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La famiglia Luiss



Usate la testa!


Sull'autobus linea 90 Express - che collega i quartieri a Nord-Est di Roma alla stazione centrale Termini -  ho visto una cosa che ha dell'incredibile. 
Due ragazzi con i capelli tagliati corti, ma non rasati alla coatta, piuttosto quel taglio che si nota ancora nelle foto in bianco e nero appese alle pareti di alcuni saloni di barbiere non ancora hairstylist . Con il ciuffo moderatamente fonato, i due ragazzi erano in piedi nell'autobus moderatamente pieno. Indossavano entrambi camicie a righine con le maniche lunghe e - dettaglio ancora più incredibile - pantaloni di tela chiara dall'orlo leggermente cascante sulle sneakers, dotati di cintura di corda. Per vedere questo tipo di abbigliamento bisogna andare a pescare nella sezione Teenager del catalogo Postal Market del 1985.



I pantaloni bianchi, con doppi passanti, le tasche a filetto davanti e con la patella dietro...


Uno dei due ragazzi indossava una di quelle borse a tracolla di tela grezza ( più grezza è, più fa fico) con su stampato il logo della LUISS (Libera Internazionale Università degli Studi) e tirava fuori da questa varie brochure e gadget destinati agli studenti - penne, un'agenda con gli anelli a spirale, quaderni, gli adesivi no, quelli li dà La Sapienza -  Non trovo l'orario,  fa lui dolcemente, e solo da questo capiamo che 1) si è iscritto, e 2) gli orari alla LUISS li hanno già dati e stampati. A lato dei due ragazzi sono disposti quelli che per esclusione devono essere i genitori, dato che lui indossa una camicia candida con le maniche lunghe dai polsi slacciati e  risvoltati verso l'alto e pantaloni scuri, mentre lei ha un completo pantalone palazzo in lino bianco stropicciato il cui top è in parte lavorato all'uncinetto, con bigiotteria di pietre e borsa in tinta. Dall'accento di tutti e quattro mi viene da pensare che siano appositamente venuti dal Sud per l'iscrizione del figlio alla LUISS; mi viene anche da pensare alle file che si formano all' Università La Sapienza, dove a nessuno verrebbe in mente di mettersi il lino bianco stropicciato, neanche alle sessioni di laurea. Mentre il 90 X faceva il numero della curva a sinistra immettendosi in via XX Settembre e lasciandosi alle spalle il monumento al bersagliere,



la Famiglia in Bianco e a Righine si preparava a tirar fuori il titolo di viaggio alla vista del controllore (un uomo sulla quarantina dai capelli a tendina). Al capolinea mi preoccupo che qualcuno, scendendo, inavvertitamente li possa urtare e andare in frantumi tutto quel bianco. Ma no: essi passano e guadagnano l'uscita in mezzo a braghe sformate e magliette slonzate, e in un soffio li perdo di vista.
E sottolineo di vista.

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She came from Greece, she had a thirst for knowledge: ritorno a "Common People"

"Are you suure?"


Nell'ambito del 48° genetliaco di Jarvis Cocker, è stato trovato l'unico tassello mancante per la comprensione di una canzone, Common People, il cui testo ha fatto versare i proverbiali fiumi d'inchiostro. La vicenda della studentessa d'arte greca che a Londra voleva tanto vivere come la gente common (che non è "comune", ma qualcosa di molto peggio) è stata presa a simbolo delle lotte di classe, dell'impossibilità di cambiare il proprio destino, del turismo deteriore che fanno i ricchi in mezzo ai poveri, e anche dell'impossibilità di ammazzare gli scarafaggi se non si può chiamare papà. Quella che presentiamo è l'unica testimonianza che la sopraccitata studentessa ha voluto rilasciare dopo sedici anni di silenzio:


