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Il negozietto delle sexy cravatte


Il negozietto supremo:
Méliès venditore di giocattoli (foto di Henri Cartier-Bresson)

Allo stesso modo in cui non esistono più le mezze stagioni (signora mia), non ci sono più i negozietti di una volta. Il negozietto era un esercizio commerciale di minuscola cubatura, situato prevalentemente nelle zone centrali o semi-periferiche, tenuto generalmente da signore o signori in là con gli anni: questi ultimi li trovavi incatramati dietro al bancone - perchè il negozietto era una specie di bunker antiatomico dove, al posto delle razioni K e delle maschere antigas c'erano le merci stipate sino al soffitto. Un negozietto celebre era una cartoleria vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore a Roma - ora sostituito da un cambiavalute - tenuto da un signore di un'età sconosciuta ma che si sosteneva risalisse alla fondazione del palazzo dove detta cartoleria stava, che forniva di fogli protocollo il vicino liceo classico Albertelli . Chiunque osasse entrare lì dentro si sentiva quasi soffocare dalla quantità di quaderni e fogli di carta non ancora griffati e progettati come caramelle. Ci dovevano essere anche penne, calamai e carte sughe in qualche scatolone in alto, tutti ne erano convinti, magari stavano lì dall'epoca del Cuore di De Amicis...
Ora, come già detto, i negozietti non esistono praticamente più, vuoi per motivi di affitto, vuoi per obsolescenza sia delle merci che dei negozianti stessi (alla fine diventano entrambi polvere come il conte Dracula al mattino) :



Sopravvivono tuttavia - non si sa per quanto - dei negozietti con annesso/a negoziante, e uno di questi è una rivendita di biancheria intima ed altri oggetti che poi andremo a spiegare. Dicasi "biancheria intima", non "underwear" o peggio ancora "intimo", che sembra ti vogliano vendere l'anima di qualche dannato a scelta. Negli store di intimo ci sono i mezzi manichini che girano su sè stessi, a mezzo metro di distanza l'uno dall' altro, per far ammirare la spasmodica bellezza di mutande e reggiseni incollate a candidi ed inverosimili sederi e seni di plastica. Qui la vetrina si presenta così:






















E uno si chiede: dove sta l'intimo? Vi sono, è vero, due locandine del reggiseno invisibile Lovable e delle calze SiSi, ma l'enfasi della vetrina, illuminata come un ex-voto, sta nelle ignobili casacche di maglina a fiori "professoressa in pensione", nei cappelli a tesa larga di paglia e di stoffa "romantica donna inglese", nei monumentini in gesso messi in basso a destra "a te pensai / questo ricordo ti portai " (o "in testa ti lanciai" se si tratta del Presidente del Consiglio).
Nel bailamme di cappelli- casacche - ricordini si nota a sinistra della foto alcuni scampoli di stoffa lucida. Ecco, quelle sono le cravatte. Si capisce che vengono da un altro mondo, al di fuori delle riviste di moda o di tutto quello che noi riteniamo "elegante" e "appropriato".























Le cravatte già nell'altra vetrina erano abbastanza inquietanti nel loro acrilico splendore finto-seta, ma in questa si vede la loro doppia personalità: sono stampate sul retro con immagini di signorine discinte in varie pose. Sotto di loro, una confusione di gomitoli, matassine, slip contenitivi, passamanerie e fantasmini per i piedi. Una vertigine di cui solo i veri negozietti sono capaci: ci si chiede chi le compra, chi possa mai mettersi queste cravatte, quando e a chi mostra la donna nuda stampata sul retro (Ehi, psst... Vuole vedere qualcosa di piccante?), chi sono e come vengono reclutate le ragazze delle cravatte (Lavoro artistico nel campo della moda offresi, massima discrezione) , e soprattutto perchè le cravatte vengono messe in vetrina con degli oggetti che ne sviliscono il potenziale scandaloso. Mentre le ditte di biancheria fanno i salti mortali per rendere mutande e pedalini sempre più carichi di promesse, questa vetrina mette in scena senza volerlo l'intero ciclo della vita: le cravatte "birichine" a 8 Euro in cima (la gioventù), i gomitoli e le passamanerie al centro (l'età matura), le camelie di stoffa in fondo (la vecchiaia e la morte). In mezzo i fantasmini, perchè i piedi, donne nude o meno, dalla culla alla tomba fanno sempre male.

