: infatti il succo del film è che proprio questa (di George Bailey) è una vita meravigliosa, non la vita in generale.

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24 dicembre

Non c'è più nessuno.

Esci per strada mentre il sole è ormai tramontato.
La strada è quasi deserta, ad eccezione dei due autobus che ti sfrecciano davanti, uno dietro l'altro. In altri giorni si sarebbe detto che passano a grappolo , ma oggi la situazione è diversa. Ricorda un po' uno di quei film di fantascienza in cui un uomo rimane solo perchè un'epidemia si è portata via tutta l'umanità,

L'ultimo uomo della terra (1964) di Ubaldo Ragona, con Vincent Price



ed è costretto a combattere contro gli eventuali superstiti, che come al solito sono diventati zombi o vampiri -mai che si incontri uno normale dopo la fine del mondo-. Questa volta però è la vigilia di Natale, e tu sei per strada per procacciarti le derrate necessarie ai prossimi due giorni: Natale e Santo Stefano. Dovevi farlo prima, ma c'erano troppe persone. Inoltre ti manca un regalo alla lista.
Le strade son deserte. Deserte e silenziose. Non c'è la carrozza che se ne va cigolando come in Vecchio Frack di Modugno, ma alcuni umani che come te cigolano in direzione opposta con le sporte. Questo finchè dopo aver preso il regalo non entri nel supermercato che sta per chiudere fra mezz'ora. Già vedi il Capo del personale sbracciarsi in direzione di tutti quelli che entrano e subito dopo passare rapidissimo alle casse per togliere i cestelli -i carrelli li usano in pochi- e poi una signora guardare perplessa un broccolo romanesco al reparto verdure. I giovani si caricano di carne, buste d'insalata e vino, e ti domandi dov'è andato a finire tutto il pesce che hanno scaricato la mattina precedente.

Alla fine trovi il latte (mai senza!) e una confezione di filetti di cernia, fra le altre cose. Alla cassa l'atmosfera è più rassegnata che festiva, e una signora commenta a voce alta che deve prendere il cibo per i gatti. La cassiera discute con il collega su uno scontrino sospetto, mentre rimbomba la voce del Capo Personale Si avvertono i gentili clienti che mancano cinque minuti alla chiusura . Passi tutti i tuoi articoli alla cassa come se fossero gli ultimi che vedrai in vita, li metti nella borsa-carrello che ti sei portata da casa (anche questo un segno di angoscia pre-natalizia: non ce la fai a chiedere una busta alla cassiera, ti sembra non ecologicamente corretto). Come hai messo tutto dentro ti giri un'ultima volta: non sia mai avessi dimenticato il burro, come farai a Santo Stefano? Sì, perchè i giorni di festa ti appaiono nel cervello come tanti piatti che saltano gli steccati come le pecore delle barzellette. Natale/Pranzo, Natale/Cena, Santo Stefano/Pranzo, Santo Stefano/Cena. Colazione: ah no, c'è il panettone.
Che durerà fino a febbraio inoltrato, e oltre.

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21 dicembre


Ho sempre preferito l’albero di Natale al presepio. Anche se potrà sembrare politicamente scorretto, trovo che i presepi rappresentino un qualcosa di immobile. Pastori, Magi, Giuseppe e Maria, bue e asinello messi l’uno in diagonale rispetto all’altro, tutte queste cose stanno lì per non essere toccate fino alla Befana (in realtà il presepe gode di una sua segreta vita spericolata, con crolli di greggi di pecore giù dalla collina o pastori azzoppati dai Natali precedenti e appoggiati instabilmente a un ponte accanto alla Lavandaia, senza la quale il ponte suddetto non ha modo di confutare la sua esistenza). Oltretutto la carta che dovrebbe rappresentare il tipico suolo palestinese –sassi, ciuffi d’erba riarsa e quant’altro- è fatta apposta per far crollare un’altra volta le pecore che sono state fatte transumare dalla collina alla pianura per disperazione. Poi c’è un problema, per così dire, meteorologico. Quando allestivo il presepio –e una volta sono anche riuscita a farlo su tre piani diversi- mi chiedevo che tempo potesse fare in Palestina il 24 dicembre, perchè se per ipotesi faceva freddo come potevo conciliare il cotone idrofilo usato per fare la neve con le palme ai lati della grotta? E i fiumi, gioia e dolore dei presepisti, quanti affluenti bisogna progettare per quanti ponticelli che poi tutti questi affluenti dovevano necessariamente sfociare in una cascata (con l’installazione a tre piani ne usciva fuori quella dell’Iguaçù) Insomma, tanti problemi che mi hanno alla fine portato ad allestire solo l’albero di Natale.

