Non è un paese per capelli



"Tutto il tempo che passi a cercare di riprenderti quello che ti hanno portato via è solo tempo sprecato. Devi fare in modo che la ferita non sanguini più!"

(da Non è un paese per vecchi, regia di Joel e Ethan Coen, 2007)


L’ imprendibile assassino ad aria compressa Anton Chigurgh (si pronuncia Scìgurgh, ma Chìgurgh secondo me era meglio, aveva un suono più da scarico otturato) guarda inesorabile da sotto il caschetto castano la sua futura vittima. Fa vedere una moneta. Testa o croce.
“Scegli” – dice.






Noi guardiamo la fila che inesorabile si snoda dal cancello dei giardini di Piazza Vittorio al baracchino della cassa dell’annuale rassegna estiva Notti di cinema. Non possiamo mostrare nessuna moneta, ma solo stare fermi in coda.


I giardini di Piazza Vittorio


Le code per gli eventi cinematografici sono qualcosa di unico nel loro genere: tanto per cominciare, ognuno che decide di andare a vedere uno dei film programmati per la serata cova dentro di sé la convinzione di essere l’unico a sapere che quel film, soltanto per quella sera, sarà proiettato su quello schermo. Naturalmente arriva lì e si trova in compagnia di almeno altri ottanta e passa carbonari più altri che si aggiungono all’ultimo momento (“ Ô, l’hai presi i bijjietti?”) . A Piazza Vittorio in particolare arrivano persone che normalmente non si fanno vedere in giro in altre occasioni dalle stesse parti. Indossano polo e jeans, e se ci si avvicina loro li si sentirà parlare al cellulare in un italiano appropriato di progetti vagamente cultural-cinematografici e chiamare gente per nome (“Sì, ho letto la cosa di Giovanni, ora devo mandare le bozze, non mi è piaciuta la presentazione di Alberto, come torno da Parigi ti richiamo”) e tu rimani dietro a loro figurandoti come Heidi un mondo fantastico (acci-picchia!) dove si va e viene da Parigi e Alberto fa le presentazioni, poi tutti alla prima e dopo al party con il cast al completo…

Lo sceriffo quasi in pensione cerca di capirci qualcosa di quella mattanza di messicani in mezzo al deserto. Ha un assistente cretino. Nel frattempo l’idraulico telefona alla sua donna dicendole che si dovrà nascondere per un po’. Ha una valigia piena di soldi, presa ad uno dei messicani ammazzati vicino al confine.

Giunge in mezzo alla fila la Donna Alternativa. Non ha niente a che vedere con la Comune dell’Amore Eterno di Un Sacco Bello di Carlo Verdone, ha su di sé elementi molto etnici e molto chic, di quello chic propagandato dalle riviste di moda di medio cabotaggio. O è una borsa con le perline, o un sciarpa più o meno pashminata, o i temibili sandali in pelle che rimangono duri e penitenziali dopo un mese che tenti di camminarci –e sono i TUOI piedi a doversi adattare- Il suo arrivo suscita ammirazione, anche perché come arriva si mette ad abbracciare il suo gruppo di appartenenza con i classici due bacini, uno a destra e uno a sinistra. Peccato che il suo splendore etnico sia in parte rovinato dalla presenza delle famigliole indiane nei pressi della giostrina, le cui donne dalle nere e seriche capigliature sfoggiano il completo tradizionale formato da una tunica lunga e pantaloni a tubo in colori così sgargianti che nessuna donna per quanto alternativa oserebbe portare.

La donna dell’idraulico ha una madre che è sul punto di soccombere al cancro e che passa gli ultimi momenti della sua vita a dirle quanto il suo uomo sia un buono a nulla. Alla fine morirà; la figlia si indebiterà anche per le spese funerarie e trascorrerà l’ultimo suo pezzo di vita davanti allo sguardo di Chigurgh.

Una volta dentro i giardini e davanti allo schermo (è già partito intanto l’altro film sul secondo schermo dalla parte opposta del giardino , e arrivano così zaffate di dialoghi assieme allo sferragliare dei tram intorno alla piazza) ci si imbatte negli Informati. Questi sono letali. Tanto per cominciare si accendono la sigaretta, perché la notte è stellata, loro sono spiriti liberi e hanno sempre mal sopportato il fatto che non si possa più fumare dentro a un cinema. La fumano al posto accanto al tuo, e il fumo, grazie alla brezza di Sud-Ovest ti arriva direttamente sotto il naso. Nel frattempo, prima che inizi il film, si raccontano cosa hanno fatto di recente. Nessun “Trovaroma” gli può stare appresso, e dopo un po’ tu finisci per capire che hai perso molte cose della vita. Il culmine lo raggiungono quando uno dei due riferisce di aver visto una serie di performance visive (non “corti”, eh!) realizzate da un signore che risulta essere “l’uomo di Björk”. L’uomo, non il fidanzato o il convivente. Quelli lo siamo noi che assistiamo alle performance visive.

L’idraulico è già stato fatto fuori. Non da Chigurgh, ma da un incidente d’auto. E anche Chigurgh potrebbe fare questa fine, ma non la fa. Esce dall’auto distrutta –l’altro autista, ça va sans dire,è morto- Si fa dare una camicia da un ragazzino, ci confeziona un rudimentale appoggio per il braccio rotto, e va via per la sua strada.

A film già iniziato, si siede sempre la signora anziana con i cani. In scialletto e gonnellona, ama presenziare all’atto cinematografico, probabilmente si ricorda quando le rassegne erano solo arene con tanti ragazzini e ci si portava appresso la pentolina con la cena. Credo sia l’ultimo esemplare di pubblico puro rimasto in circolazione.
A proiezione avvenuta, a differenza di Chigurgh che ha il caschetto sempre in ordine, io mi ritrovo la chioma completamente ricciuta. L’umidità mi ha assassinato la testa. Questo non è un paese per capelli a posto.


Il sogno finale dello sceriffo


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