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Rah-rah-rama-rama for dummies

La "versione casareccia" di molti video musicali è probabilmente figlia del famoso "gioco dei mimi", croce e delizia di molte serate in società. Si giocava in due squadre: una doveva mimare il titolo o la scena di un film e l'altra doveva indovinare di che pellicola si trattava. Ne risultavano dei tentativi disperati di incapsulare l'essenza di una pellicola in una serie di gesti o azioni, fra le risate generali. Con l'avvento del video - e delle videocamere con annessi programmi di editing sempre più sofisticati - i gruppi di persone che si dedicano a versioni ridotte ai minimi termini di celebri pellicole sono aumentati in maniera esponenziale, tanto da ispirare al regista Michel Gondry il film Be Kind Rewind (Gli Acchiappafilm) , dove i gestori di un videonoleggio "ricreano" tutti i film in casa a causa della improvvisa smagnetizzazione dei nastri VHS del negozio:


Il cinema però comincia ad essere un mezzo dall' appeal troppo "alto" per poter essere manipolato a piacimento dal popolo (non a caso parodie e citazioni da film fanno sempre più parte della cultura semi-alta o alta). I video clip invece offrono - fin da quando sono nati per lanciare le canzoni - una miscellanea di stili e suggestioni che mastica e deglutisce il linguaggio cinematografico, suo referente "alto", per poi risputarlo in faccia all'utente assieme al brano. Finchè il dominio di MTV in televisione era totale ci si limitava a fruire dei vari video, facendo così conoscere ad un'intera generazione le meraviglie del montaggio cinematografico discontinuo . Con l'avvento del Web le occasioni di guardare i filmati musicali si moltiplicarono a dismisura, mettendo alla portata di chiunque un campionario di immagini e suggestioni inimmaginabile anche solo pochi anni prima. Alcuni spettatori, proprio come nel film di Gondry, hanno iniziato a "far propri" questi filmati, producendosi così in performance spericolate fra l'armadio e il letto, come fa questo danzatore con Single Ladies (Put The Ring On It) di Beyoncè:


La fase successiva dell'omaggio è la parodia, in questo caso la versione romanesca di Single Ladies (Bello che te credi) con un uomo e due donne (?):


Elementi essenziali per il "possesso" delle immagini sono una forte immagine, come la coreografia del video, volutamente ispirata a Mexican Breakfast coreografata da Bob Fosse:


Nel caso di Bad Romance di Lady Gaga, le immagini e i pezzi di coreografia si susseguono senza una logica apparente non consentendo alcuna sintesi umoristica; l'unico "gioco" permesso era quindi il rifare passo passo "in scala" quanto proposto dalla signorina Germanotta secondo il metodo illustrato dal film di Gondry:


In Baddest Romance vi sono delle soluzioni molto ingegnose ai problemi causati dalla scenografia dell'originale, come le capsule diventate cestelli portabiancheria (0:31):

E' interessante come il ruolo di Lady Gaga venga preso da più persone, come se la cantante venisse recepita più come "idea" che come personaggio al quale viene richiesto di mimare il testo della canzone. Ecco un primo piano (1:16):
Ed un altro primo piano, verso la fine. Qui Gaga è una ragazza dall'espressione triste (4:08): Il momento più spettacolare è senza dubbio la simulazione della "pioggia di cristalli", originariamente aggiunti in post-produzione e qui legati a cavi trasparenti che pendono a loro volta da un ampio cappello-cupola tolto dall'inquadratura (3:17) Insomma, se il tempo fuori non è buono (come a Ferragosto in questi giorni) e la noia vi assale, invece di fare il solito gioco dei mimi procuratevi delle suppellettili e masserizie varie, una video camera e un computer per il montaggio e divertitevi! Tutti (Beyoncè e Lady Gaga in primo luogo) vi ringrazieranno...