L’albero è più democratico, è accomodante, si lascia piegare in più parti per entrare nella sua scatola, si perde gli aghi, gli vengono riattaccati e non dice niente, si lascia bruciacchiare i rametti con il calore delle lucine intermittenti – quelle che si dovrebbero sostituire con altre lucine di ricambio una volta fulminate, dovrebbero –.L’albero sopporta: puntali che hanno conosciuto tempi migliori (quando alla UPIM le decorazioni avevano il marchio NATALE MAGIC FLASH stampato sopra e nessuno si accorgeva dell’errore grammaticale); palle di plastica con il fermaglio perduto in Australia appese con il laccetto servito a chiudere la confezione del pane in cassetta; babbini natale danzanti e scimmiette regalo di antiche merendine; ghirlande spelacchiate con lo stesso appeal di una vecchia diva sul viale del tramonto; e su tutto, la massa incombente dei CAPELLI D’ANGELO. No, non la pasta, ma quelle frange lunghissime e luccicanti che sembrano sipari presi in prestito a qualche palcoscenico equivoco. Quando, dopo essere stato aperto, decorato, riempito e pimpato a dovere, l’albero viene lentamente trascinato per il corridoio fino a raggiungere l’altro lato della casa. Qui viene sollevato afferrando con mossa scaltra un punto ben preciso del fusto e posto sul tavolino di vetro che fino a cinque minuti prima era il regno incontrastato di un vaso di ceramica con una donna nuda dipinta sopra, sia davanti che dietro (ricordo che mia zia voltava sempre quel vaso in modo da non mostrare il “davanti” della donna). Lì rimarrà fino al 6 gennaio, quando –e già al cinque comincia l’angoscia- si dovranno ripetere tutte le operazioni del 21 dicembre ALL’INVERSO, e soprattutto ripiegare e rimettere il pino –marca ITALPINO- nella scatola, e rimettere questa nell’armadio. Operazione molto simile a quella di legare un vitello durante un rodeo, perché il finto pino ha come sempre assaporato a Natale i suoi Glory Days e non vuole rientrare nella scatola, e si difende facendoti scattare un ramo in piena faccia. Alla fine il pino è messo in condizione di non nuocere con una buona dose di nastro da pacchi. Si dibatte ancora un po’ mugolando nell’armadio. Al prossimo Natale.

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Il Piccione


Teneva la testa inclinata di lato e fissava Jonathan con il suo occhio sinistro. Quest'occhio, un piccolo disco circolare, marrone con un punto centrale nero, era spaventoso a vedersi. Era come un bottone cucito sulle piume della testa, privo di ciglia, privo di sopracciglia, totalmente nudo, rivolto all'esterno e mostruosamente spalancato senza decenza alcuna, ma nel contempo c'era in quell'occhio un che di riservato e di scaltro; e nel contempo non sembrava né aperto né scaltro, bensì semplicemente privo di vita come la lente di una macchina fotografica, che assorbe tutta la luce esterna e nulla riflette del suo interno. Nessun bagliore, nessun barlume c'era in quell'occhio, non una scintilla di vita. Era un occhio senza sguardo. E fissava Jonathan.
Patrick Suskind Il Piccione (1987)

La colomba è simbolo di pace. La mangiamo anche a Pasqua, sotto forma di dolce. Vengono intonate canzoni in suo onore, come La Paloma nel secolo XIX°, Cuccurucucu Paloma o Vola Colomba nel XX° o, più modestamente, Una Paloma Blanca nel tardo XX° secolo (per non parlare della paloma senza le mute Ande/sotto la nieve, gloria dell'avanspettacolo anni '40). Viene fatta volare da Papi e sposi alle nozze, fatta sparire e riapparire dai prestigiatori, è citata dalla Bibbia, eccetera. Insomma, è un animale famoso.
Il piccione no.
Viene odiato da tutti - sono tantissimi i siti anti-piccione- per la sua tendenza a sporcare in giro, specie abiti nuovi e carrozzerie d'auto. Oltre ovviamente al brano di Povia che invita a volare basso perchè c'è riuscito suo nonno (una tristezza).Non ha niente di spirituale come la sua candida cugina, non si staglia nel cielo limpido a portare pace, niente.
Vuole una sola cosa.
MANGIARE.
Tutti ci siamo trovati di fronte alla vista di orde di piccioni che spolpano incauti turisti a Venezia, in piazza San Marco, ma nulla ci può preparare all'incontro ravvicinato che ho avuto con due di questi pennuti sul davanzale della mia cucina, che dà sulla strada.
Tonfo. Apro la finestra.
Rumore di ali. Non è un frullo, ma più un ventilatore che si accende all'improvviso.
Non vedo niente. chiudo la finestra.
Tonfo. Stavolta doppio.
Mi volto e li vedo.
Uno è bianco sporco con strisce beige e una delle due zampette con un dito soltanto.
L'altro è un classico, penne grigie e collo iridescente.
Mi guardano appena per poi tuffarsi giù non appena vado verso il davanzale.
E' la loro tattica preferita: vogliono vedere se tu ci tieni a loro. Infatti, dopo due minuti, ritornano, e stavolta usano un altro metodo.
Ti osservano. Ora, come fa un uccello ad osservarti è un mistero, ma nel caso del piccione forse il contatto avviene perchè è abituato da millenni a convivere con l'uomo, a volte portargli i messaggi e non pagare i cornetti che ha consumato al bar (il piccione, non l'uomo).Nel mio caso quello beige muove anche lievemente il becco.

