Quando vado dal medico di base per una ricetta o per un controllo, trovo sempre in sala d’attesa un numero variegato di persone, che potrebbero unirsi sotto un’unica bandiera : siamo qui e non vogliamo morire. Abbiamo la signora che è seduta sulla poltrona come se questa la volesse inghiottire e non restituirla più, un’altra donna che si trascina con un bastone, uno chemisier d’altri tempi e tutta la documentazione medica degli acciacchi di suo marito, il vecchietto (non mi va di chiamarlo anziano, mi sembra di seppellirlo anzitempo) in camicia a mezze maniche, pantofole e in mano la scatoletta stropicciata del farmaco che sta prendendo al momento (“A’ dottò, che me la risegna che l’ho finite?”), una coppia multipla formata da un altro signore dai movimenti lentissimi e dalla sua badante che lo direziona a seconda della bisogna…Nei giorni più critici, che sono sempre quelli che precedono le festività o le seguono immediatamente, troviamo anche persone più giovani, come donne che sono sempre in piedi o scattano come molle dalla sedia per rispondere al cellulare – e le suonerie con tutta l’orchestra dentro sono terrificanti-, giovani rappresentanti delle case farmaceutiche in perfetto look UPIM - manageriale con pesantissima borsa da dottore fra le gambe e telefonino penultima generazione, e la new entry, che fa ammutolire tutti per un secondo pieno: la famiglia dell’immigrato. Questa può essere composta da coppia di indiani (lei in tunica e pantaloni, lui in camicia bianca, pupo in carrozzina o in braccio alla mamma) o coppia di cinesi (lei incinta e diciottenne, e già per questo gli italiani presenti la guardano strano). Quando lo straniero va via, tutta la sala d’attesa, piena di inserti trendy del “Corriere della sera” o “Repubblica”- e c’è un penoso contrasto fra le eteree modelle che questi giornali propongono e i vecchi arnesi seduti in attesa- emette un rumore tra il sibilo e il muggito (“ahò, so tutte ‘ncinte queste…). La porta si apre e tutti, compresi i morituri, scattano col piede in avanti per entrare nello studio del dottore. Inizia così un mercanteggiare su chi deve passare per primo.
Sono venuta prima sono uscita cinque minuti, dico cinque per prendere i documenti e me ne trovo davanti altri tre mi può far passare per favore devo prenne la pressione che sto a svenì che caldo oggi nun se respira signore alzati su che andiamo da dottore che ti fa puntura pronto dottoressa sono qui per l’appuntamento ah no guardi, devo solo ritirare due impegnative che c’ho la macchina in seconda fila ma quanto ci mette questa che se sta a confessà oh sto qua io, mi deve ancora vedere ‘spetta…
Siamo qui sul cuore della ASL e non vogliamo morire.
Sono venuta prima sono uscita cinque minuti, dico cinque per prendere i documenti e me ne trovo davanti altri tre mi può far passare per favore devo prenne la pressione che sto a svenì che caldo oggi nun se respira signore alzati su che andiamo da dottore che ti fa puntura pronto dottoressa sono qui per l’appuntamento ah no guardi, devo solo ritirare due impegnative che c’ho la macchina in seconda fila ma quanto ci mette questa che se sta a confessà oh sto qua io, mi deve ancora vedere ‘spetta…
Siamo qui sul cuore della ASL e non vogliamo morire.
1 commenti:
Stupendo!
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