Ehi, chi porta lo scheletro?




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L'ora effettiva


Proviamo anche con Dio, non si sa mai...
(Foto ed elaborazione di Tamcra)



Il treno n°---- in arrivo da --- subirà un ritardo di 23 minuti . Ci scusiamo per il disagio.

Quando si stabilisce di venire a prendere qualcuno alla stazione, anche se si conosce la provenienza e la tipologia del treno in questione, anche se si viene a sapere il numero del treno e il binario in cui terminerà la sua corsa, ci si sente comunque pervasi da un senso di inquietudine. Forse perchè in un grande snodo si vedono tanti binari e tanti treni, ma vedere anche TANTE persone tutte assieme in uno stesso posto a NON fare la stessa cosa ti angoscia non poco.
Entrando nella stazione si passa la prima parte composta dai gruppi buttati per terra attorno alla libreria e dalle file davanti alle biglietterie. Dirigendosi risoluti verso il piazzale antistante i binari, i movimenti diventano di tre tipi:

Avanti/indietro: sono i passeggeri in attesa di prendere il treno.

Immobili: sono tutti quelli che aspettano i passeggeri scendere dal treno.

Da destra a sinistra: i vagoncini che portano le vettovaglie sui treni. Quest'ultimo movimento va ad una velocità doppia rispetto al primo elencato, come se fosse indipendente rispetto agli altri due.

Fra questi tre movimenti pulsano le monadi costituite da individui leggermente ricurvi, le maniche lunghe a ricoprire le braccia in piena estate. Ad un esame approfondito si scopre che manca loro un po' di denti. Con tutto questo vogliono sempre i soldi per comprarsi un panino, e vedendo la durezza media dei panini da stazione ci si chiede perchè vogliano così male ai loro denti mancanti. Dopo di loro arrivano i punkabbestia
con gli anelli e i cani, ma abbiamo già dato. I punkabbestia si ritirano al binario n° 1, pronti per riattraversare in diagonale lo spiazzo, come l'Alfiere nel gioco degli scacchi.

L'unico elemento fermo per forza è il ferroviere addetto alle informazioni dietro al gabbiotto. In mezzo al rumore infernale dei treni in arrivo e in partenza ci dice a che ora arriva cosa a ciccione accaldate con i cappelli di paglia e tizi col trolley e il foglio in mano con la prenotazione (i peggiori). Ci si avvicina al gabbiotto chiedendo, appunto, spiegazioni, citando l'ora di partenza, il tipo di treno, l'ora di arrivo, in che vagone ci si è pren... Risposta senza alzare gli occhi dal terminale: Qual'è il numero del treno? Non prendendo treni non ci si rende conto che ogni convoglio ha un numero riportato sul tabellone. Si balbetta: dovrebbe arrivare alle cinque e mezza... Allora se è quello porta ritardo. Sul tabellone compare infatti la cifra del ritardo sotto "ora effettiva" . L'informatore fino a quel momento immobile in mezzo al frastuono fa un salto: è stato salutato con un urlo da uno dei guidatori dei vagoncini. Si ritorna dietro la linea blu, e davanti a noi si staglia la passeggera più temibile: capelli bianchi, vestito di cotone a fiori in mezzo a mise da simil-veline che la maggioranza muliebre ha adottato dai sei ai sessant'anni, sandali di pelle incrociata a mezzo tacco, borsa-valigia stretta in mezzo alle gambe, chiama i nipoti con il telefonino a scatto e scruta l'orizzonte tenendo il braccio libero con la mano sul fianco da cui pende il ventaglio dipinto a mano di squisita fattura cinese. Neanche gli sdentati con le maniche lunghe osano avvicinarsi a lei. Dopo un po' arriva sobbalzando trafelata la figlia o nipote, abbronzata e rivestita di maglina elastica con una bottiglietta d'acqua in mano. La passeggera la guarda come se avesse fatto del suo meglio, ma non si fosse applicata abbastanza.
Nel frattempo il tabellone degli arrivi e delle partenze comincia ad esercitare sui passeggeri un fascino ipnotico; infatti parecchi si fermano e guardano in alto, come se dovessero aspettarsi gli alieni scendere dagli Eurostar. Si osservano le due colorazioni sul tabellone per indicare il presunto orario d'arrivo e quello (arancio) reale. Ci si aggrappa all'arancio effettivo che nel frattempo viene raggiunto dall'ora reale, e a quel punto ci si chiede che fine abbia fatto il treno. Viene in mente una canzone per bambini che Christian De Sica cantava un po' di tempo fa e che faceva Viaggia senza orario / senza itinerario / và / trenino / và. Quando la mente arriva a ma c'è chi dice che va a caffè / a lecca lecca, a creme caramel il tabellone ha sonvolto le cifre e finalmente compare la Prova dell'arrivo del Treno: il numero del binario.