Che fare?

Volendo osservare in prima linea un comportamento animale -sono una patita dei documentari sugli animali, li trovo eccitanti come affermava quel personaggio di The Full Monty - , faccio la cosa che tutti consigliano di non fare.

Porto loro da mangiare.

E' la fine.

Ora sono passati sei giorni.
Miranda e Prospero, così li ho chiamati (ho il sospetto che siano marito e moglie) si dividono equamente le briciole che dò loro, vengono a mangiare alle sette del mattino e alle due e mezza del pomeriggio.
Dai loro comportamenti deduco che:
in famiglia ci si divide tutto, a differenza della strada dove si vedono a volte
pennuti darsele di santa ragione.
Il piccione è metodico e ha una memoria di ferro, altrimenti non si ricorderebbe la strada a chilometri di distanza.
è abituato a comunicare con l'uomo con lo sguardo (ma questo l'ho già detto), anzi ti controlla per vedere le tue mosse future.
Ecco perchè nei cartoni animati raffigurano i piccioni come appartenenti a qualche clan mafioso! (l'ultimo è BOLT della Disney-Pixar)


Ora devo andare. Mi aspettano. Sono ai lati del davanzale, e sento i loro occhi sulla schiena. Arrivoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
(gruu gru gru guu gruu gru gru)

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Dorian: il ritorno


Quando furono entrati, videro appeso alla parete uno splendido ritratto del loro padrone come lo avevano visto l'ultima volta, in tutto lo splendore della sua gioventù e della sua bellezza. Disteso sul pavimento c'era un uomo, in abito da sera, con un coltello piantato nel cuore. Era sfiorito, rugoso, con un volto ripugnante. Solo quando esaminarono i suoi anelli lo riconobbero.
Da Il ritratto di Dorian Gray – Oscar Wilde (1890)

Dorian Gray non è morto. E' riapparso ne I Migliori Anni su Rai1. Questo genere di trasmissioni ha cominciato ad apparire con Red Ronnie nel 1989 e 1990, Una Rotonda Sul Mare .Prima c'era Ieri e Oggi negli anni '70, ma era roba molto più bonaria, infatti agli ospiti era concesso di vedere il loro passato aspetto esteriore e di commentarlo con aneddoti vari, un po' come si farebbe con un vecchio album di fotografie.
Poi, la catastrofe.
Il passato ha iniziato ad essere talmente documentato da parte dei media, che il commento di cantanti e attori non era più necessario. Ogni ricordo veniva considerato un flash nella memoria, senza più collocazione storica, quindi ogni ospite televisivo non era più un testimone, ma una scheggia di passato, un corpo caldo da riproporre finchè era in vita. Questo ha portato a due conseguenze:


1) Il personaggio è in qualche modo costretto a non smentire la sua immagine di vent'anni fa (questa è la "finestra" minima di tempo che deve trascorrere fra la fama e il ripescaggio televisivo), quindi si stira, si tinge, tira in dentro la pancia, tira in fuori le tette (rifatte), si rimette i vestiti che lo hanno reso famoso un tempo e torna a farsi vedere.


2) Tutti lo/la vedono e fanno confronti con l'enorme filmato "ieri" che campeggia alle spalle del/la disgraziato/a sul palcoscenico.Escono dalle bocche del pubblico a casa solo giudizi sullo stato di conservazione fisica dell'individuo: mediocre (torna nella tomba), discreto (un po' di formalina in più al posto del silicone non guasterebbe),buono (però, canta e si muove ancora -neanche fosse la bambola Michela),
ottimo (E' TALE E QUALE A VENT'ANNI FA, la peggiore in assoluto). Non si sa come ha vissuto gli ultimi vent'anni, che vita ha fatto, se si è sposato/a, figli, nipoti, malattie, moduli 740 eccetera. Ne I Migliori Anni Carlo Conti fa durare ogni esibizione tre minuti esatti, per non dare tempo al pubblico di farsi venire uno stranguglione per il tempo che passa e non scongelare troppo gli ospiti. Ricordo un micidiale sketch del varietà satirico Telenauta 69, condotto da Lillo e Greg nel 2000; I conduttori ad una giovane cantante di belle speranze degli anni '60 fanno vedere con il Futurello la sua grande carriera : la poveretta finirà per essere famosa nei decenni futuri solo per la stessa canzoncina idiota, e sarà costretta a cantarla anche da vecchia! (La giovane di belle speranze a tale visione lascia lo show in lacrime).