Φτάνει πια! Basta! Ne ho abbastanza di tutte le cose che si sono dette sul mio conto. Dopo sedici anni voglio dire la MIA versione dei fatti.
Vαί, ναί, sì, sono io, la ragazza greca with a thirst for knowledge, assetata di conoscenza, quella che studiava scultura al Central St. Martin's College a Londra nei primi anni '90 (a parte il fatto che studiavo pittura.) In altre parole, la ragazza di Common People .
In quegli anni senza volerlo sono diventata nel Regno Unito e dintorni la ragazza più famosa dopo quella di Ipanema , e tutto perché una volta io e quel buffo spilungone inglese che diceva di voler fare il regista siamo andati a uno dei tanti party studenteschi che si tenevano in giro per Archway, North London. Non è che proprio lo trovassi ωραίος, attraente. Però aveva un fare, come dire? Seriamente divertente. Per dire, ricordo che parlavamo delle nostre famiglie d'origine, - ricordo che lui veniva dal Nord dell'Inghilterra,una zona più povera rispetto a Londra, diceva, e mi ha chiesto se anch'io venissi da una famiglia, diciamo, non abbiente. Io credo di aver risposto - credo, perché il mio inglese non è che fosse perfetto -  che il mio μπαμπάς , mio padre, la mia famiglia, stavano bene (non come adesso, con tutta questa crisi in atto), ma forse devo avere usato una parola sbagliata, loaded, perchè lui si è girato verso di me e mi ha detto: allora mi offri da bere? Io allora ricordo di aver pensato, παράξενος , strani questi Inglesi, normalmente è l'uomo che offre... Comunque, abbiamo preso una birra, nient'altro. Quella birra deve avermi fatto qualche strano effetto, perché ho cominciato a strologare su quanto ammirassi il modo di pensare inglese, la loro concezione dell'arte,σκουπίδια, cose così.
Λοιπόν, dunque, lui mi ha guardato in un modo che sul momento mi è sembrato perplesso e allora - il party era al culmine, e c'era un frastuono infernale, fra la musica e tutto il resto - mi è venuto il dubbio di non essermi fatta capire bene. Così ho detto, ma l'ho detto per farla breve: I want to live like common people, che non è un granché come inglese, lo ammetto.
Lui ha fatto: ?
Io ho insistito: I want to do whatever common people do
Ha bevuto un sorso di birra alzando un sopracciglio (adesso ricordo di aver notato che aveva delle strane sopracciglia a punta, come un fumetto)
Alla fine ho detto persino - e qui la birra deve aver fatto il suo corso -: I want to sleep with common people, e ho aggiunto, puntando il dito verso di lui - like you! 
Quello che tentavo di dire era che amavo la normalità e allo stesso modo l'eccentricità degli Inglesi, il loro non voler mai apparire θρασύς, presuntuosi. Il mio messaggio tradotto in inglese ha purtroppo sortito un altro effetto, perché lui mi ha dato un'altra occhiata e mi ha detto:
I'll see what I can do. 
Quella sera non è accaduto nulla, però mi ha voluto dare un appuntamento il giorno dopo...davanti a un supermercato. Mi è sembrato un luogo un po' strano per avere un ραντεβού,un appuntamento, ma poi ho pensato: che diamine, siamo artisti o studiamo per esserlo, perché no? Mentre ci aggiravamo per gli scaffali mi ha detto dritto e solenne proprio queste parole: Pretend you have no money , fai finta di non avere un soldo. Il tutto con una voce che sembrava provenire da una botola. Era assolutamente impossibile non mettersi a ridere, doveva essere una specie di test da lui elaborato per vedere le mie reazioni. Cosa voleva da me, che mi mettessi a taccheggiare nel σουπερμάρκετ ? L'ho guardato negli occhi e sorridendo - un po' perché effettivamente mi veniva da ridere, un po' perché ho notato fra una confezione di baked beans e l'altra che aveva dei begli occhi - gli ho sussurrato: Oh, you're so funny! Aλλες λάθους, altro errore.Io non avevo alcuna intenzione di offenderlo, ma mi ha guardato come se fossi diventata matta. Oh yeah? (Lui diceva sempre yeah, mai yes .) I can't see anyone else smiling in here. Non vedo nessuno sorridere qui, mi ha fatto con un gesto della mano. Poi mi ha sibilato: Are you suure? Ma sei sicura? Neanche dalle mie parti sorridono nei σουπερμάρκετ (in questi giorni, poi, meno che mai), ma è possibile che non riuscivi a vedere quanto tutto fosse αστείος, buffo?
Ho cercato di sorridergli accarezzandogli la mano: non c'è nessuno che sorride in mezzo agli scaffali, ma ci siamo noi due, όχι; Sentivo qualcosa per te, I feel love come dice la canzone, proprio non capivo quella tua frase sulla mancanza di soldi.  Non ci siamo più visti da quel giorno, nè tenuti in contatto (io ero tornata in Grecia). 