A noccioline / a gomma americanaaaaa !!!!!

A dispetto di quanto fanno vedere i film romantici, quando arriva il treno in stazione - dev'essere un ricordo ancestrale di quando la gente si spaventava a vedere il treno dei Fratelli Lumière arrivare alla stazione di La Ciotat -



non bisogna MAI andare incontro ai passeggeri che scendono dal treno. Il pericolo infatti è che chi viene incontro ai vagoni e chi esce dai vagoni stessi percorrano due linee parallele e finiscano per non vedersi. Bisogna aspettare il passeggero a piè fermo, dovesse portare sei valigie con sè. Al massimo, aggirarsi con un cartello con su scritto il suo nome, che fa molto international hotel. Quando finalmente scendono i primi passeggeri, hanno sempre l'aria di chi ha passato sofferenze inenarrabili. Si trascinano sacche valigie e trolley nella luce radente del pomeriggio, sudati, accaldati, la maglietta a penzoloni. Quando hanno varcato la linea blu e dopo aver scansato i vagoncini con le vettovaglie che viaggiano in perpendicolare si ricongiungono -alcuni- ai parenti, altri si attaccano al cellulare, altri ancora sciamano via.
Alla fine si trova dopo un buon quarto d'ora la persona che si cercava: è ancora più acciaccata degli altri, tiene per mano il suo bagaglio e immediatamente si pensa se non si è scordato niente sul vagone. Con gli occhi si soppesano le cerniere della sacca: no, sembra tutto in ordine. Si prende finalmente in consegna il passeggero e il relativo bagaglio e si cammina in linea retta verso la fine della stazone. Gli sdentati in camicia e punkabbestia stanno per ricominciare il giro.



Un bel video della stazione Termini (Roma) vista dall'interno.

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Auguri John Landis!



In missione per conto di Dio...



L'uomo che ha reso celebri i nazisti dell'Illinois e il motto "Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare" e zombizzato Michael Jackson compie oggi 60 anni. Ecco un estratto da The Blues Brothers (1980) : Il ballo precursore delle coreografie di Mamma Mia! , del serial Glee e di tutti i Flash Mob, ossia Shake Your Tail Feather con Ray Charles alle tastiere (Non c'è niente che non va in questa tastiera...)




La stessa coreografia verrà ripresa in Thriller (1984) :



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I Frammenti del Calippo e della Bira


Un frammento del filmato

E 'stato rinvenuto un sensazionale documento visivo risalente alla prima metà del 21° secolo. Apparentemente si tratterebbe di una serie di domande e risposte interpretate all'esterno, in un luogo con molte persone vicino al mare forse utilizzato per riunioni di carattere religioso. Le domande sono poste da un uomo adulto a due fanciulle in abiti ed acconciature rituali, e sono tutte a carattere fortemente speculativo: il filmato in questione sembra essere stato girato in una piana sabbiosa, forse luogo consacrato alla Verità. Siamo riusciti a trascrivere quasi tutto il dialogo grazie ai nuovi sistemi di filtraggio e pulizia delle immagini in movimento antiche.





