Ma gli autobus sognano paline elettriche? (foto originale di Omar Cugini, 2005)
Dicono che gli autobus soffrano.
Tutte quelle curve e scossoni, e frenate, e apri le porte, e chiudi le porte, e vai al capolinea - che chissà perchè é quasi sempre una palina sulla strada buia (qualche volta si vedono vicino alla palina due bagni chimici con l'enorme marchio TOI TOI col cuoricino,
patetico tentativo di far sembrare una coppia di vespasiani portatili per il personale Trambus un qualcosa di "simpatico").
Di sicuro il jumbo bus che doveva partire alle 18:00 dalla Stazione Termini per andare verso Montesacro (e oltre), ne aveva viste troppe. Aveva caricato un signore sulla sedia a rotelle ed il suo acompagnatore, oltre al solito centinaio di persone in piedi e sedute. Corro in scia a un giovanotto con cappotto di pelle nera, pensando: con quel soprabito da Inglourious Basterd, figurati se non riesce a salire i tre gradini del jumbo. Così, é, e io appresso a lui. Mi guardo intorno, avevo notato che le frecce del bus erano entrambe accese (segno che sta riscaldando i motori per partire). Bene, mi frego mentalmente le mani e aspetto. Il signore sulla sedia a rotelle è al suo posto col suo accompagnatore, gli altri passeggeri aspettano, chi col cellulare, chi con il lettore mp3, chi con l'IPhone collegato con gli auricolari. Variamente vestiti in sfumature scelte dal nero al cammello (tornato di moda quest'anno). Non noto un piccolo particolare.
La pedana della porta centrale è calata sul marciapiede.
Ogni tanto si muove, come se avesse il singhiozzo, poi resta ferma. Metà dei passeggeri, a mano a mano che passano i minuti, danno occhiate sepre meno distratte e sempre più preoccupate a quella lastra di ferro appoggiata per far salire le persone su sedia a rotelle. L'uomo dal cappotto bastardo non sa se scendere o rimanere impassibile.
Tutto l'autobus ha un sussulto quando vede l'autista in piedi. Per chi è abituato ai mezzi pubbblici, questo vuol dire una sola cosa: sta per chiamare i rinforzi perché non ce la fa a tirare su la pedana. La quale continua imperterrita ad avere il singhiozzo. Io prego che a nessuno venga in mente di accusare il signore dalla sedia a rotelle, per aver chiesto all'autista di far scendere quel pezzo di metallo che ora non ne vuole sapere di rinfoderarsi sotto la doppia porta.
L'autista scende dal jumbo.
Cinque cellulari scattano in contemporanea per avvertire casa. Un tempo li tiravano fuori per farli vedere orgogliosamente in giro, ora questa frenesia anni '80/ Wall Street / "abbiamo l'esclusiva" si è ridotta in un ben più mesto "torno tardi, l'auto s'è scassato". E a nessuno viene in mente di pensare a una scusa: le scuse sono ben più gioiose della realtà. Ora c'è il 50 per cento dei passeggeri a terra che guarda l'autobus come se fosse il Titanic che affonda. L'altro 50 per cento è seduto o è in piedi, ma non se la sente ancora di abbandonare la nave. Infatti nei naufragi per salvare la gente ce ne vuole, e non perché manchino le scialuppe (come fu effettivamente ne caso del Titanic), ma perché tutti sperano che all'ultimo momento salti fuori un autista o riparatore Atac con la mantellina da Superman e un cacciavite in mano che fa miracoli.
La pedana ha il delirium tremens. Una ragazza scende e tenta di posizionarla sotto la porta centrale, l'autista preme i bottoni, il mezzo stantuffa, le sospensioni si abbassano... Niente. Il signore sulla sedia a rotelle e il suo accompagnatore appaiono disperati, ma non domi. Chiedo che ore sono all' Inglourious Basterd, che tira fuori il suo cellulare dopo qualche secondo (l'orologio non ce l'ha più nessuno, credo che l'atto di tirare fuori qualcosa per sapere l'ora sia una specie di ritorno al passato, quando c'erano i cipolloni legati ai panciotti dalle catene d'oro). Arriva il momento che tutti hanno rinviato: il secondo autista che dice al resto della popolazione di scendere e aspettare un altro mezzo. Una donna sotto un'enorme valigia e una capigliatura ancora più enorme, sembra la moglie di un Hobbit , insiste nel voler salire con tutta la valigia. La sconsigliamo vivamente, mentre sono scesi dalla pedana traballante l'uomo con la sedia a rotelle e l'accompagnatore. Il buio circonda tutti noi, come se l'avessero creato apposta. L'autista cerca ancora di sistemare la piattaforma perduta, ma ormai si pensa a portare il mezzo al deposito. Arriva un nuovo autobus, e l'uomo con la sedia a rotelle vi riesce miracolosamente a salire con tutto l'accompagnatore. Il bus è vuoto, ormai, con le orbite dei finestini cave e la pedana penzoloni, come uno con la patta dei pantaloni aperta. Si avvicina a passo di piccione una signora vecchissima, in ciabatte estive simil -Pescura,
senza calze e con degli incongrui occhiali da sole, che trascina un carrellino per la spesa. In mano ha un biglietto, sale sul jumbo - oh, che bell'auto vuoto! - seguita a mettere il biglietto nella timbratrice, ma niente accade nell'oscurità. Tentiamo a mezza voce di dirle No! E' guasto! Non lo faccia! , ma lei insiste dietro gli occhiali da sole nella notte blu di Prussia, col carrellino che le si affloscia accanto.
L'autobus dalla pedana penzolante, forse rincuorato, ringrazia.
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