Anni dopo ho sentito quella canzone, mi hanno detto che il testo l'avevi scritto tu, e ho capito che era di me che parlavi. Mi hai descritto come una χάλασε πλούσια κοπέλα , una ragazza ricca e viziata che beve rum e coca e non trova niente di meglio da fare che bighellonare e divertirsi alle spalle degli φτωχούς , dei poveri ( ho capito cosa volesse dire common in inglese) . E la parte dei κατσαρίδες, degli scarafaggi, poi! Come se  non li avessi sterminati più volte nella stanza dove vivevo in affitto - e ho affrontato pure i bed bugs, i κοριών , quelle cimici schifosissime che stavano dentro al materasso, e senza chiamare  μπαμπάς (che comunque mi avrebbe detto  di prendermi un insetticida). Anzi, ora che ci penso avrei dovuto chiamare te a sterminarmeli in quei giorni!
Ma ormai ποιο είναι το σημείο; a che serve? Quando si è prigionieri di una canzone si deve accettare la leggenda;  scommetto però che neanche la ragazza che passava sul lungomare di Ipanema si sia mai rassegnata del tutto al fatto che non parlassero di lei.



Common People


She came from Greece, she had a thirst for knowledge

She studied sculpture at St. Martin's College
That's where I
caught her eye


She told me that her dad was loaded
I said, "In that case I'll have a rum and Coca Cola"
She said "fine"
And then in thirty seconds' time - she said:
"I want to live like common people
I want to do whatever common people do
I want to sleep with common people
I want to sleep with common people like you"


Well what else could I do?
I said "I'll see what I can do"


I took her to a supermarket
I don't know why, but I had to start it somewhere
So it started there
I said "Pretend you've got no money"
She just laughed and said "Oh you're so funny"
I said "Yeah? (heh)
Well, I can't see anyone else smiling in here
Are you sure?
You want to live like common people
You want to see whatever common people see
You want to sleep with common people
You want to sleep with common people like me"
But she didn't understand
And she just smiled and held my hand




Rent a flat above a shop, cut your hair and get a job
Smoke some fags and play some pool
Pretend you never went to school
But still you'll never get it right
'Cos when you're laid in bed at night
watching roaches climb the wall
If you called your dad he could stop it all, yeah


You'll never live like common people
You'll never do whatever common people do
You'll never fail like common people
You'll never watch your life slide out of view
and then dance and drink and screw
because there's nothing else to do


Sing along with the common people
Sing along and it might just get you through
Laugh along with the common people
Laugh along even though they're laughing at you
and the stupid things that you do
Because you think that poor is cool


Like a dog lying in the corner
They will bite you and never warn you: look out
They'll tear your insides out
'Cos everybody hates a tourist
Especially one who thinks it's all such a laugh (yeah)
And the chip stains and grease
will come out in the bath


You will never understand
How it feels to live your life
with no meaning or control
and with nowhere left to go
You are amazed that they exist
And they burn so bright whilst you can only wonder why


Rent a flat above a shop
Cut your hair and get a job
Smoke some fags and play some pool
Pretend you never went to school
And still you'll never get it right
'Cos when you're laying in bed at night
Watching roaches climb the wall
If you called your dad he could stop it all, yeah


Never live like common people
Never do what common people do
Never fail like common people
Never watch your life slide out of view
And then dance and drink and screw
Because there's nothing else to do


I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you
I wanna live with common people like you, la la la la


Oh, la la la la
Oh, la la la la
Oh, la la la la lala
Oh yeah




Il video originale di Common People (1995). La studentessa qui è l'attrice Sadie Frost.



Una curiosa cover "elettrica" e semipunk del 2004 di Joe Jackson con William Shatner a declamare il testo e un coro di bambini verso la fine. Grosso successo in Australia.



Parodia Hindi di Common People, dove stavolta la studentessa è inglese e vuole vivere a tutti i costi like Hindi people. Il giovane Hindi non è d'accordo, anche perché è di Coventry. Tratta dalla trasmissione comica sulle differenze culturali fra indiani e inglesi Goodness Gracious Me in onda su BBC4 dal 1998 al 2001.



Nel 2011, in occasione della loro reunion, i Pulp hanno pensato bene di lanciare dal loro sito un videoconcorso per la migliore cover tratta da una loro canzone. Uno dei video più votati è stata questa minimalista Common People cantata in catalano (La Gent Normal) da Manel fra i banchi del mercato di Sant Antoni (Barcellona)  , a imperitura testimonianza dell' iberico affetto verso i Pulp.  



