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Quando Corona apparve da MAS

La locandina collage dell'arrivo di Corona da MAS - Magazzini allo Statuto - Roma (sorgente:www.caina.it)


Ora che Corona - unico "famoso" in Italia ad essere chiamato per cognome - è in carcere a Busto Arsizio, tutti si cimentano a commentare la sua vicenda umana. Vi sono anche quelli che prendono le sue difese e quelli che parlano del suo inarrestabile declino. In realtà il declino di Corona non è iniziato in questi giorni, con la cattura in Portogallo dopo tre giorni nella neve dentro una Cinquecento, ma nel settembre del 2009 a via dello Statuto a Roma. 
Nei grandi magazzini Mas Corona doveva fare atto di presenza ogni primo giorno del mese: per l'occasione era stata approntata una campagna pubblicitaria destinata a lasciare il segno negli anni futuri. C'erano all'interno nei tram che sferragliano lungo la direttiva Porta Maggiore - Santa Maria Maggiore - Stazione Termini (quindi vicino a MAS) 

Porta Maggiore (direzione Stazione Termini)

 tre locandine con Corona vestito:
1) jeans e t-shirt bianca
2) jeans, t-shirt bianca e giacca lunga di pelle nera
3) jeans, t-shirt bianca e giubbotto
Queste dovevano essere le tre linee-tendenza di moda maschile presso il magazzino MAS. Ne è rimasta in Rete una testimonianza visiva, questa (sorgente: www.caina.it)



Il look "fico" di Corona


Si sarebbe potuta considerare questa campagna pubblicitaria l'apice della popolarità per Fabrizio Corona, la sua definitiva assunzione in gloria. Invece ne ha segnato lo spartiacque verso il declino. 
MAS non è solo un luogo pieno di articoli militari o fondi di magazzino: rappresenta il tramonto alla puttanesca dell' Occidente. Lungi dalle fighetterie dei negozi vintage dove vestiti e accessori usati vengono trattati - e fatti pagare - come qualcosa di cui soltanto le persone use di mondo hanno bisogno, i cassettoni di via dello Statuto traboccano di cose troppo classiche per passare di moda e troppo poco "caratteristiche" (tranne alcuni pezzi) per interessare veramente i modaioli. non a caso la pubblicità televisiva di MAS era basata sul personaggio di Pierino/Alvaro Vitali che scambiava lazzi e battute fra un reparto e l'altro. Oppure, negli anni dell'Isola dei Famosi, il calendario di Antonio "Er Mutanda" Zequila


Er Mutanda in camicia

 Tutta gente che sa di rivolgersi ad un pubblico "di basso profilo", e che quindi non ha problemi di immagine. Corona no: rappresenta l'uomo che non deve chiedere mai e che entra ed esce da discoteche e patrie galere, che è amico e ricattatore dei VIP, che sta(va) con Nina Moric e Belèn, è insomma un personaggio troppo "bigger than life" per MAS, la cui filosofia è basata piuttosto sul "chi si contenta gode", come ribadito dall'ormai introvabile Samba di MAS del duo The Electrics , ossia Fratelli Balestra: 



 

Se qualcuno il cui credo è farne sempre di più grosse ogni giorno che passa finisce per fare l'imitazione di Fonzie di Happy Days sui manifesti, questo non rende invidiosi i potenziali consumatori e cercatori di mutande a cannolè a 1 euro; 
piuttosto, li rende indifferenti. Non scatta l'identificazione col testimonial, e l'effetto "Marziano a Roma" è assicurato. Non so quali siano state le reazioni dei clienti di MAS quando si sono trovati/e di fronte a Corona: forse avrà gettato loro delle mutande a cannolè.

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Ciao, Mariangela!