L'inizio della quarta puntata di "Telenauta 69" con Lillo e Greg, con lo sketch Belinda

Il Futurello esiste, è fra noi, è dentro di noi.

A proposito, siamo noi Dorian.

Questo è l'originale


Questi forse no

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Uomini e motori



Axe to wood
in ancient times
Man-machine
Power line
(Grace Jones, Slave To The Rhythm)



Sul blog di Alessandro Paesano compare la foto qui accanto, con il seguente slogan: Donne e motori? Motori. Appartiene al poster di Motor Show 2008, che si terrà a Bologna fra i 5 e il 14 dicembre 2008. L'idea dell'uomo abbracciato alla macchina è vecchissima: questa foto sembra la diretta discendente di una campagna di Oliviero Toscani per la moto Aprilia del 1991:


il giovine del 2008 sembra addirittura il fratello minore del motocopulatore del 1991. Solo che quest'ultimo afferma spavaldo che "si è fatto l'Aprilia", aprendo una finestra inquietante sul connubio erotico uomo-macchina (il film Crash di Cronenberg, che parla appunto dell'attrazione fatale fra l'essere e la ferraglia verrà girato nel 1996). Evidentemente i pubblicitari, rivolgendosi a una clientela non esattamente di alto bordo (la campagna del MotorShow compare su enormi poster, non su riviste medio profilo per tutti ma sotto sotto men-oriented tipo L'Espresso e Panorama), hanno pensato bene di rispolverare i versi antichi di Jovanotti pre-Lorenzo Sei come la mia moto/sei proprio come lei e di far comparire l'uomo giovane fra le lenzuola stropicciate in t-shirt bianca abbracciato teneramente ad un motore, le labbra schiuse in un sorriso più infantile che post-coitale. Sì perchè questa è la novità rispetto alla campagna Aprilia: l'uomo non guarda più sfrontato in camera come a dire "Guardate un pò che ho combinato, invidiosi!", la macchina non passa più per oggetto erotico,ma è il rifugio dell'uomo stanco, l'unica cosa che non potrà mai tradire, e se si guasta la si ripara. Concetto stranamente affine a quello di una campagna per il nuovo profumo Pure Police, vista recentemente su riviste femminili a target medio tipo Donna Moderna .
Anche qui c'è l'immagine di un letto stropicciato ripreso dall'alto, però abbiamo una splendida bruna (non bionda, e c'è un perchè) dai lunghi capelli sciolti fra le lenzuola di seta abbracciata teneramente...ad un candido androide. Slogan: Be younique. Pure attraction.

L'atmosfera vuole essere quella del video di Chris Cunningham per Bjork All Is Full of Love

La bruna della foto - una bionda non sarebbe stata credibile, dato che le bionde sono troppo associate nella pubblicità ad atti convenzionali - sogna anche lei non di "farsi" una macchina, ma che sia la macchina stessa a sedurla. Da notare infatti lo sguardo serio e ponderato di "lui", un vero uomo, mica come quelli fatti di ciccia. Anche il motore a cui il ragazzo è avvinghiato nel poster bolognese è molto seducente, non gli cola una goccia di grasso. E così il binomio "donne e motori", che doveva apparire come un rigurgito di bieco maschilismo finisce involontariamente per essere in sostanza più patetico e "femminile".


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Avanti, c'è posto



Ma dove vado ?

Ogni autobus ha un'anima, a seconda di dove va.


Linea 5 - 14 (Prenestina - Porta Maggiore - Termini):


Il 5 a via di Porta Maggiore (Esquilino)

Preponderanza di extracomunitari uomini, che dalla Prenestina si spostano verso Termini. Studenti delle superiori che dalla Prenestina si spostano anch'essi verso Termini. Extracomunitari donne che dalla Prenestina scendono compatte a Piazza Vittorio per fare la spesa.
Donne di una certa età che dalla Prenestina salgono per poi, cellulare alla mano, avvertire figli e nipoti che sì, tornano alle ore X e no, non comprare i broccoli che ci penso io. Alcune giovani (poche) stanno ferme con gli auricolari del lettore ben fissati alle orecchie, e i cavi partono da luoghi imprevisti del collo.