Aggiornamenti

Questo è un albo a fumetti promozionale creato nel 1995 per il mercato francese dal disegnatore e illustratore inglese Jamie Hewlett (noto fra l'altro per avere creato l'immagine dei componenti del gruppo pop-cartoon Gorillaz).  Il fumetto illustra passo passo le liriche di Common People:


Clicca sull'immagine per il fumetto.

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Il racconto dell'ortensia

"I absolutely loathe hydrangeas!"



Gentile sig.ra Ciccone,

Chi le scrive è un'esponente della famiglia delle Hydrangeaceae (ordine delle Cornali) : a volte ci inseriscono nella famiglia delle Sassifragacee, ma quelle sono solo erbe annuali o perenni, a volte succulente, e noi non ci appiattiamo sui sassi della Groenlandia sperando di non prenderci una gelata.
Noi veniamo dall'estremo Oriente, e ci caratterizziamo per i nostri corimbi o infiorescenze sterili. Fummo conosciute in Europa solo alla fine del '700, grazie al naturalista francese Philibert Commerson che dedicò la sua scoperta alla signora (si tenga forte, sto per arrivare al punto):
Hortense Barré Lepante, figlia del principe di Nassau.
Credo che a questo punto abbia capito chi si sta rivolgendo a lei: sono un' Ortensia, per l'esattezza un' Hydrangea Macrophylla.



Ho seguito per caso - da un televisore acceso che potevo osservare dal giardino - il trattamento riservato alle infiorescenze di una mia collega.




Lei ha affermato che ci odiava, anzi, che ci detestava (in inglese distinto - so un po' di inglese perché i proprietari del terreno semiacido che abito sono di quelle parti - diceva absolutely loathed , neanche fosse la regina Elisabetta). Ha preso e gettato da una parte le mie colleghe recise, invece di chiedere un bel vaso pieno d'acqua (non per niente ci chiamiamo  Hydrangee, "vasi d'acqua" in greco.) Aveva una smorfia sul viso che assomiglia alla nostra reazione quando siamo assalite da un esercito di afidi e ragnetti rossi.
Perché tanto odio?
Noi ortensie eravamo già coltivate in Giappone nel '600,  ed è solo grazie a dei "trafugatori di piante" (le frontiere nipponiche furono chiuse dal 1639 al 1856) che alcune di noi arrivarono in Europa, anche se all'inizio venimmo scambiate per viburni.  Siamo diffuse anche nei suoi Stati Uniti , con varietà come la Arborescens, la Quercifolia e la rampicante Semanii . Questo non per essere pedante, ma per ribadire che viviamo anche nel suo Paese, e meritiamo lo stesso rispetto degli umani.




Inoltre non abbiamo eccessive cure colturali - le faccio notare che le rose, da lei tanto amate, durano assai meno di noi! - , non temiamo le gelate - le rose, invece... - purché il nostro terreno non sia eccessivamente calcareo. Anzi, un po' di calcio aiuta i nostri corimbi a diventare rosa o rossi (al contrario, il solfato di alluminio aiuta i toni blu e azzurri). Inoltre, siamo piante dai fiori ermafroditi (sono quelli più piccoli al centro dell'infiorescenza), e questo dovrebbe dimostrare la nostra assoluta assenza di pregiudizi - cambiamo perfino colore a seconda della composizione del terreno! Inoltre, visto che lei adora tutto ciò che viene dalla Gran Bretagna (mi risulta si sia propagata anni fa, o, come dite voi umani, abbia sposato, un inglese), le faccio notare che la Regina madre amava tantissimo i nostri corimbi al punto da decorarcisi il capo.


Ho sentito da un'aspidistra parcheggiata davanti a un computer che lei avrebbe girato un video nel quale si scuserebbe con noi.



L'aspidistra dice che in realtà è tutta una presa in giro, un motivo ulteriore per prendersela con le nostre infiorescenze. Signora Ciccone, se lo lasci dire: lei ha una forte carenza di torba.
 

Aggiornamenti  

Il video che racconta il "dietro le quinte" dell' Hydrangeagate :

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New York, New York

Un omaggio cinematografico alle Torri Gemelle di New York ( 4 aprile 1973 - 11 settembre 2001) :

Twin Tower Cameos from Dan Meth on Vimeo.

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Me ne vado

"Sono nauseato..."