  Basta guardarla di Luciano Salce (1970) 


 

Travolti da un'insolito destino nell'azzurro mare d'agosto di Lina Wertmuller (1974)


 

Lo chiameremo Andrea di Vittorio De Sica (1972) 


 

Film d'amore e d'anarchia di Lina Wertmuller (1973)



   
La Poliziotta di Steno (1974) - Trailer


 

Il Gatto di Luigi Comencini (1977)


 

 Dimenticare Venezia di Franco Brusati (1980) - Trailer


 

 Flash Gordon di Mike Hodges (1980)

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Esti cabrones! Il comandante Raymundo Navarro o la Space Oddity di Alto Gradimento


Alò! Soy en avarìa aquì! Los astronautes americanos y sovieticos me salutan y me sfoton da los oblones, y me pasan como razzos..


Tutto il mondo ha celebrato i sessantasei anni di David Robert Jones, in arte David Bowie. Lui ha fatto uscire dopo dieci anni di assenza una malinconica ballata berlinese dal titolo Where Are We Now?




Uno dei suoi pezzi più iconici del periodo pre-Ziggy Stardust,  Space Oddity, racconta di un uomo sospeso nello spazio che potrebbe anche essere sospeso dal mondo, o isolato per via della droga (Bowie ha sostenuto che parla semplicemente "del sentirsi soli"). Profondamente influenzata da 2001 Odissea nello Spazio , Space Oddity ha trovato nel corso degli anni alcuni tentativi di imitazione come per la Settimana Enigmistica : in Italia c'era il famoso caso di McKenzie partito per Giove - con la moglie rimasta sulla Terra in sala controllo che fra due mesi avrà il primo figlio la cui voce diceva "Help Me", poi silenzio e niente più (Help Me dei Dik Dik, 1972)




Elio e le Storie Tese in una scellerata parodia di Help Me hanno avanzato dei forti dubbi sulla paternità di McKenzie:



Comunque la versione a mio parere più fedele allo spirito bowiano è quella del Profugo dello Spazio Com. Raymundo Novarro che si collegava allo Studio Zeta di Alto Gradimento. Lanciato da un progetto spaziale che comprendeva tutte le nazioni europee, il povero comandante vaga da ocho años nello spazio con neanche una muchacha e nada alimientos, con la puempa do carburente che fa rumores todo el tiempo e lo sportiello  della nave spaziale Paloma II (il primo è andato distrutto) che està scardinado. Ricopre d'improperi (esti cornudaccios!) la torre di controllo di Madrid e tutta l'organizzazione europea fra i commenti comprensivi di Arbore e Boncompagni. Dopodichè esce dalla comunicazione fra suoni spaziali simili a quelli del Pianeta Papalla della pubblicità della lavatrice Philco. Ecco un primo audioclip del nostro Comandante:


Comandante Navarro - clip 1

Arbore e Boncompagni giurano di aver conferito con tutte le potenze europee che gli hanno combinato la vacada di lasciarlo nello spazio. Lui rotea come asino vagabondo nel trabiculo metàlico scasado tenuto insieme con seralaca y còla de Cocoìna, còla de fariña y molìcas de pagnottas.

Comandante Navarro - clip 2

C'è una disperazione dietro alle folli invettive del comandante Navarro (interpretato da Mario Marenco) che è stranamente simile a quella di Major Tom, l'astronauta di Space Oddity. (Here I am sitting in my tin can far above the Moon/ Planet Earth is blue and there's nothing I can do). Vittima del Grande Inganno spaziale, vuole tornare a casa, non ha neanche una muchacha ad aspettarlo sulla Terra, e nemmeno qualcuno da quaggiù a chiedergli Can you hear me Major Tom?  
Puerca vaca.

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Manizing "Womanizer": Britney Spears VS Franz Ferdinand

You WOMANIZER!