Linea 40 express (Termini - Piazza Venezia - Vaticano)


il 40 express a via Paola (Vaticano)

Le suore non sono presenti, ma i turisti sì. Turisti grassi (del mondo nord-occidentale), di media stazza (del mondo sud-occidentale), magri (giapponesi), magrissimi (borseggiatori).
Quando si arriva nei pressi dell' Altare della Patria a piazza Venezia, tutti i presenti sospirano mentre nel frattempo gli altri passeggeri cercano di entrare, approfittando del fatto che durante l'emissione dell'aria le panze nord-occidentali si riducono di qualche centimetro. Una vecchietta barcolla.Tutti, nonostante il luogo comune che afferma il contrario, si affrettano a farla sedere, anche perchè se cade a terra si deve spostare mezzo 40 express.


Linea 105 (Casilina - Porta Maggiore - Termini)


Il 105 al capolinea di Termini












C'è di tutto. E' la linea più "dark" , anche perchè metà dell'illuminazione interna delle vetture è andata. La sera raccoglie mezzo mondo che si accomoda sui borsoni (senegalesi), sulle ginocchia (innamorati o amici), sui posti a sedere se ce ne sono ancora. Col 105 alla stazione si aspetta dentro (le donne somale e peruviane, sempre sorridenti nonostante la penombra) o fuori (gruppi di ragazzi italiani e non). Alla chiusura delle porte ci sono sempre due-tre passeggeri da prendere su.


Linea 3 (circolare Valle Giulia - Stazione Trastevere):

Il 3 a viale Manzoni

Il tram - non tram (da tempo immemore gli autobus sostituiscono il trasporto su rotaia) si popola di studenti da Scalo San Lorenzo fino alle propaggini di viale Regina Elena; siamo dalle parti della Città Universitaria e lo studente si riconosce dalla persona - di solito donna - che porta i fiori al cimitero del Verano perchè: 1) è un po' più giovane; 2) non porta fiori. 3) se scende al Verano non è per assistere a un funerale ma è per svoltare in via De Lollis, dove è sita una delle entrate per l'Ateneo. Per il resto, lo studente universitario non si distingue molto dalla folla del 3. Dopo viale Regina Elena, la popolazione cambia lievemente: aumentano i tacchi medi e si diradano
gli scarponcini, si vedono vestiti interi e anche
qualche volto più scuro (colf). Arrivano gli studenti
delle superiori di buona famiglia che hanno sì, tute e jeans e scarpette, ma indossati in modo leggermente diverso dagli studenti delle superiori di ceto sociale più basso.


Linea 310 (stazione Termini - Università - piazza Bologna - piazza Vescovio)


Piazza Bologna e il suo 310

Linea a prevalenza impiegatizia (un tempo la si sarebbe definita 'piccolo-borghese' e Mario Camerini vi avrebbe girato un film), dalla stazione Termini carica tutti gli universitari e si fa rincorrere da quelli che dalla stazione arrivano trafelati trascinando il trolley con sopra il piumone ,ansimando al cellulare 'Pronto? Sìì, sto sopra il pullman arrivo fra - scusi, fra quante fermate via X' e quando sei arrivato/a piazza Bologna capisci finalmente che il 'pullman' di cui parlano è proprio il 310. Il 310 è un bus per vecchi: dopo viale Ippocrate e l'Università raccoglie indefesso signore in cappotto e permanente (i piumini sono pochi) che vanno verso viale XXI Aprile. A piazzale delle Province c'è una fermata
davanti a un cinema parrocchiale, il "Delle Province" appunto, e i passeggeri si confondono con gli spettatori in attesa che inizi il primo spettacolo. A volte capita di scendere a vedere il film invece di scendere alla prossima.

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Uomini (abbronzati) e no

No, signor cannibale!

Dopo che il nostro amato premier ha salutato il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, con il commento : "Ha tutto. E' giovane, bello e abbronzato", e conseguente imbarazzo di qua e di là dell'oceano Atlantico, è uscita dai meandri del mio subconscio una canzone che ascoltavo in un mangiadischi color arancione quando ero piccola.

Io e mio fratello Marcello nel 1974 mentre ascoltiamo al mangiadischi Signor Cannibale













Ecco il mangiadischi!