La seconda notizia che ha sconvolto il mondo (dopo quella di Angelina Jolie che avrebbe buttato Brad Pitt fuori di casa presumibilmente per colpa di un suo eccessivo "affezionamento" alla sua assistente personale), è stata lo sfogo del nostro Premier al telefono con il direttore/faccendiere - ora latitante - dell' Avanti!  Lavitola a proposito delle eccessive pretese monetarie di Gianpaolo "Gianpi" Tarantini e della di lui signora. Secondo un'intercettazione che risale al 13 luglio 2011 Silvio ha espresso a Lavitola viva preoccupazione, scoramento e un forte desiderio di andarsene dall'Italia. I Boney M nel 1977 cantavano a proposito di Belfast  che quando il tuo Paese suona la campana dell'addio sei spacciato  : il fatto è che Silvio durante la telefonata ha pronunciato proprio la frase "Italia di m....a", e viene il sospetto che lo abbia detto apposta per essere pubblicato in tutto il mondo.
Perché questo comportamento? Voglia di farsi riprendere (Ma noo, le cose non vanno così male, rimani! )? Delirio situazionista? Provocazione estrema per mettersi al passo con tutti quelli che l'Italia l'hanno lasciata sul serio per trovare finalmente un'opportunità    ( Ve ne andate? Vengo anch'io! )?
L'attore - scrittore - poeta - artista romano Remo Remotti è famoso per un suo monologo -invettiva che si chiamava (mamma)Roma addio! . Qui un video del brano con sottofondo blues:




Ho paura che Silvio avesse in mente Remotti mentre litigava con Lavitola. Ecco la mia umile ricostruzione del suo pensiero: 

Mi ha chiamato Lavitola dell’ “Avanti!” . Gli ho detto che me ne andavo dall’Italia. Ma che sei matto?
Me ne vado da quell’Italia escortata, bisignana, di “Passami il presidente che voglio tre milioni”, da quell’Italia delle ville, degli appartamenti, delle case al Colosseo comprate non si sa da chi, quell’Italia delle cene a Palazzo Grazioli, dei weekend a Villa Certosa, delle colazioni a Porto Cervo.
Me ne vado da quell’Italia dei gianpi, dei lele, degli emili, delle ninni, dei valter, delle sabine, delle patrizie delle ruby delle geraldine delle terry delle maryshtelle delle debbie delle mogli dei notai delle mogli degli avvocati delle mogli dei medici…
Me ne andavo da quell’Italia che tu oggi gli chiedi cinquecento, vai tra due mesi e gli dici che sono serviti per delle c….ate, lì devi mettere altri cinquecento. Da quell’Italia dell’attico con la vista, della residenza da tremila metri quadri più altri diecimila di giardino, del coso che deve essere chiuso subito sennò gl’inchiavicano la vita, dei trecentocinquantamila a lui e alla moglie, dei ventimila al mese più gli extra…
Me ne vado da quell’Italia che ci invidiano tutti, un paese unico di cielo di sole e di mare ma anche di storia di cultura e di arte. Da questo paese straordinario che dovete ancora scoprire, da quell’Italia sempre con il sole estate e inverno. Io fra qualche mese me ne vado, mi mettano le spie dove vogliono, mi controllino le telefonate, io s…o, sono pulito anche se mi gronda il cuore di sangue e non me ne f…e niente, io sono splendido splendente e trasparente come un uovo di serpente, me ne vado per i c….i miei me ne vado da questo paese di m….a !
Mamma Italia: addio!


Come sono andato?


Aggiornamenti

L'ascesa e caduta della moglie di Gianpaolo "Gianpi" Tarantini.

Scartata Manuela Arcuri per le feste del Premier: "Troppo volgare"

Berlusconi a Tarantini: ho la fila fuori dalla porta, erano 11, me ne sono fatte 8

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Il potere della parola

"Ricordate, Sir: tre lampi, poi rosso fisso: siete in diretta"


Vedere Il discorso del re (2010, Tom Hooper) all'arena sotto casa fa un certo effetto.  Non solo perché i film proiettati in uno spazio aperto hanno un'acustica molto particolare - si mescolano alla pellicola il fruscìo degli alberi che circondano lo schermo, gli stridii dei tram in lontananza, il sonoro dell'altro film che stanno proiettando dall'altra parte della piazza, a volte un aereoplano sopra le teste degli spettatori - ma perchè la stessa proiezione "esterna" esalta ancora di più il perno su cui gira questo film. La storia, finora tenuta segreta dalla famiglia reale, del principe Albert, Duca di York e secondo figlio di re Giorgio V d'Inghilterra, incapace di tenere un discorso in pubblico per via della sua balbuzie, e del suo rapporto con Lionel Logue, ex-attore fallito e terapeuta del linguaggio che lo aiuterà ad avere le parole che gli servono per guidare la Gran Bretagna nella Seconda Guerra Mondiale,  non è tanto un film sulla Storia e sugli uomini che hanno contribuito a farla, quanto sulla Parola e sulla sua importanza nella comunicazione moderna. Anche se noi riteniamo di vivere in un mondo d'immagini, in realtà nei secoli passati la comunicazione iconica - religiosa e non - era molto più importante per farsi comprendere dai popoli, dato che pochi sapevano leggere e ancor meno possedevano libri. Il discorso del re si apre con il dettaglio di un microfono della BBC