 Quando  si decide di fare una cover di un brano di successo si sta bene attenti affinchè le liriche coincidano con l'orientamento sessuale di chi canta. Dopo la morte prematura di Lucio Dalla sono state fatte molte discussioni se la Cara a cui si riferiva non fosse in realtà un Caro sotto mentite spoglie. Per lungo tempo si è teorizzato sulle canzoni "da donna" e quelle "da uomo", se è soltanto una questione di cambiare le desinenze finali di aggettivi e pronomi oppure se sono due cose non comunicanti fra di loro. Un primo esempio di passaggio donna-uomo è questa Mi sei scoppiata dentro al cuore, pezzo classico di Mina, qui nella versione di Alessandro Fontana (2011):


 

Qui invece l'interpretazione originale di Mina:


 

 La stessa Mina  si è cimentata più volte nell'area "maschile", cantando ad esempio di motociclette 10HP che allora erano non erano considerate roba "da signore". C'è da dire però che l'idea base de Il tempo di morire di Battisti-Mogol si basa più sul patto disperato di una persona che sulle cromature, cosa che può essere cantata da chiunque:

 


Trasferendoci nel mondo del pop-rock anglosassone verrebbe da dire che le cose dovrebbero essere più semplici e il passaggio uomo-donna (o donna-uomo) meno indolore, anche per la mancanza di desinenze connotative. Errore. Se un pezzo è per una "diva" (plurale "divas"), ossia una popstar femmina dotata di ego strabordante, la versione XY può essere una iattura. Immediatamente si vengono a formare sulla testa del/i malcapitato/i sospetti di "tradimento" ormonale. Quando nel 2008 Britney Spears dopo un lungo periodo di sbandamento personale e un album, Blackout, che non aveva dato i risultati sperati quanto a vendite, uscì con il nuovo singolo - e il conseguente album Circus - dal titolo Womaniser, questo brano fu il più suo grande successo negli USA dopo Baby One More Time . Il testo è la presa di coscienza di una donna che riconosce che il suo uomo è uno sciupafemmine inveterato e giura che non ci cascherà mai più. Un concetto già espresso a suo tempo da Patty Pravo ne La bambola , e ribadito da questo video ricco di effetti morphing (ATTENZIONE! Il video contiene scene di nudo femminile in sauna):






Arriva il 2009 e nella trasmissione radio BBC Live Lounge gli anglo-greco-scozzesi Franz Ferdinand fanno sentire la loro idea su Womanizer. Come se, chessò, i Baustelle rifacessero appunto La bambola.  



Gettando il gender oltre l'ostacolo e soprattutto divertendosi un mondo, Alex Kapranos e soci tirano fuori il nucleo del pezzo che, al netto di tutte le campionature elettroniche sembra in realtà uscito dallo stampo di Happy Together dei Turtles (1967):



Sì, ma non era una donna quella che doveva lamentarsi del womanizer? E chissene, devono aver pensato i Franz forti del fatto che il testo cantato con il vocione decisamente baritonale di Alex Kapranos risulta stranamente più conturbante della vocina da zanzara campionata della Spears. Insomma, riescono a fare una versione "maschile" di un brano "femminile" senza cadere nella rilettura camp. Aggiungiamo che arrivati a metà si buttano a suonare Shopping For Blood, un loro vecchio brano (cominciare un pezzo interlacciandolo con un altro è una cosa che riesce molto bene ad Elio e le Storie Tese, come a dire: la madre delle canzoni è la stessa, eh!) e chiudono con un "You WOMANIZER!" che sembra l' EGOISTE! della pubblicità del profumo. Secondo me il womanizer ci ripensa.

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Il mondo da una barella

"Permessoooo!"



Mattina del 27. Giorno dopo S. Stefano, di solito dedicato a tutte quelle faccende che si preferisce rimandare a dopo Natale. La sera precedente non chiudo occhio a causa di un forte dolore al fianco sinistro. Faccio colazione e prendo subito dopo una bustina di antidolorifico, certa che il dolore passerà. 
Faccio tre passi e sento una fucilata nel cervello. 
Altri tre passi e mi aggrappo al primo mobile davanti a me. 
Non riesco ad urlare, apro solo la bocca per svariati lunghissimi secondi. Quando la chiudo, mi ritrovo con la gamba sinistra che non si può muovere senza produrre stilettate di dolore. 