La canzone era Signor Cannibale, versione italiana di Monsieur Cannibale , grande successo del 1966 del cantante-jazzista-attore francese Sacha Distel. Nel pezzo si racconta quello che resta l'incubo peggiore per l'uomo non abbronzato: trovarsi di fronte a tanti uomini abbronzati che lo vogliono bollire nel pentolone per papparselo. Lui cerca di commuovere i cannibali presentando loro tanti segni (francesi) della civiltà occidentale come accendini, foto della moglie, penna stilografica, fino ad arrivare a cantare un'aria da Gounod e una canzone di Adamo (con l'accento sulla o ). Canta Monsieur Cannibale, je n'veux pas mourir, non voglio morire. Niente, gli abbronzati non si commuovono. Allora il futuro pasto tira fuori l' arma letale: un giornale pieno di donne toutes nues . E' la svolta. Il capo degli abbronzati si mette a ridere, gli viene in mente un'idea farfelue, balzana, e lo porta a una capanna dove c'è il suo harem. Tutte quelle femmine abbronzate si slanciano addosso vogliose al non abbronzato, che all'inizio pensa di finire divorato, ma, dopo otto giorni e venti chili persi, al capo cannibale che gli dice "Puoi andare" risponde Jamais! J'aime mieux mourir! e sappiamo di cosa...
Questa canzone è un concentrato sorridente di tutte le paure ancestrali che ci separano dal diverso, in questo caso l'abbronzato. Egli ci può mangiare vivi, è indifferente ai tesori della nostra "civiltà" tranne nel caso in cui si affronta l'argomento sesso, ragion per cui si eccita e acconsente gioioso a dividere le donne con il civilizzato. Le donne ovviamente sono più che disponibili, in grado tutte assieme di far perdere peso al maschio di turno. Questi alla fine si convincerà della superiorità della civiltà abbronzata, ma solo perchè sconvolge i suoi istinti più bassi. In altre parole, ognuno, abbronzato o non, rimarrà della sua idea riguardo l'identità dell'altro. Il Signor Cannibale penserà che l'uomo bianco, in fondo, con tutte le sue arie vuole solo godersi le donne nella capanna, e l'uomo bianco a sua volta vedrà confermate tutte le sue ipotesi sulla "bestialità" degli abbronzati. Per essere una canzoncina non c'è male... (non a caso Distel aveva origini ebraico-ispano-turche, un po' come il franco-ebreo-russo Serge Gainsbourg, altro nume tutelare della canzone francese del 20° secolo ).


La versione originale di Monsieur Cannibale (1965)

La versione italiana di Monsieur Cannibale è decisamente efficace, anche se è un bel po' edulcorata rispetto all'originale. Al posto di:

Il leur montra son briquet, son stylo
Sa montre et les photos d'sa femme
Il leur chanta un grand air de Gounod
Des chansons d'Adamo, que dalle !

Il leur fit voir des journaux de Paris
Personne ne réagit, non plus
Désespéré il sortit des revues
Remplies de filles toutes nues, et dit :

Abbiamo:

Mostrò la penna stilografica
Mostrò la foto della moglie
E poi cantò "La donna è mobile"
come la sa cantar Adamo

Fece veder l'accendisigari,
Il suo orologio d'or, e poi
Un rotocalco con tre languide
Stelle di Hollywood: macchè!

La rima Gounod-Adamò è diventata un riferimento all'aria del Rigoletto, ed in italiano è divertente se si pensa che la voce di Adamo era tutt'altro che tenorile. I cambiamenti arrivano con le revues piene di filles toutes nues ; nel 1965 non si poteva pensare in Italia ad una rivista con le donne nude sopra, e così si è optato per un più casto rotocalco con le stelle di Hollywood (Il Cine Illustrato?). A questo punto la distanza fra la versione originale e quella italiana diventa abissale:

Pendant huit jours, il resta enfermé
Et dut se partager en vingt
Et comme déjà il n'était pas bien gros
Il perdit vingt kilos, au moins

Quand arriva l'instant où le grand chef
Lui fit comprendre par geste, Allez !
Prends ton camion et retourne chez toi
Le pauvre homme s'écria : Jamais !

Monsieur Cannibale, je n'veux plus partir
Monsieur Cannibale, j'aime mieux mourir !

Il Nostro viene trascinato dal re cannibale nel suo harem di donne insaziabili (in un altro senso). Lì vi passa otto giorni, e perde venti chili di peso. Quando gli viene detto -a gesti, notare il particolare- che può anche tornarsene dalla sua gente, egli grida che no, ha cambiato idea e non vuole più partire. Ora in italiano la parte finale -saltata la rivista con le donne nude- diventa:

e lui dovette far da Set
a cento negre che volevano
vestire in seta da soirèe

le fece bionde ossigenandole
di venti chili e più calò
e quando il Capo disse "Puoi partir"
al grande Re gridò : "Giammai!"

No, signor Cannibale
Io non parto più
No, signor Cannibale
Io rimango qui.

Quindi il re, vedendo la rivista con le dive di Hollywood, pensa di avere a che fare con un asessuato parrucchiere-stilista (i tempi del Warren Beatty di Shampoo erano ancora lontani). A sua volta l'uomo bianco dopo aver platinato e rivestito da capo a piedi un intero harem di donne abbronzatissime, viene colto dalla sindrome di Pigmalione e non vuole più andare via. Così l'uguaglianza fra bianchi e neri si ha sul fronte estetico (bianco), piuttosto che sul sesso. La cosa doveva essere più accettabile per il pubblico italiano del '65, ancora rimasto a "Faccetta Nera".