 del 1925, che apre a sua volta sulla minuziosa preparazione personale del presentatore del discorso del principe Albert duca di York alla nazione.



Come se il pretendente al trono fosse il tramite, e non l'aspetto principale della comunicazione. Importante è il dialogo fra il vecchio re Giorgio V e il balbettante figlio: il primo deplora che ormai un re debba per forza "saper parlare", avere capacità comunicative da guitto , invece di regnare come un tempo solo in base alla presenza fisica (e Albert gli risponde con una frase che viene normalmente attribuita all'attuale regina Elisabetta II : Noi siamo una ditta.) Lionel Logue ce lo mostrano all'inizio mentre tenta, senza successo,  di passare un provino per la messinscena del Riccardo III di Shakespeare. Egli sta per declamare il famoso inizio del dramma, quello dell'inverno del nostro scontento , ma viene subito zittito dal regista che gli dice di volere un interprete più giovane, e soprattutto più regale (Logue è australiano, e qui c'è tutta la protervia inglese nei confronti delle colonie oltreoceano). E'in questo punto che si compie il destino dei due uomini: il re diventerà, al contrario di quanto accade in Amleto, l'interprete dell'attore, sarà lui a recitare la parte che all'attore non hanno permesso di fare. E le parole del discorso del re, nella scena finale, andranno per tutto il Regno Unito compresi i paesi dell' Impero britannico, in una sequenza classica sottolineata  dal secondo movimento della Settima Sinfonia di Beethoven, dove ognuno, in ogni casa e in ogni Paese, sta davanti a un apparecchio radiofonico ad ascoltare l'entrata in guerra dell'Inghilterra nel 1939.



Quindi il re è diventato finalmente, dopo lungo travaglio, un attore che recita la parte del re. La parola, osteggiata dalle circostanze, esce fuori e definisce per la prima volta un uomo e il ruolo che deve avere nella Storia salvandone contemporaneamente un altro dalla mancanza di un palcoscenico. Tutto questo fra i tram che sferragliano, le fronde che stormiscono e i gusci di cioccolato fondente delle Bomboniere crepitanti fra i denti degli spettatori.




Un documento storico: il discorso del re tenuto il 3 settembre 1939. Qui la trascrizione:

In this grave hour, perhaps the most fateful in our history, I send to every household of my peoples, both at home and overseas, this message, spoken as I were able to cross your threshold and speak to you myself.
For the second time in the lives of most of us we are at war. Over and over again we have tried to find a peaceful way out of the differences between ourselves and those who are now our enemies. But it has been in vain. We have been forced into a conflict. For we are called, with our allies, to meet the challenge of a principle which, if it were to prevail, would be fatal to any civilized order in the world.


It is the principle which permits a state, in the selfish pursuit of power, to disregard its treaties and its solemn pledges; which sanctions the use of force, or threat of force, against the sovereignty and independence of other states.
Such a principle, stripped of all its disguise, is surely the mere primitive doctrine that might is right; and if this principle were established throughout the world, the freedom of our own country and of the whole of the British Commonwealth of Nations would be in danger. But far more than this - the peoples of the world would be kept in the bondage of fear, and all hopes of settled peace and of security of justice and liberty among nations would be ended.
This is the ultimate issue which confronts us. For the sake of all that we ourselves hold dear, and of the world order and peace, it is unthinkable that we should refuse to meet the challenge.
It is to this high purpose that I now call my people at home and my peoples across the seas, who will make our cause their own. I ask them to stand calm, firm and united in this time of trial. The task will be hard. There may be dark days ahead, and war can no longer be confined to the battlefield. But we can only do the right as we see the right, and reverently commit our cause to God.
If one and all we keep resolutely faithful to it, ready for whatever service or sacrifice it may demand, then, with God's help, we shall prevail.
May He bless us and keep us all.