 Provo a ritornare a letto. Non riesco più a trovare una posizione per far tacere le stilettate. mentre il letto si disfa sempre più, prendo una decisione: chiamo l'ambulanza col 118.
Quando arrivano, io quasi mi vergogno, mentre il medico e i portantini entrano in casa (avevo detto a mio fratello di mettersi davanti alla porta per aprire), di far vedere loro la stanza in disordine, ma tant'è, saranno abituati a scene peggiori. Dopo alcune domande atte a riempire il modulo per l'ospedale, mi spostano in due - non posso muovermidel tutto, lo ricordo ancora - e mi accompagnano all'ascensore e quindi all'ambulanza.
All'interno dell'ambulanza, il medico mi dice di trovare una posizione in modo da sentire meno dolore possibile. Questo è un particolare inportante, dato che in quella posizione sarò destinata a rimanerci per un bel po'.
Vedo la strada scorrere dalle finestre dell'ambulanza, e mi viene in mente che l'ultima volta che sono salita sopra un veicolo del genere fu quando dovetti accompagnare mia madre all'hospice per l'ultima degenza della sua vita. Anche il tempo -soleggiato invernale - era lo stesso. Una ventata di freddo annuncia la vine del viaggio e il trasbordo al Pronto Soccorso.

Dall'atrio passo al corridoio, sfiorando altre barelle ed altri destini. 
Vedere il mondo dalla barella consente di avere due prospettive: la prima, quella degli altri pazienti che essendo anche loro in barella sono al tuo stesso livello e si attorcigliano come te in lenzuola, giacconi e coperte. Vengono ricoverate le signore anziane, e tutte sono rigide con il cappotto imbottito la loro borsa sulla pancia e qualcuna anche la permanente, ma ogni cosa sembra priva di senso, come se qualcuno avesse fatto loro uno scherzo. Gli uomini invece stanno perlopiù scomposti e intenti a telefonare a qualcuno (Aò, ciò 'r ginocchio come 'na zampogna!), comunque sembrano più a loro agio nel Corridoio dell'Attesa. Sì, perchè si tratta di
ATTENDERE.

Anni e anni di telefilm ospedalieri hanno inculcato nei pazienti il terrore dell' Evento: l'incidente che fa arrivare decine di codici rossi mentre voi siete solamente verdi. Cosicchè ogni volta che si apre la porta che porta al corridoio alcune teste debolmente si alzano. Se riescono a vedere soltanto un braccio e un ginocchio sanguinante e niente flebo, sospirano di sollievo.
Il sentimento dell'attesa fa sì che altre cose abbiano la priorità sulla Vita e la Morte: la prima è quella di trovare un bagno libero e possibilmente praticabile per liberare la vescica (se si è riusciti a farla prima di andare in ospedale sì è già a metà della lotta e non toccano penose richieste di padelle e pappagalli). La seconda riguarda il cibo. Qualunque tipo di cibo va bene nelle prime ventiquattr'ore, e qui tornano buoni eventuali parenti e amici che con un filo di voce vengono spediti al bar o davanti alle macchinette distributrici, e che poi ritornano con la borsa nella mano destra, il resto nella sinistra e i sacchetti di cibo in mezzo ai denti. La bottiglietta d'acqua è un affare serio: si perde nei drappeggi della coperta dell'ospedale e viene ritrovata dagli infermieri quando finalmente smontate dalla barella.



Dov'è la bottiglietta dell'acqua?

 