Non come adesso.

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Vite parallele (parte seconda)

Quei volti potrebbero essere i vostri !

Sarebbe sparita dalla sua villa di Londra (Marble Arch) la borsa di Madonna contenente le lettere che il suo amante, il giocatore di baseball Alex "A-Rod" Rodriguez, le aveva scritto. "Spanky" è il soprannome con il quale Madonna ha firmato tutte le lettere, ricoprendo di baci lasciati con il rossetto ogni foglio. Ma c’è di più: la cantante ha infarcito di espliciti riferimenti sessuali le lettere d'amore creando un effetto hard (fonte: Panorama)
La borsa in questione era stata appositamente creata per la popstar dallo stilista Alviero Martini. Si sospettano per il furto persone vicine all'entourage dell'ex-marito, il regista inglese Guy Ritchie, che avrebbe -a dire di Madonna- ordinato il furto per avere ulteriori prove della sua non cristallina condotta coniugale. Ritchie minaccia di far pubblicare tutte le sue lettere, privacy o no.


Sarebbe sparita dal cassetto della sua scrivania una cartella di proprietà di Giacomo contenente alcune e-mail stampate che Belardinelli "A-Bbona" Samanta, sua collega e fidanzata non ufficiale, gli avrebbe scritto. Giacomo avrebbe firmato le sue e-mail col nick "Porcellino amoroso", e avrebbe anche infarcito di riferimenti sessuali le suddette. La cartella era stata acquistata nella migliore cartolibreria della città su diretto consiglio del titolare di quest'ultima che voleva sbarazzarsi dei fondi di magazino del 2003 prima di dare il negozio in affitto a una famiglia cinese. Si sospettano per il furto persone vicine alla famiglia della ex-moglie Adalgisa, che avrebbe - a dire di Giacomo - ordinato la sparizione della cartella per avere ulteriori prove della sua non cristallina condotta coniugale. Adalgisa minaccia di fare un ingrandimento delle
e-mail e di attaccarle a tutti i corridoi dell'ufficio di Giacomo.
(continua)

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Il Sifone di Catanzaro VS. Gelminipimer (chiunque vinca abbiamo perso)

La satira ha sempre avuto come obiettivo la ricerca del punto debole delle sue vittime. Questo è anche l'obbiettivo di due recenti programmi televisivi, Parla con me, in onda su Raitre da martedì a venerdì alle 23.10 e NPDV (Non Perdiamoci Di Vista) in onda su Raitre il giovedì alle 21.10. Qui assistiamo alla moltiplicazione delle Gelmini, nel senso di Mariastella, ministro(a?) dell'Istruzione, Università e Ricerca . Questa gelminizzazione di Raitre è dovuta a Caterina Guzzanti (Parla con me) e Paola Cortellesi (Non Perdiamoci Di Vista). La caratterizzazione di Gelminiguzzanti parte dalla notizia - diffusa un mese fa- dell'esame di abilitazione del ministro a Catanzaro anzichè a Brescia, sua città di origine. Si è detto che abbia sostenuto là l'esame perchè la cosa era "più facile". Invece, colpo di scena della Guzzanti: e se Gelmini fosse stata in realtà a Catanzaro perchè E' di quelle parti? E se fosse stata sequestrata dal governo in carica per tagliare a vanvera? E se non la facessero poi più ritornare giù? Da queste premesse parte la costruzione del personaggio Gelmini, che inizia parlando con l'accento lievemente bresciano e poi finisce con il protestare in calabrese. L'idea non è nuovissima: in uno sketch di Drive In di tanti anni fa la top model Antonia Dell'Atte iniziava un'intervista in un italiano forbito per poi sacramentare in brindisino stretto. Gelminiguzzanti rivela la sua vera identità: non ne può più di fare il ministro, sempre a prendersi gli insulti da tutti, vuole tornare giù in Calabria a stanare le talpe dal suo orticello (Talpe di m...! è il suo grido di battaglia). Eccola qui:



Se Gelminiguzzanti propone un personaggio spogliato della sua ufficialità e rivestito di "umanità", Cortellesigelmini spoglia il ministro della sua umanità e lo fa diventare un robot "strumento nelle mani di Tremonti", la celebre Gelminipimer. Ha funzioni di segreteria, ogni tanto va in standby e canta "giro giro tondo" come HAL 9000 in 2001 Odissea nello spazio:


Entrambe le imitazioni sono divertentissime, più sui toni della commedia all'italiana per la Guzzanti, più cabaret per la Cortellesi, solo che lasciano con un punto di domanda: come mai una donna "di potere" viene sempre resa in satira caratterizzandola come comicamente desiderosa di gettare alle ortiche il suo ruolo pubblico per rifugiarsi nel privato, oppure come una non-donna (robot o virago)? Non sembra,ad esempio, che Neri Marcorè, nel rifare il direttore del TG1 Gianni Riotta




lo abbia mostrato come uno che non vuole fare più il direttore di telegiornali.Che anche la satira segua una sua logica dei "due pesi e due misure"?