FRAMMENTO 1:

Interrogante: Fa caldo… (1)
Fanciulla 1: Sì troppo… Cioè stamo tipo a ffà ‘a colla (2) , fa troppo caldo… Ma che mme stà a ripijià? (ride) Famme quarche domanda…

Interrogante: Te l’ho chiesto, allora: come resisti al caldo?
Fanciulla 1: Che ne so, me vado a ffà ‘na doccetta llà, perché ar mare dopo pizzica tutto…
Interrogante: Fino a quando resisti? (3)
Fanciulla 1: Eh n’oretta…no neanche, te devi annà a ffà subbito ‘r bagno, lavà ‘a capoccia, te pija subbito ‘n insolazzione.

(1) Questa frase è l'elemento formulaico del frammento 1.

(2) La risposta stamo tipo a ffà 'a colla ha suscitato molti dubbi da parte degli esperti linguistici sul suo vero significato. In quel periodo è certo che i riti religiosi estivi includevano lo stare immobili in adorazione di una divinità legata ai culti solari: tuttavia non si capisce se la colla di cui si parla fosse secreta proprio dalle fanciulle durante detti riti - e per questo venivano venerate come sacerdotesse - oppure se in realtà fosse il termine Faacolla , o luogo ove si svolgevano i riti. Questa seconda ipotesi sembra essere avvalorata dalla terza frase Ma che mme stà a ripijià? che potrebbe essere la Domanda iniziale del rito - le sacerdotesse vengono ripijate, ossia osservate durante il Rito. A questo segue infatti l'invito Famme quarche domanda…

(3) L'Interrogante chiede a questo punto alla Fanciulla 1 quando il Sole darà un Segno di sè sulla sua pelle, e la risposta accenna a sacri lavacri per non incorrere nella Sua ira divina (lavà ‘a capoccia).

A questo punto vi è un'interruzione che non è stato ancora reso possibile restaurare; l'Interrogante deve aver posto un'altra domanda alla Fanciulla 1 alla quale ha risposto qualcosa (purtroppo non si è riusciti a ricostruire l'audio a questo punto):

FRAMMENTO 2 :

Interrogante (rivolgendosi alla ragazza 2) : E tu?
Fanciullla 2: Io pure ‘r Calippo (4) , poi se sémo prese à bira… (5)
Interrogante : Ahi ahi ahi ahi ahi, la birra non va mica bene! (Audio perduto)
Fanciulla 1: ‘Na bira ghiacciata…
Fanciulla 2: E vabbè, mejio de gnente, dài, su… Poi ar mare uno se deve divertì, se deve (5) . Pè ffòrza, arivederci! (6)

(4) Stavolta parla la Fanciulla 2, forse la seconda officiante, che afferma di avere pure ‘r Calippo. Questa è senza dubbio la parte più controversa del Frammento 2. Cosa o chi è Calippo? Il nome segreto del dio che adoravano in quel dato periodo storico (recenti ritrovamenti mostrerebbero dei frammenti visivi con dei fanciulli correre con degli oggetti con su scritto, appunto, Calippo fra le mani: una rappresentazione dei succitati culti probabilmente dedicati alla fertilità) ? Oppure, scomponendo la frase si ha Pu Rer Cal Ippo , che secondo recenti studi altro non sarebbe che A Te Mio Signore nella prima parte.

(5) Nella seconda parte si ha 'A bira o Abira , un' invocazione alla dea dell'abbondanza.
L'Interrogante sembra prima negare - sopraffatto simbolicamente dalla sua potenza - poi chiedere le qualità di Abira, procedendo con il rituale. La Fanciulla 1 risponde ghiacciata, ossia proveniente dal Profondo e Freddo Buio per dissetare i fedeli con la Conoscenza.
La Fanciulla 2 riprende la formula affermando (5) ar mare uno se deve divertì, se deve… Pè ffòrza. Questo è senza dubbio il momento più alto della cerimonia, che mostra il Volto della Verità e la fine del rito della Speculazione (arivederci! )

la scoperta e decrittazione dei Frammenti 1 e 2 getta indubbiamente una luce nuova sui culti religiosi dell'inizio del 21° secolo.
Vi sono sovrapposti alle immagini dei segni corrispondenti a lettere di un alfabeto sconosciuto la cui decrittazione sarà una delle prossime sfide.