Incastrati nella barella imparate a distinguere le persone ragionevoli da quelle decisamente fastidiose (a prescindere da ciò che hanno). Quando arrivano donne alte un metro e quarantacinque infilate in giacconi imbottiti informi gli infermieri tremano. Queste donne vengono da situazioni personali a dir poco complicate e non hanno più nulla da perdere: si fiondano nelle stanze o in qualunque bugigattolo dove ritengono operino "idottori" e iniziano a fare domande sui loro parenti assistiti. Se non si dà loro retta o le si invita a restare nel corridoio si ottiene una reazione che va dal Sì, ma come sta al Chiamo i Carabinieri! Se invece si dà loro retta dopo cinque minuti se la prendono con i parenti che sono venute ad assistere (E smettila di gridare!). Dopodichè si rintanano torve su una panca in compagnia della figlia cinquantatreenne, riconoscibile dalla tintura per capelli più bionda e dal giaccone imbottito di una sfumatura più chiara rispetto a quello della madre. La figlia brandisce un cellulare di penultima generazione -la madre ha quello di terz'ultima - facendone gemere i tasti nelle sue manone e chiede aiuto a tutti quanti, zia Adelina e pompe funebri comprese. 
Il personale medico e paramedico sguscia via dalla vostra visuale, e  distinguete chiaramente brandelli di dialogo che vanno dal conteggio di ore di straordinario a quale percentuale di voti ha preso il delegato all'assemblea. Vicino alle feste si scambiano baci, abbracci e domande su chi copre il turno e chi no. Mentre la bottiglietta dell'acqua è arrivata all'altezza del calcagno sinistro e la coperta pencola pericolosa all'esterno vi chiedete quanto potete ancora sopportare quella pinza che stringe e allenta il nervo all'altezza del fianco. Stringete le spondine della barella mentre la signora volontaria vi dice che c'è un codice rosso nella sala visite 1. Voi augurate mentalmente una sincope al codice rosso che si permette di stare al vostro posto in sala visita, e cercate di spostare la coperta un po' più al centro senza cadere di sotto. Quando vi sembra che il risultato sia buono, arrivano due infermieri per trasferirvi su un letto e liberare così la barella per l'ambulanza. Tutto da rifare. Ogni tanto passano esseri sui lettini che non si capisce se sono già morti o no. Quando sembra non esserci più speranza per voi chiamano il vostro nome. Improvvisamente vi sbracciate come un naufrago del Titanic quando vide il Carpathia


 nell'alba gelida dell'Artico. Vi riacchiappano prima che possiate cadere giù dal letto e vi portano in sala visita.
Il dottore ne ha viste tante, e si vede. Avete la sensazione che le pareti della sala visita contengano tutti i dolori di tutti i pazienti della settimana. Mentre gli infermieri vanno e vengono, passate la visita cercando di raccontare con fare disinvolto brandelli della vostra storia clinica (il leitmotiv è: Avete ALLERGIE?) e vi ritrovate in mezzo agli spifferi a correre verso il reparto di Radiologia. Una lastra. Al bacino. Nello stanzone di Radiologia cominciate a sentire il Freddo della malattia. Sono allineate quattro barelle, con quattro donne sopra, una delle quali ha i baffi (Signò, quando màa fate la TAC? - La TAC una è. Lo sapete quanti siete voi? Su, signora bella, non faccia così ). Il vostro turno arriva prima del previsto, e nella stanza delle radiografie vi dovete distendere a pancia in su con le gambe piegate. Facile se si sta bene, un inferno se la pinza non molla il nervo all'esterno del fianco. Il radiologo deve fare un'esame d'inglese, e si lamenta del pessimo accento dei sussidi audio in lingua che deve ascoltare. (Un accentaccio, mio dio...) Il libro lo conosco: è il corso più famoso delle scuole medie e superiori, ricordo ancora la prima vignetta che parlava di un attore di film dell'orrore che nella vita reale amava i fiori e i bambini - oggi una didascalia simile sarebbe improponibile -
Ritornate in superficie e vi piazzano con la barella nel corridoio davanti allo stanzino con la posta pneumatica. E lì fate una scoperta: nello stanzino una vecchina con una testa che sembra una di quelle rimpicciolite della Nuova Guinea vi tiene tutti i suoi averi. Le infermiere tentano di convincere la vecchina a traslocare il suo sacco, e ne segue un'accesa discussione proprio davanti ai vostri piedi. Vorreste dire la vostra fra il rumore dei contenitori della posta che salgono e scendono e gli strepiti della vecchia rimpicciolita, ma nel frattempo avete un attacco di fame. Tirate fuori dalle pieghe della coperta la vostra razione K: un saccetto di patatine. Lo sgranocchiate piano pensando a quante tribù di rimpicciolitori di teste ci sono ancora in giro.

Il dottore vi dice che non ci sono fratture. Però bisognerebbe fare la TAC.