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WAAaaall-eeeeeEE!!!


La storia d'amore dell'anno.
Anzi,del millennio.
In una Terra abbandonata da più di 700 anni un essere fatto di ferraglia cingola incessantemente per raccogliere gli infiniti rifiuti lasciati dalla razza umana. Li seleziona, li compatta e li mette uno sopra all'altro per costruire dei palazzi, delle città, quello che un tempo era stato sulla Terra.
E' l'unico robot rimasto sulla Terra.
Gli fa compagnia una specie di grillo, reso indistruttibile da tanti secoli di solitudine.
Lui è leggenda.
Ha catalogato migliaia di oggetti appartenenti agli umani, che custodisce gelosamente nella sua "casa" (un container da lui riadattato). Il reperto più prezioso è una videocassetta del musical Hello, Dolly! , che guarda e riguarda incessantemente.


Wall-E è un film che fa sua l'idea platonica che vi debba essere, prima di una cosa, l'IDEA della cosa stessa. Ora Wall-E, a forza di guardare Hello,Dolly! si rende conto dei sentimenti umani. E inizia a desiderare. Lo vediamo mentre stringe le sue dita metalliche nel vedere la scena d'amore del film in VHS.
E l'amore arriva.
Bianca, tonda, lucente, gli occhi sfavillanti. E' lei, pensa il robottino.
EVE, o valutatrice di vita sui pianeti, robot anche lei.
E' stata catapultata sulla Terra per vedere se c'è ancora qualche segno di vita dopo 700 anni, e il primo impatto che Wall-E ha con lei non è dei migliori (lei cerca di accopparlo con il suo braccio letale) .
Uno dei motivi principali del film è proprio la relazione fra EVE e Wall-E: due esseri che senza dire praticamente una parola -riescono a dire i propri nomi, come Io Tarzan, Tu Jane-comunicano prima diffidenza, poi curiosità, rispetto, e qualcosa chiamato amore. Sì, perchè ci troviamo di fronte a due caratteri assolutamente moderni: Wall-E è l'uomo lasciato solo sul cuore della terra, che avverte la presenza della propria umanità solo attraverso il ricordo, e dunque attraverso le immagini in movimento di un lontano passato (Del resto i Paolo e Francesca di Dante dicono: Galeotto fu il libro e chi lo scrisse/quel giorno più non vi leggemmo avante. Vi è anche un
riferimento a Rachel, la bella replicante di Blade Runner


che osserva delle vecchie foto con struggimento, come per cavare fuori se stessa da quelle immagini).EVE invece è LA DONNA:
sempre occupata a fare per gli altri (una delle sue parole d'ordine - le pochissime che pronuncia è Direttiva! riferito alla sua missione di scovare, covare e riportare la vita terrestre nell'astronave-arca dove l'umanità si è rifugiata), sempre a difendersi da tutti, all'inizio vede in Wall-E solo un rifiuto come gli altri su quello strano pianeta, gli spara addirittura, poi instaura piano piano- bellissima la ricerca delle "mani" in corpi meccanici -un rapporto fatto di reciproca scoperta; nel momento del pericolo, correranno l'uno al salvataggio dell'altro. I riferimenti ai film SF anni '70-'80 non si contano : l'astronave dove l'umanità cicciona e sdraiata vaga senza meta è un incrocio fra il
Mondo Nuovo de La Fuga Di Logan


e quello disneyzzato de Il Mondo Dei Robot;


puro Alien è il timone dell'astronave a cui il capitano, obeso e ignaro della storia dell'umanità alla fine si ribella, e così via.


Tuttavia il gioco delle citazioni non è fine a sè stesso come può accadere in tante opere animate con pubblico adulto (Shrek docet), ma serve a dare una serie di riferimenti precisi alla trama. Il sentimento della pellicola è infatti quello dell'uomo inerme ma che alla fine riesce a trascinare tutti dalla sua parte, aiutato da un gruppetto di robot inetti (e questa è una costante della Pixar) e dall'amore per la sua donna. Nel finale vediamo EVE letteralmente trascinare via Wall-E dalla furia dell'Astronave (che vorrebbe mantenere l'umanità ignara nello Spazio) e cercare di rimtterlo a posto, per poi abbracciarlo come un bambino. Just like a woman, appunto.


Questo è il sito ufficiale Disney-Pixar di Wall-E: