All day, and all of the night

Are you breaking the rules?


I film sul potere della radio sono sempre ben accetti, a differenza di quelli sul potere della TV. Forse perchè è un mezzo "caldo"e con la radio, come dice Eugenio Finardi, "non si smette di pensare". Pellicole come Radio Days o American Graffiti - con il fil rouge della voce di Lupo Solitario - indicano come il mezzo radiofonico faccia volare le coscienze più in alto dei corpi che esse stesse abitano. Se si aggiunge poi a questo la fascinazione per la Gran Bretagna negli anni '60, allora è il massimo. In piena ebollizione del mito dell'adolescenza e dellacultura pop, la BBC non trasmetteva che 45 minuti di musica "moderna" al giorno. Logico che alcune stazioni radio pirata, situate fisicamente in navi sul mare del Nord, provvedessero a trasmettere ogni ben di Dio musicale 24 ore su 24. A una di queste navi - modellata su Radio Caroline, tuttora esistente - si ispira I Love Radio Rock (The Boat that Rocked, 2009) di Richard Curtis, creatore di storie collettive e "feelgood" come L'Amore Davvero (Love, Actually, 2003) o Quattro matrimoni e un funerale (Four Weddings and a Funeral, 1994).



Cosa c'è di meglio di un luogo circoscritto dove far fermentare la propria follia e instaurare un proprio ordine morale? Richard Curtis sceglie di raccontare il passato attraverso il filtro della favola. La Barca-Radio di Radio Rock diventa così una via di mezzo fra la Foresta di Sherwood e la Casa dei sette Nani (non a caso i DJ sono sette). Biancaneve non c'è, in compenso c'è Felicity, cuoca dichiaratamente lesbica e quindi elemento femminile sessualmente innocuo come Biancaneve. Al posto della Bella Addormentata abbiamo Carl, il figlioccio di Quentin, il padrone del castello (il proprietario della nave, ossia il sempre carismatico Bill Nighy) ,
che deve conoscere l'amore e il sesso, non necessariamente in quest'ordine. I sette DJ nani vengono periodicamente visitati da una nave piena di colorate signorine, e i ruoli femminili sono a mio avviso la parte più debole del film. Mostrare la rivoluzione sessuale di metà anni '60 come un tempo in cui le donne non facevano altro che zompettare da un uomo all'altro, per quanto DJ, è un falso storico che porta a delle conclusioni ideologiche decisamente pericolose. Oltretutto gli unici due legami "profondi" (Carl-Marianne; Simon-Eleonor) finiscono a carte quarantotto per colpa della "volatilità" del genere femminile, cosa che pensava anche il Duca di Mantova nel Rigoletto. L'unica vera amante per gli Allegri Compagni della Barca è la Musica, concetto ribadito nella seconda parte dove la barca affonda in stile Titanic (le scene del naufragio sono molto simili) e tutti i protagonisti sono appesi alla prua della nave in balìa della notte oscura. La fine del Sogno e il trionfo del bieco e antirock Ministro Dormandy (un irriconoscibile Kenneth Branagh) e del suo fido Twatt (In italiano Mr. Pìrlon )? Macché, all'alba il Mare del Nord è disseminato di barche e barchette pronte a salvare ed amare i naufraghi più groovy degli ultimi cinquant'anni. Didascalia finale: adesso ci sono 299 radio che trasmettono rock all day, and all of the night ! Urrah!


Ora, perchè tutto questo non fa saltare sulle sedie?

I love Radio Rock fa lo stesso effetto dei film con Mike Myers - Austin Powers:
entrambi, con potenti mezzi tecnici, vogliono fornire al pubblico giovane un'idea del senso di libertà che aleggiava negli anni '60: dalle convenzioni, sessuale, musicale. Quello che però ottengono è un ulteriore ingabbiamento nelle convenzioni. Come già accennato, le figure femminili dei film free o Nouvelle Vague non erano delle stupidine in minigonna pronte a gettarsi sul primo simil-Jim Morrison in pantaloni di pelle che passava - questo suggerisce in pratica il film. Gli stessi Signori della Musica sembrano più dei vitelloni che degli Spiriti Liberi, - tutta la scena dell'addio al celibato di

Simon , girata in stile slide-show che fa tanto
To Sir With Love (La scuola della violenza - 1967)


ha un che di profondamente poco divertente. L'unico vero momento Anni '60 lo abbiamo quando il Conte (Philip Seymour Hoffman, una garanzia) , dopo aver sfidato il DJ rivale Gavin Kavanagh (Rhys Ifans in velluto viola e piuma sul cappello)
sul pennone della nave, confessa di avere raggiunto l'apice e di aspettarsi ormai "una discesa rapida". Un discorso non a caso simile a quello che si sente in American Graffiti, dopo la corsa con le auto truccate all'alba.


Al nerd Terry che si complimenta con lui per la vittoria, Milner risponde che in realtà stava per perdere. Il racconto di un passato - uno qualsiasi, non importa il periodo- è appunto questo: stare per perdere qualcosa.

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